Una caratteristica distintiva della Chiesa vera e vivente del Signore

Una serata con l’anziano Patrick Kearon

Riunione mondiale per i Giovani Adulti • 6 maggio 2018 • Brigham Young University-Idaho


 

Sono molto grato per Jen che, senza eccezioni, mette in pratica ciò che insegna. Sa chi è e prova gioia nel saperlo, e lo condivide con gli altri con audacia ovunque si trovi. Sono grato di averla incontrata due anni dopo essermi unito alla Chiesa. Da allora è stata un esempio per me e continua a esserlo.

È meraviglioso pensare a voi che vi riunite in tutto il mondo. Prego, nello spirito della bellissima preghiera di apertura di Landon, che vi venga dato ciò di cui avete bisogno, che se avete bisogno di ispirazione, la riceviate; che se avete bisogno di qualcosa di eccezionale, vi venga data. C’è un potere incredibile quando ci riuniamo in questo modo, quando ci prepariamo per occasioni come queste. C’è potere nel riunirsi. Se avete bisogno di guarigione, prego che l’abbiate. Se avete bisogno di conforto, prego che lo riceviate. Se avete bisogno di pace, prego che la troviate. Se avete bisogno di aiuto con gli esami — immagino che per la maggior parte dei vostri semestri sia ancora un po’ presto — tuttavia, quando arriverà il momento, prego che lo abbiate.

Prego che, quando vi sentite spinti, quando ricevete un messaggio diretto proprio a voi, abbiate la forza e la convinzione di agire in base a esso e non vi limitiate soltanto a tornare alle vostre abitudini di ora, quali che siano. Se avete bisogno di un momento di cambiamento, di un momento di forza e di fede rinnovate, prego che questo possa esservi donato.

Quando avevo 15 o 16 anni ero profondamente assorbito da me stesso e provavo molti di quei sentimenti d’inquietudine, di incertezza e di vulnerabilità che fanno parte dell’adolescenza. Alcuni di questi sentimenti sono rimasti, ma negli anni dell’adolescenza erano più intensi. Mi sentivo smarrito, a disagio e impacciato. Non giovava il fatto di essere in un collegio situato su un tratto di costa desolata dell’Inghilterra. I miei genitori abitavano lontano, in Arabia Saudita. Per quel che riguarda la scuola, Hogwarts con il professor Piton sarebbe stato un luogo più accogliente.

Il maltempo era normale lungo quella costa ma, un inverno, una tempesta particolarmente forte si abbatté sul Mare d’Irlanda con venti che raggiungevano forza 12. Il mare si schiantava contro le protezioni, in alcuni casi infrangendole. Poi, nella zona, circa cinquemila abitazioni si allagarono e la popolazione rimase isolata, senza elettricità né riscaldamento, con le scorte alimentari che stavano finendo.

Quando l’alluvione cominciò a diminuire, la scuola ci inviò sul luogo. Non avevo mai visto prima una calamità naturale di tali proporzioni e rimasi sconvolto nel viverla così da vicino. C’erano acqua e fango dappertutto. I volti delle persone vittime dell’alluvione erano cinerei e spettrali. Non dormivano da giorni. Io e i miei compagni ci mettemmo al lavoro, spostando ai piani superiori gli effetti personali inzuppati, in modo che si potessero asciugare, e togliendo la moquette rovinata dall’alluvione. Ricordo che le moquette zuppa d’acqua era incredibilmente pesante e il fetore nelle case era terribile.

Poi, fui colpito dal cameratismo che si creò tra noi che aiutavamo e coloro che ricevevano aiuto. C’era un meraviglioso sentimento di bontà tra le persone unite in una buona causa in circostanze difficili. Più tardi, riflettendo, mi sono accorto che tutti quei sentimenti di insicurezza che consumavano tanti miei normali pensieri di adolescente mi avevano lasciato mentre ero coinvolto in questa grande opera di assistenza al nostro prossimo.

Quanto vorrei che quella consapevolezza fosse durata! La scoperta che aiutare gli altri era l’antidoto al mio stato cupo ed egocentrico avrebbe dovuto trasformarmi. Ma non fu così, perché non assimilai quella scoperta e non fui in grado di riflettere con maggior attenzione su ciò che era avvenuto. La comprensione arrivò più tardi. Voi, probabilmente, avete già scoperto questa verità nella vostra vita. Potrebbe esservi utile pensare a quando e a come questo vi sia successo.

L’invito a ministrare fatto alla Conferenza generale

Io stesso meditavo su questo durante la Conferenza generale. Mi ritengo molto fortunato di avere l’opportunità di parlarvi dopo che un così breve periodo è trascorso dalla storica conferenza di poche settimane fa. Le impressioni, la pace e l’energia che ho ricevuto mi accompagnano ancora.

Al centro dei messaggi della Conferenza c’era la ripetuta esortazione a ministrare come fa il Salvatore, a farlo per amore, coscienti che noi e tutti coloro che ci stanno attorno siamo figli del nostro Padre Celeste. Serviremo non perché il nostro servizio sarà contato e misurato, ma perché amiamo il nostro Padre nel cielo e siamo motivati da un desiderio più elevato e nobile: quello di aiutare i nostri amici a trovare e a rimanere sul sentiero che porta a casa da Lui. Noi amiamo e serviamo il nostro prossimo come farebbe Gesù se fosse al nostro posto, cercando sinceramente di migliorare la vita delle persone e di alleggerire i loro fardelli. È da questo che scaturisce la gioia e la soddisfazione duratura, sia per colui che dona sia per colui che riceve, quando condividiamo i frutti del conoscere e sentire il nostro infinito valore e l’eterno amore che Dio ha per ciascuno di noi.

Il presidente Nelson ha riassunto questo messaggio in questo modo: “Una caratteristica distintiva della Chiesa vera e vivente del Signore sarà sempre l’impegno organizzato e guidato che si prefigge di ministrare ai singoli figli di Dio e alle loro famiglie. Dato che questa è la Sua Chiesa, noi, come Suoi servitori, ministreremo al singolo individuo, come faceva Lui. Ministreremo nel Suo nome, con il Suo potere e la Sua autorità e con la Sua gentilezza amorevole”1.

Riflettendo su ciò che ci è stato insegnato, so che se diamo ascolto a questa chiamata a ministrare, abbiamo la possibilità di elevarci; di crescere nella fede, nella fiducia e nella felicità; e di superare il nostro egocentrismo e il senso di vuoto e di oscurità che ne consegue. Vorrei tanto che fossi riuscito a rendermene conto molto prima. Sono tuttavia grato di averlo imparato sempre meglio nel corso degli anni e che ci vengano dati costanti solleciti di questa grande verità.

I benefici e le benedizioni di questo modo di ministrare

La bellezza di questo tipo di servizio, ministero o discepolato è che aiuta gli altri in modi troppo numerosi da elencare, e anche che trasforma noi allontanando le nostre preoccupazioni, le nostre paure, le nostre ansie e i nostri dubbi. All’inizio, il servizio ci distrae semplicemente dai nostri problemi, ma ben presto si trasforma in qualcosa di molto più grande e di molto più bello. Quasi senza rendercene conto, iniziamo ad avere luce e pace. Veniamo calmati, riscaldati e confortati. E riconosciamo una gioia che non potremmo ricevere in nessun altro modo. Questi doni ci ripagano in modo del tutto sproporzionato rispetto a ciò che abbiamo effettivamente fatto, in termini di aiutare il prossimo.

Il presidente Spencer W. Kimball lo ha in parte spiegato così: “La vita ad esuberanza di cui si parla nelle Scritture è la somma spirituale cui si arriva moltiplicando i nostri servizi per gli altri e investendo i nostri talenti nel servizio verso Dio e verso l’uomo”2. “Più serviamo i nostri simili […] più nutrimento riceve la nostra anima. Invero, è più facile trovare noi stessi poiché c’è più da trovare in noi”.3

Esempi della trasformazione che avviene in noi quando ministriamo e la differenza che c’è quando non lo facciamo

Questa è la trasformazione che scoprono i nuovi missionari quando smettono di preoccuparsi di se stessi e invece si chiedono: “Chi posso aiutare e come?”. Quello che succede è che smettono di pensare a se stessi e si volgono al loro obiettivo di portare le anime a Cristo. Spesso i missionari giungono a questa scoperta con fatica. Possono sentirsi così oppressi dal fatto di essere in un nuovo paese, con persone, cibo e usanze diversi, sovente con una lingua difficile, che risulta molto difficile per loro volgersi verso gli altri e servirli. Ma, quando lo fanno, per loro cambia tutto. Smettono di preoccuparsi, si mettono all’opera e procedono nel lavoro altruistico posto davanti a loro, scoprendo così una nuova dimensione nella missione e nella vita, che porta pace e appagamento.

Purtroppo, troppo spesso l’inverso di questa scoperta ha un impatto sui missionari, quando questi tornano a casa e iniziano a occuparsi delle necessità della loro prossima fase di vita, che si tratti di istruzione, di lavoro o di questioni personali e familiari. Eppure, hanno vissuto dai 18 mesi ai 2 anni imparando che siamo più felici quando non ci preoccupiamo di noi stessi o, come ha detto il presidente Hinckley, quando dimentichiamo noi stessi e ci mettiamo al lavoro. Sovente, quando tornano dalla missione alla vita che si erano lasciati dietro, tornano anche alle molte abitudini egoistiche che facevano parte di quella vita. In particolar modo, ricominciano a essere consumati dall’egocentrismo: come stanno andando, come appaiono, cosa dicono e cosa pensano gli altri di loro.

Come l’altruismo e l’aiutare il prossimo portano luce, pace e gioia, così l’egocentrismo porta dubbio, ansia e tristezza.

Un paio di mesi fa mi è capitato di essere disteso sul letto sveglio per molte ore; cercavo di addormentarmi, ma non ci riuscivo. Alla fine, mi sono alzato e mi sono messo a camminare per casa, poi sono tornato a letto, cercando di nuovo di addormentarmi. Continuando a non riuscire a prender sonno, mi venne un pensiero che cambiò tutto: “Smetti di pensare a te stesso”. Poi mi è sorta una domanda: “Chi posso aiutare?” Disteso, pregavo con forza: “Adesso, chi posso aiutare e come?”. Mi giunse l’impressione di dover contattare e incoraggiare un amico. Niente di eccezionale, ma la mattina dopo mi sono messo all’opera e spero di aver fatto del bene. Quello che so è che, una volta che mi sono messo a pregare in quel modo, chiedendo di sapere chi potevo aiutare, ho trovato la pace che cercavo e che mi evitava, e alla fine sono riuscito ad addormentarmi.

Esempi del modo di ministrare del Salvatore

Il Salvatore andava “attorno facendo del bene”4, cercando sempre qualcuno da aiutare e “guarendo tutti coloro che erano” oppressi.5 Egli benediceva, insegnava e guidava costantemente gli altri per cambiare il loro punto di vista e, quindi, la loro vita. Si apprende molto dal fatto che quando li chiamò affinché Lo seguissero, il cambiamento di direzione e di prospettiva di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni fu immediato: “Ed essi, lasciate prontamente le reti, lo seguirono”6.

In seguito, dopo la crocifissione, quando il Salvatore fu portato via da loro nel modo più crudele, essi tornarono a fare i pescatori, a quello che loro pensavano di saper fare. Ma in un’occasione, il Salvatore risorto venne a loro mentre pescavano invano. “Ed egli disse loro: Gettate la rete dal lato destro della barca, e ne troverete. Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero dei pesci”.7 Questa fu una dimostrazione che Egli non aveva perso per nulla il Suo potere, ma fu anche un’immagine molto chiara che essi stavano guardando dal lato sbagliato e che si concentravano sulla cosa sbagliata. Mentre mangiavano insieme sulla spiaggia, il Salvatore chiese tre volte a Pietro se Lo amava. Ogni volta, e con sempre maggior ansia, Pietro rispose di sì. Dopo ogni risposta di Pietro, Gesù gli chiedeva di pascere le Sue pecore.

Perché il Salvatore gli chiese tre volte se Lo amava? Pietro era già stato chiamato prima a seguire Gesù e lo aveva fatto immediatamente, lasciandosi dietro le sue reti. Ma quando Gesù fu portato via da loro, Pietro si disperò; si sentiva perso. Tornò all’unica cosa che pensava di saper fare: pescare. Ora, Gesù voleva che Pietro Lo ascoltasse veramente e che questa volta comprendesse la serietà del Suo invito; voleva che Pietro comprendesse che cosa significava essere un discepolo e un seguace del Cristo risorto, ora che Lui non sarebbe stato fisicamente al loro fianco. Che cosa voleva il Signore da Pietro? Voleva che Pietro pascesse le Sue pecore, i Suoi agnelli. Questa era l’opera da compiere. Pietro si rese conto della chiamata, gentile ma ferma, del suo Maestro; e il capo degli Apostoli rispose, coraggiosamente e senza paura, dedicando il resto della sua vita al ministero al quale era stato chiamato.

In che modo questo si applica a voi

Grazie alla Restaurazione, oggi abbiamo un altro capo degli apostoli sulla terra. Il presidente Nelson sta invitando voi e me a pascere le pecore di Gesù. Lo abbiamo sentito alla Conferenza generale nei termini più chiari e amorevoli possibili. Ci ha commosso e ispirato, ma ci ha cambiato? Con tutte le distrazioni che ci circondano e con così tante cose di minor importanza che richiedono la nostra attenzione, la sfida è quella di rispondere a questo invito e di agire: di fare realmente qualcosa, di cambiare veramente e di vivere in maniera diversa.

In risposta alla chiamata al ministero, la vostra domanda potrebbe essere: “Da dove comincio?”. Iniziate con la preghiera. Il presidente Nelson ci ha esortato ad “andare oltre la [nostra] attuale capacità spirituale di ricevere la rivelazione personale, perché il Signore ha promesso: ‘Se [cercherai], riceverai rivelazione su rivelazione, conoscenza su conoscenza, affinché tu possa conoscere i misteri e le cose che danno pace: ciò che porta gioia, ciò che porta vita eterna’ [DeA 42:61]”8.

Chiedete al Padre Celeste che cosa potete fare e per chi. Ogni piccolo atto di gentilezza ci spinge a essere altruisti e ci porta delle benedizioni. Reagite a tutte le impressioni che ricevete, per quanto insignificanti possano sembrare. Agite di conseguenza. Potrebbe essere un SMS gentile inviato a qualcuno che non se lo aspetta, oppure un messaggio di qualsiasi altro genere. Potrebbe essere un fiore, dei biscotti o una parola gentile. Potrebbe essere qualcosa di più, come ripulire il giardino, fare il bucato per qualcuno che non si può più muovere come una volta, lavargli l’auto, tagliare l’erba, spalare la neve o semplicemente ascoltare un amico che racconta i suoi problemi.

La sorella Bingham ha detto: “A volte pensiamo di dover fare qualcosa di grande ed eroico perché ‘conti’ come atto di servizio. Eppure, i piccoli atti di servizio possono avere un effetto profondo sugli altri, oltre che su noi stessi”9.

Potreste essere riluttanti nel fare il primo passo, convinti di non averne il tempo o che non servirà a niente, ma rimarrete stupiti nel vedere cosa possono fare anche poche piccole cose.

Se siete preoccupati per un amico che si sta allontanando dalla Chiesa o che sta perdendo la fede o la speranza, una volta luminose, invitatelo a unirsi a voi in un atto di servizio o nel ministrare. Non c’è modo migliore, per addolcire il cuore alle cose di Dio e per riscoprire il Suo amore per noi, che partecipare a un atto di servizio concreto per qualcuno che ne ha bisogno.

Perché dobbiamo servire e ministrare

Dobbiamo ricordarci sempre perché serviamo e ministriamo. Noi siamo figli del nostro Padre Celeste, qui sulla terra per imparare e per crescere tramite una miriade di esperienze, in modo da essere più completi quando torniamo a Lui. Imparare ad essere altruisti e non egocentrici, e servirci l’un l’altro sono veramente una parte dello scopo per cui siamo qui. In realtà, ne sono il fulcro. Il miracolo di pensare ai bisognosi e di ministrare loro è che, nel farlo, impariamo che possiamo dimenticare noi stessi e i nostri problemi.

Il presidente Nelson sta delineando per noi un modello di servizio più elevato e più santo. Se risponderemo positivamente, scopriremo quanto questo può essere gratificante, liberatorio e tranquillizante, e come potremo essere degli strumenti nel cambiare e confortare gli altri.

Una volta ricevuta l’investitura nel tempio e svolto una missione, c’è la tentazione di dirsi: “La mia parte l’ho fatta. Per 18 mesi o 2 anni sono stato una macchina dedicata al servizio a tempo pieno; ora è il turno di qualcun altro”. Possiamo dire lo stesso una volta che ci siamo sposati. Potremmo dirci: “Ce l’ho fatta! Ora posso riposarmi”. Ma questo tipo di ministero non si ferma. È uno stile di vita. Possiamo fare una pausa dalle nostre normali attività e vacanze per riposare e riprenderci, per “allentare un po’ la corda” come ha suggerito Joseph Smith.10 Tuttavia, la responsabilità che ci siamo assunti di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati e di pascere le Sue pecore non si prende mai una pausa.

Io sono stato il beneficiario di questo tipo di ministero e ho anche scoperto la pace e la gioia che si ha nell’essere uno strumento nelle mani di Dio a favore di qualcun altro.

Jen ha menzionato la battaglia che abbiamo affrontato per la vita di nostro figlio neonato. Quando lo abbiamo perduto, ci chiedevamo se saremmo mai riusciti a riprenderci. In quel periodo abbiamo ricevuto una valanga straordinaria di amore, di gentilezza e di aiuto da parte di famigliari e amici, così come da persone che conoscevamo appena. Una coppia di cari amici ci ha aiutato costantemente durante tutto quel periodo. Sono rimasti al nostro fianco, pregando con noi e per noi, fornendoci benedizioni, cibo, parole di conforto e il silenzio di cui avevamo bisogno. In qualche modo apparivano sempre quando ci veniva comunicata una brutta notizia o quando eravamo abbattuti dalla stanchezza e, poi, dal dolore. Negli anni, hanno dimostrato che questo era il loro stile di vita. Ministrano silenziosamente e incessantemente.

Il ministero della Chiesa universale

Negli ultimi anni, mentre servivo nell’Area Europa della Chiesa e vivevamo in Germania, sono stato testimone di questo principio messo in pratica con effetti stupefacenti quando i membri della Chiesa e i nostri amici di altre fedi si sono mobilitati per aiutare migliaia di rifugiati che avevano perso tutto per fuggire dalle lotte e dagli orrori di una guerra che ancora devasta il Medio Oriente. Arrivavano, a volte camminando per migliaia di chilometri, portando solo piccole borse che contenevano tutti i loro beni. Vedendo il bisogno, vedendo i loro fratelli e le loro sorelle, vedendo i Suoi agnelli, i nostri membri si sono adoperati per aiutare, vestire, sfamare, offrire riparo e confortare questi rifugiati che avevano perso tutto. Nel farlo, chi aiutava veniva trasformato. Riceveva benedizioni di luce, energia e gioia che non aveva mai provato prima, o che si erano spente nel concentrarsi su se stesso e sulla routine della vita. I nostri membri portano ancora avanti quest’opera di soccorso in tutto il mondo.

I rifugiati hanno necessità immediate e molto evidenti, ma ci sono altri, ovunque intorno a noi, con difficoltà meno apparenti, che hanno bisogno del nostro aiuto; e anche noi abbiamo bisogno di aiutarli. Il nostro ministero e il nostro servizio non devono per forza beneficiare l’altra parte del mondo. Per molti aspetti è meglio che sia vicino a noi.

Sono fiero di far parte di una Chiesa che lo mette in pratica. Solo l’anno scorso oltre sette milioni di ore di volontariato sono state donate per coltivare, raccogliere e distribuire cibo ai poveri e ai bisognosi. Sempre l’anno scorso la Chiesa ha fornito acqua potabile a mezzo milione di persone che altrimenti non l’avrebbero. Sono state donate quarantanovemila sedie a rotelle in quarantuno paesi. In quaranta paesi, i volontari hanno ridato la vista, e hanno istruito 97.000 operatori sanitari per aiutare chi ha problemi di vista. Trentatremila operatori sanitari sono stati addestrati nell’assistenza materna e neonatale in trentotto paesi. Per non menzionare il programma Mani che aiutano tramite il quale, negli ultimi anni, centinaia di migliaia dei nostri membri hanno donato migliaia di ore. Si adoperano per aiutare chi è stato vittima di disastri piccoli e grandi, e anche per migliorare i propri quartieri e le proprie comunità.

JustServe, una nuova iniziativa della Chiesa alla quale fare riferimento per opportunità di servizio se ce l’avete a portata di mano, ha giù più di trecentocinquatamila volontari registrati, i quali hanno già donato milioni di ore aiutando localmente nelle loro comunità.

Questa è la chiesa in azione. Questo è quello che facciamo. Questo è quello che fate. Fate in modo che questa sia un tratto caratterizzante di chi siete. Questo è il modo in cui troviamo gioia e pace, perché questo è il modo migliore e più tangibile per seguire l’esempio del Salvatore.

Il presidente M. Russell Ballard ha detto: “Le cose grandi avvengono tramite le cose piccole e semplici. Come i piccoli granelli d’oro che diventano col tempo un grande tesoro, i nostri piccoli e semplici atti di gentilezza e servizio si trasformeranno in una vita piena di amore per il Padre Celeste, devozione al lavoro del Signore Gesù Cristo e senso di pace e gioia ogniqualvolta ci soccorriamo amorevolmente a vicenda”11.

Tre tipi di servizio

Vorrei soffermarmi su tre grandi tipi di servizio che ognuno di noi ha la possibilità di offrire.

Il primo tipo di servizio è quello che ci viene affidato o che siamo invitati a svolgere come incarico nella Chiesa. Questo è stato trattato molto bene e in modo da ispirarci alla Conferenza generale. Svolgiamo questo tipo di ministero prezioso, non misurato, che ci richiede di pensare a coloro che sono stati affidati alle nostre cure, di pregare per loro e di aiutarli.

Il secondo tipo di servizio è quello che scegliamo di svolgere di nostra volontà. Questo è un’estensione del primo, che si manifesta in tutte le nostre azioni e le nostre interazioni quotidiane mentre cerchiamo più consapevolmente di dimenticare noi stessi e volgerci al nostro prossimo. Non esiste un incarico formale, ma siamo motivati dal desiderio di seguire Cristo, a cominciare dall’essere più gentili e premurosi con coloro che ci circondano. Gli atti di gentilezza e di silenziosa generosità cambiano i cuori e favoriscono rapporti più calorosi e significativi.

Il terzo è il servizio civico. Anche alla vostra età si può servire nei consigli scolastici, negli enti di beneficenza e nei consigli di amministrazione locali, regionali e nazionali. Incoraggio tutti, uomini e donne, a impegnarsi in questo senso. Dove possibile, siate coinvolti nella politica con un occhio al servizio e all’edificazione delle persone e della comunità. Evitate il tribalismo politico che è diventato così polarizzato, aspro e distruttivo nelle comunità, nelle nazioni e nei continenti. Unitevi ad altri politici che, nella propria giurisdizione e oltre, fanno causa comune per portare sollievo a chi è in difficoltà. Potete essere una voce equilibrata e ragionevole in difesa dell’equità in tutti gli aspetti della società. C’è un crescente bisogno del vostro contributo di energia in questo tipo di degno impegno civico.

Quando leggiamo le notizie, possiamo avere l’impressione che il mondo stia andando alla deriva. Se ognuno di noi agisce quotidianamente nelle cose piccole come in quelle grandi, possiamo cambiare il nostro mondo e quello di coloro che ci circondano. Servendo il vostro prossimo e con il vostro prossimo nella comunità, diventerete amici con persone che condividono il vostro desiderio di essere d’aiuto. Stringerete amicizie forti che formeranno un ponte tra le culture e le convinzioni.

Antoine de Saint-Exupéry ha detto: “La vita ci ha insegnato che l’amore non è guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. Non esiste cameratismo se non nell’unione per uno stesso grande impegno. Deve essere così anche nella nostra epoca di benessere materiale, altrimenti come potremmo spiegare la felicità che proviamo nel condividere la nostra ultima crosta con gli altri nel deserto?”12.

Conclusione

Se ognuno di voi risponderà positivamente all’invito a ministrare come fa Gesù, sarete trasformati e diventerete sempre più altruisti e meno egoisti. Scoprirete la gioia che deriva dal ministrare alla maniera del Salvatore, lasciandovi indietro l’ansia, le incertezze e la tristezza dovute ai vostri sentimenti di inadeguatezza.

Forse, mentre mi ascoltavate, vi è venuto in mente un nome o una causa. Probabilmente questo è un invito da parte dello Spirito e magari lo avete già ricevuto prima. Tendete una mano verso il prossimo, guardatevi attorno ed elevate gli altri. Scegliete di rispondere a questo invito e di pregare oggi per sapere cosa potete fare. Quando vedrete e proverete le benedizioni che questo porta a voi e a coloro a cui ministrate, vorrete farne un’abitudine quotidiana.

Il nostro più alto e più grande impegno è quello di condividere la luce, la speranza, la gioia e lo scopo del vangelo di Gesù Cristo con tutti i figli di Dio, e di aiutarli a trovare la via verso casa. Aiutarli, servirli e ministrare loro sono manifestazioni del Vangelo in azione. Se lo faremo diventare un modo di vita, scopriremo quanto è soddisfacente: è il modo in cui possiamo trovare la pace e la gioia che finora potrebbero esserci sfuggite.

Lasciate che ripeta la sfida che il presidente Nelson ha lanciato a ognuno di noi: “Una caratteristica distintiva della Chiesa vera e vivente del Signore sarà sempre l’impegno organizzato e guidato che si prefigge di ministrare ai singoli figli di Dio e alle loro famiglie. Dato che questa è la Sua Chiesa, noi, come Suoi servitori, ministreremo al singolo individuo, come faceva Lui. Ministreremo nel Suo nome, con il Suo potere e la Sua autorità e con la Sua gentilezza amorevole”13.

Questo è il modo in cui ha vissuto il Salvatore e questo è il motivo per cui ha vissuto: offrire il balsamo perfetto e la guarigione definitiva grazie al Suo immenso e infinito dono espiatore per noi. Possiamo noi seguire il Cristo vivente con sempre maggior desiderio ed efficacia, mentre cerchiamo di diventare Suoi veri discepoli ministrando come farebbe Lui.

Nel nome di Gesù Cristo. Amen.

© 2018 Intellectual Reserve, Inc. Tutti i diritti riservati. Testo inglese approvato: 2/18. Approvato per la traduzione: 2/18. Traduzione di “A Hallmark of the Lord’s True and Living Church”. Italian PD60005945 160

Mostra riferimenti

    Note

  1.  

    1. Russell M. Nelson, “Ministrare con il potere e l’autorità di Dio”, Liahona, maggio 2018, 69.

  2.  

    2. Spencer W. Kimball, “La vita ad esuberanza”, La Stella, giugno 1979, 3.

  3.  

    3. Spencer W. Kimball, “La vita ad esuberanza”, La Stella, giugno 1979, 3.

  4.  

    4. Atti 10:38.

  5.  

    5. Atti 10:38.

  6.  

    6. Matteo 4:20; corsivo aggiunto.

  7.  

    7. Giovanni 21:6.

  8.  

    8. Russell M. Nelson, “Rivelazione per la Chiesa, rivelazione per la nostra vita”, Liahona, maggio 2018, 96.

  9.  

    9. Jean B. Bingham, “Ministrare come fa il Salvatore”, Liahona, maggio 2018, 104.

  10.  

    10. Vedere William M. Allred, “Recollections of the Prophet Joseph Smith”, Juvenile Instructor, 1 agosto 1892, 472.

  11.  

    11. M. Russell Ballard, “Trovare la gioia attraverso il servizio amorevole”, Liahona, maggio 2011, 49.

  12.  

    12. Antoine de Saint-Exupéry, Airman’s Odyssey (1939), 195.

  13.  

    13. Russell M. Nelson, “Ministrare con il potere e l’autorità di Dio”, Liahona, maggio 2018, 69.