1990–1999
«Decidete in cuor vostro»
Ottobre 1992


«Decidete in cuor vostro»

«La consacrazione è l‘unica resa che è al tempo stesso una vittoria. Ci porta la liberazione … dall‘oscura prigione dell‘orgoglio».

Questo è il momento giusto per ringraziare l‘anziano Hanks dell‘influenza che ha avuto sulla mia vita in numerose occasioni e da tanti anni.

Diciotto anni fa da questo pulpito implorai coloro che stavano indecisi all‘ingresso della Chiesa di entrarvi decisamente (Ensign, novembre 1974, pagg. 12-13). Oggi il mio appello è rivolto a quei membri della Chiesa che già sono entrati ma che sono discepoli distratti, persone che noi amiamo e i cui doni e talenti sono tanto necessari all‘edificazione del Regno!

Ogni invito ad una maggiore consacrazione è in realtà un invito rivolto a tutti noi. Ma queste osservazioni non sono dirette principalmente a coloro che si sforzano fermamente e sinceramente di osservare i comandamenti di Dio, anche se qualche volta non vi riescono (DeA 46:9). Né sono rivolte principalmente a quei pochi che deliberatamente non vi si adeguano, inclusi alcuni che si liberano dei freni inibitori per andare alla ricerca di nuove sensazioni, solo per essere sballottati dalle vecchie eresie e dai vecchi peccati.

Le mie osservazioni sono invece dirette a quei membri della Chiesa essenzialmente «onorevoli» che raschiano la superficie invece di penetrare a fondo nel loro ruolo di discepoli, e che sono casualmente impegnati invece che «ansiosamente impegnati» (DeA 76:75; 58:27). Anche se partecipano nominalmente, le loro riserve ed esitazioni emergono inevitabilmente. Possono anche entrare nel tempio, ma il tempio non entra in loro.

Questi membri della Chiesa accettano le chiamate, ma non tutte le responsabilità che le accompagnano. Gli incarichi a loro affidati nella Chiesa devono spesso essere svolti da coloro che sono già «ansiosamente impegnati». Alcuni si considerano semplicemente «in attesa di impiego» tra un incarico e l‘altro nella Chiesa. Ma davanti a questa penetrante domanda di Gesù non siamo mai in attesa di impiego: «Che sorta di uomini (e di donne) dovreste essere? In verità, Io vi dico: così come sono Io» (3 Nefi 27:27. Vedi Matteo 5:48; 3 Nefi 12:48). Non è mai sicuro prendersi un riposo da questa chiamata! Infatti, per essere «coraggiosi» nella testimonianza di Gesù, dobbiamo sforzarci di diventare simili a Lui nella mente, nel cuore e negli attributi (DeA 76:79). Diventare questa sorta di uomini e di donne è la suprema espressione di ortodossia.

Naturalmente tutti siamo liberi di scegliere; e non vorremmo che fosse diversamente. Purtroppo quando qualcuno sceglie l‘indolenza, la sceglie non soltanto per sé, ma anche per la generazione successiva e per quella successiva ancora. Le piccole critiche dei genitori possono portare a gravi deviazioni nei figli. Le generazioni passate possono aver mostrato grande dedizione, mentre alcuni componenti della generazione presente mostrano grandi critiche. Purtroppo nella prossima generazione alcuni potranno scegliere il dissenso, a mano a mano che l‘erosione fa sentire i suoi effetti.

Anche se i membri distratti non sono ingiusti, tuttavia evitano di apparire troppo giusti cercando di sembrare meno impegnati di quanto lo sono in realtà – una forma ironica di ipocrisia.

Alcuni di questi, per altri aspetti, onorevoli membri considerano erroneamente la Chiesa come un‘istituzione, non come un regno. Conoscono le dottrine del Regno ma, per così dire, le recitano più che comprenderle veramente.

I membri distratti di solito sono molto presi dalle cure e dalle cose del mondo – in maniera molto simile a quella di Amulek prima della sua conversione. Chiamato molte volte, egli non volle rispondere. Amulek conosceva realmente le verità del Vangelo, ma non voleva ammettere di conoscerle (Alma 10:4-6).

Una caratteristica comune delle persone onorevoli ma indolenti è il disdegno dei semplici e poco eccitanti doveri del discepolo, come ad esempio la preghiera quotidiana, la costante lettura delle Scritture, la partecipazione alla riunione sacramentale, il pagamento della decima per intero e le visite ai sacri templi. Tale disdegno è particolarmente pericoloso nel mondo di oggi, caratterizzato da un imperante relativismo e da un‘infuriante sensualità, un mondo in cui se molti mai pronunciano il nome di Dio, lo fanno come intercalare o come una specie di punto esclamativo, non come forma di adorazione!

Al contrario, coloro che si sforzano sinceramente di raggiungere una maggiore consacrazione non scaricano sugli altri i loro impegni, né gettano alle ortiche il sacro abito. Evitano l‘oscenità, osservano la legge di castità, pagano la decima, amano e servono il loro coniuge e i loro figli. Come buoni vicini, essi portano i fardelli gli uni degli altri, piangono con coloro che piangono, confortano coloro che hanno bisogno di conforto e coraggiosamente stanno come testimoni di Dio in ogni occasione, in ogni cosa e in ogni luogo (Mosia 18:8-9).

Quando si prende inizialmente la decisione di essere più spirituali, c‘è una vulnerabilità iniziale: è difficile rompere con il passato. Ma una volta che cominciamo, vediamo che gli amici che vorrebbero tenerci indietro spiritualmente non sono affatto nostri amici. I rimproveri che ci muovono sono dettati o dal risentimento o dall‘inconsapevole preoccupazione di sentirsi in qualche modo abbandonati da noi. Quando cerchiamo di spiegare loro come stanno le cose, la nostra lingua è in grado di dire solo «la minima parte» (Alma 26:16). Continuiamo ad amarli, ma amiamo di più Dio. Brigham Young ci ha dato questo consiglio: «Alcuni non comprendono i doveri che non coincidono con i loro naturali sentimenti e affetti … Vi sono dei doveri che sono al di sopra degli affetti» (Journal of Discourses 7:65).

Per lo stesso motivo, è giusto far notare che la decisione di cercare una maggiore consacrazione molto presto evidenzierà quello che ancora vi manca: processo doloroso ma necessario. Ricordate il giovane ricco al quale Gesù disse: «Una cosa ti manca»! (Marco 10:21). Anania e Saffira, che sotto ogni altro aspetto erano buoni membri della Chiesa, tennero per sé una parte del ricavato invece di consacrarlo interamente (Atti 5:1-11). Alcuni non venderebbero Gesù per trenta denari; ma non sono neppure disposti a darGli tutto quello che hanno.

Purtroppo abbiamo la tendenza a pensare alla consacrazione soltanto in termini di beni e di denaro, mentre vi sono molti modi in cui possiamo tenere per noi una parte. Una persona può dargli il suo denaro e il suo tempo, ma negargli una grossa parte di sé. Una persona può condividere pubblicamente i suoi talenti, eppure intrattenere privatamente un particolare orgoglio. Una persona può non volersi inginocchiare davanti al trono di Dio, ma si inchina dinanzi ai colleghi di grande fama. Una persona accetta una chiamata nella Chiesa, ma il suo cuore è più rivolto a mantenere un certo ruolo nel mondo.

Altri ancora trovano più facile piegare le ginocchia che la mente. Preferiscono l‘eccitante congettura alla faticosa attuazione; la congettura sembra più divertente della consacrazione, come cercare di addolcire le dure dottrine invece di sottomettersi ad esse. Peggio ancora, rifiutandosi di obbedire, questi pochi membri della Chiesa mancano della vera conoscenza (vedi Giovanni 7:17), e mancando di conoscenza non possono difendere la loro fede e diventano quindi critici invece di difensori.

Alcuni di questi membri finiscono in quello che si potrebbe chiamare l‘Hyde Park Corner della Chiesa (dove chiunque può parlare al pubblico, n.d.t.) in cui si autorafforzano e si autoincensano e, da provinciali, lo confondono con la Chiesa nel suo insieme, come se il vero Hyde Park Corner di Londra fosse il Parlamento, Whitehall, Buckingham Palace e tutta l‘Inghilterra messi insieme.

Soltanto una maggiore consacrazione curerà l‘ambivalenza e la casualità in tutti noi! Come abbiamo già fatto notare, gli impegni che ci ammaestrano e che scaturiscono da una maggiore consacrazione possono essere gravi, ma rispecchiano la divina misericordia necessaria a condurci a un‘ulteriore consacrazione (vedi Helaman 12:3). Se siamo diventati pigri, possono essere necessari tempi difficili. Le privazioni possono prepararci a una maggiore consacrazione, anche se il pensiero ci fa rabbrividire. Se ci accontentiamo troppo facilmente, Dio può somministrarci una dose di divina scontentezza. La Sua longanimità pertanto diventa molto necessaria per consentire al massimo l‘uso del nostro libero arbitrio e il nostro progresso. Ma Egli non è un padre indulgente.

Non siamo in grado di «sopportare ogni cosa», ma il Signore ci guiderà, se Gli facciamo posto nei nostri pensieri e nelle nostre attività e ci liberiamo dei nostri peccati per fare posto a tutto quello che Dio può darci (DeA 78:18; 50:4; Alma 32:27, 28; 22:18).

Ognuno di noi è un locandiere che decide se nel suo albergo c‘è posto per Gesù.

La consacrazione è l‘unica resa che è al tempo stesso una vittoria. Ci porta la liberazione dal rauco e affollato braccio del carcere dell‘egoismo e l‘emancipazione dall‘oscura prigione dell‘orgoglio. Invece di sforzarci verso una maggiore consacrazione, è facile continuare a dare una prestazione casuale con una tiepida aderenza, sperando forse di poter entrare in paradiso senza sforzi (vedi Henry Fairlie, The Seven Deadly Sins, Indiana: University of Notre Dame Press, 1979, pag. 125).

Ma la consacrazione e la dedizione sono una minaccia all‘individualità? (Vedi Mosia 15:7). No! Il Padre celeste ci chiede soltanto di rinunciare al nostro vecchio io per trovare quello nuovo e vero. Ciò non significa perdere la nostra identità, ma trovare la nostra vera identità!

Quando alla fine ci troviamo sulla via di casa, allora possiamo sopportare meglio la derisione di cui il mondo ci fa oggetto. Se arriviamo a conoscere a Chi apparteniamo, le altre associazioni alle quali apparteniamo perdono in gran parte il loro valore. Similmente, quando Gesù comincia ad avere veramente un posto nella nostra vita, ci preoccupiamo molto meno di perdere il nostro posto nel mondo. Quando la nostra mente riesce ad afferrare veramente il significato dell‘espiazione di Gesù, la presa che il mondo ha su di noi si allenta (vedi Alma 36:18).

Maggiore consacrazione non significa tanto dedicare più ore al lavoro della Chiesa, quanto diventare più consapevoli di Colui al quale quest‘opera appartiene veramente! Per noi la consacrazione può non richiedere tanto la rinuncia ai tesori terreni, quanto il lasciarsi meno possedere da loro.

Soltanto quando mettiamo a fuoco le cose con l‘occhio rivolto unicamente alla gloria di Dio, vedremo le «cose come sono realmente»! (Giacobbe 4:13). Quale vista ci aspetta! Soltanto nel grado in cui rispondiamo alle tentazioni della vita come faceva Gesù, il quale «non vi prestò attenzione», saremo finalmente «liberi»! (DeA 20:22; Giovanni 8:32).

La vera ortodossia ci porta dunque alla sicurezza e alla felicità! Non è soltanto correttezza, ma felicità. Non è strano che la parola ortodossia sia caduta in disgrazia presso alcune persone che, a mano a mano che la società diventa sempre più eccentrica, si precipitano a lanciare grida di avvertimento contro l‘ortodossia!

Ricordate il modo in cui gli antichi Israeliti, inseguiti dal furioso esercito di Faraone, si adeguarono alle istruzioni del Signore? Mosè stese la mano e il Mar Rosso si divise. Israele camminò obbediente tra due immensi muri d‘acqua, e certamente senza indugio! Quel giorno non furono necessarie le esortazioni all‘ortodossia!

Ci aspettano passaggi che richiederanno una simile obbedienza ai profeti che guidano gli uomini (e le donne) di Cristo sulla via stretta e angusta.

Il diventare più simili a Gesù nei pensieri e nel comportamento non ci stanca, non ci reprime; anzi, ci emancipa e ci fa scoprire nuove cose! La mancanza di ortodossia nel comportamento e nei pensieri è esattamente il contrario. Un po‘ di pornografia può condurre non soltanto alla violenza nei confronti della moglie e dei figli, ma corrode anche la stima che abbiamo di noi stessi. La tendenza al pettegolezzo può indurre non soltanto a portare falsa testimonianza, ma più spesso che no a sussurrare vili calunnie che purtroppo «la mente recepirà come assordanti grida» (C. S. Lewis, The Quotable Lewis, a cura di Owen Barfield e Jerry Root, Wheaton, Illinois, Tindale Publications, 1989, pag. 425). Una piccola critica mossa ai Fratelli, in apparenza abbastanza innocua, non soltanto può danneggiare altri membri della Chiesa, ma indurre una persona a porsi come sostituto della «luce del mondo» (2 Nefi 26:29). Sì, fortunatamente alcuni di questi figliuoli prodighi tornano a casa, ma di solito lo fanno da soli, non accompagnati da coloro che hanno portato a traviamento.

Gesù esortò i suoi discepoli a decidere in cuor loro di fare le cose che Egli avrebbe loro insegnato e comandato (vedi Luca 14:28; traduzione di Joseph Smith). Ma la consacrazione deve precedere questa decisione. Inculcare nel nostro cuore le cose di Dio è cosa stupenda. Il profeta Joseph Smith disse che la conoscenza «sopprime le tenebre, l‘ansia e il dubbio», e dichiarò che «non c‘è dolore così orribile come quello dell‘ansia» (Insegnamenti del profeta Joseph Smith, pag. 227). Quando abbiamo deciso in cuor nostro di obbedire, non reagiamo dinanzi ai piccoli cenni di dissenso come se fossero immani maree. Siamo discepoli, non canne agitate dal vento (Matteo 11:7). Molti più fedeli hanno bisogno dell‘immenso sollievo e pace che scaturiscono dalla decisione presa col cuore di obbedire, senza la quale essi sarebbero come «il mare agitato, quando non si può calmare» (Isaia 57:20).

C‘è un altro importante motivo per diventare consacrati: viviamo in un‘epoca in cui tutte le cose sono in commozione (vedi DeA 88:91; 45:26). Nei disordini, nelle incertezze e nella confusione del mondo di oggi coloro che vacillano ed equivocano saranno sballottati dalle tempeste.

Ed infine, se ci ritraiamo davanti a una più profonda consacrazione, non siamo degni di Colui che per noi rifiutò di ritrarsi dalla Sua tremenda agonia durante l‘Espiazione! (DeA 19:18). Invece Gesù si fece avanti dando tutto Se stesso e portando a termine i suoi «preparativi per i figli degli uomini» (DeA 19:19).

Cosa sarebbe accaduto se il ministero messianico di Gesù fosse consistito soltanto di straordinari sermoni sostenuti da guarigioni e miracoli – ma senza le terribili, ma consacrate, ore dell‘Espiazione nel Getsemani e sul Calvario! In che modo allora considereremmo il ministero di Gesù? Dove sarebbe l‘umanità?

Fratelli e sorelle, qualsiasi cosa abbracciassimo invece di Gesù e della Sua opera, ci impedirebbe di essere abbracciati da Lui all‘ingresso nel Suo regno (Mormon 6:17).

Io prego che possiamo decidere e prepararci per quel momento meraviglioso, nel nome di Gesù Cristo. Amen.