1990–1999
«Fin dal principio»

Ottobre 1993


«Fin dal principio»


«Molti quindi rifiutarono il Vangelo e le sue ‹chiare e preziose verità› (1 Nefi 13:40). Era troppo semplice. Preferivano ‹guardare al di là del segno› e cercare cose che non potevano capire» (vedi Giacobbe 4:14).

Anche se parlare delle principali apostasie della storia è da sempre uno dei compiti del vangelo restaurato, non sempre a tale compito si dedica la dovuta attenzione. Il mio obiettivo è dunque quello di istruire profondamente, non persuadere superficialmente, poiché sappiamo che certe nostre convinzioni non sono condivise dagli altri e viceversa. Ma la buona volontà può ancora prevalere. Infatti insieme con voi, fratelli e sorelle, gioiamo per le buone opere e per gli accenti di fede presenti in molte altre religioni. Per esempio le recenti dichiarazioni del Papa sulla castità sono sia opportune che coraggiose. Tante persone oneste nel mondo in cui viviamo fanno molto, pur essendo prive di quella che noi membri della Chiesa chiamiamo pienezza del Vangelo, mentre alcuni di noi purtroppo fanno poco, pur avendo molto.


Noi crediamo che Adamo ed Eva furono i primi esseri umani e i primi cristiani di questo pianeta.


«E così il Vangelo cominciò ad essere predicato fin dal principio, annunciato da santi angeli mandati dalla presenza di Dio, dalla Sua propria voce e dal dono dello Spirito Santo.


E così tutte le cose furono confermate ad Adamo da una sacra ordinanza … (Mosè 5:58-59; corsivo dell’autore).


Dunque, fratelli e sorelle, si stabilì subito un particolare schema di istruzione divina, proprio come avvenne per la restaurazione del Vangelo. «Egli [Dio] mandò dunque degli angeli a conversare con loro, il che fece sì che gli uomini potessero contemplare la Sua gloria.


Ed essi cominciarono a partire da quel momento ad invocare il Suo nome; Iddio conversò dunque con gli uomini e fece loro conoscere il piano di redenzione» (Alma 12:29-30; vedi anche Mosè 5:58-59).


Tuttavia la pienezza iniziale andò presto perduta. La risultante frammentazione, diffusione e distorsione contribuirono a creare una grande varietà di religioni mondiali, cristiane e non cristiane.


Il presidente Joseph F. Smith fece osservare che in mezzo a questa confusione certe leggi e riti «furono portati dai posteri di Adamo in tutti i paesi, e continuarono ad esistere presso di loro, più o meno puri, sino al diluvio; e per mezzo di Noè giunsero a coloro che gli succedettero, propagandosi in tutte le nazioni e in tutti i paesi … Non deve quindi stupirci se troviamo reliquie di Cristianesimo, se così si può dire, tra nazioni che non conoscono Cristo e la cui storia risale a prima del diluvio, indipendentemente e separatamente dalle pagine della Bibbia» (in Journal of Discourses, 15:325; vedi anche Alma 29:8).


La pienezza iniziale fu così seguita da periodiche «carestie» di «udire le parole dell’Eterno» (Amos 8:11). Le apostasie dell’antica Israele furono citate da Geova, fra le quali il cambiamento delle ordinanze, la violazione delle alleanze e la ribellione (Isaia 24:5; Ezechiele 2:3).


Una grave apostasia si verificò dopo la morte degli Apostoli, «i seminatori del grano» (DeA 862, 3; vedi anche Giuda 17; Mosia 26:1).


Le epistole del Nuovo Testamento indicano chiaramente che una vasta e seria apostasia – non un dissenso sporadico – cominciò molto presto. Giacomo parla di «guerre» nella Chiesa (Giacomo 4:1). Paolo lamenta le «divisioni» in seno alla Chiesa e i «lupi rapaci» che non avrebbero risparmiato il «gregge» (1 Corinzi 11:18; Atti 20:29-31). Egli sapeva che sarebbe presto venuta un’apostasia e scrisse ai Tessalonicesi che la seconda venuta di Gesù non si sarebbe compiuta se prima non fosse venuta l’«apostasia», ammonendo anche che l’empietà era già all’opera (2 Tessalonicesi 2:3, 7).


Verso la fine Paolo riconosce quanto fosse grave l’apostasia, poiché scrive: «Tutti quelli che sono in Asia mi hanno abbandonato» (2 Timoteo 1:15).


Paolo fu accusato ingiustamente di insegnare che si doveva fare il male perché venisse il bene (Romani 3:8). Questa calunnia forse rispecchia l’assurdo assunto dei Nicolaiti che, siccome Dio ci provvede il mezzo per essere salvati dai nostri peccati, dobbiamo peccare per consentirGli di compiere questo gran bene! Non stupiamoci dunque che il Signore nel Libro dell’Apocalisse denunci le perniciose dottrine e azioni dei Nicolaiti (vedi Apocalisse 2:6, 15).


La fornicazione e l’idolatria largamente diffuse destavano l’allarme degli Apostoli (1 Corinzi 5:9; Efesini 5:3; Giuda 1:7). Giovanni e Paolo deprecano entrambi il sorgere di falsi apostoli (2 Corinzi 11:13; Apocalisse 2:2). La Chiesa era chiaramente sotto assedio. Alcuni si allontanavano, poi si mettevano apertamente contro di essa. In un’occasione Paolo si trovò solo e lamentò il fatto che «nessuno» era rimasto al suo fianco (2 Timoteo 4:16). Egli denuncia anche coloro che sovvertivano «case intere» (Tito 1:10, 11).


Alcuni dirigenti locali si ribellavano, come ad esempio un dirigente il quale, desiderando eccellere, si rifiutava di ricevere i Fratelli (vedi 3 Giovanni 9-10).


Non dobbiamo stupirci se il presidente Brigham Young fece osservare quanto segue: «Si dice che il Sacerdozio fu tolto dalla Chiesa; ma non è così: fu la Chiesa che si allontanò dal Sacerdozio» (Journal of Discourses, 12:69).


Le preoccupazioni espresse da Pietro, Giovanni, Paolo e Giacomo riguardo a questo allontanamento non erano frutto di paranoia, ma ammonimenti profetici contro l’apostasia.


Era all’opera anche un’altra forza: l’ellenizzazione culturale del Cristianesimo. Nel suo libro The Story of Civilization Will Durant scrive: «La lingua greca, avendo dominato per secoli nella filosofia, diventò il veicolo della letteratura e del rituale cristiani» (Parte 3, Caesar and Christ, New York: Simon and Schuster, 1944, pag. 595). L’aberrante schema usato in passato per definire la divinità esisteva già, ed era facile scivolarvi (vedi Robert M. Grant, Gods and the One God, Philadelphia: Westminster Press, pagg. 75-81, 152-158).


Un altro studioso arriva a questa conclusione: «Era impossibile per i Greci, dotati di una cultura che penetrava nell’intimo della natura, ricevere o conservare il Cristiane­simo nella sua primitiva semplicità» (Edwin Hatch, The Influence of Greek Ideas on Christianity, Gloucester, Mass: Peter Smith, ristampa 1970, pag. 49).


L’esperienza vissuta da Paolo ad Atene rivela lo schema mentale della filosofia greca (vedi Atti, capitolo 17). Il suo pubblico intellettualmente curioso gli chiese: «Potremmo noi sapere qual sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci rechi agli orecchi delle cose strane» (Atti 17:19-20). Ma quando Paolo parlò del Dio vivente e della risurrezione, si fecero beffe di lui (Atti 17:32) perché appariva «un predicatore di divinità straniere» (v. 18, vedi anche v. 29).


Alcuni definivano la materia come intrinsecamente malvagia, idea che esprimeva sia il pensiero greco che quello orientale (E. R. Dodds, Pagan and Christian in an Age of Anxiety, New York: W.W. Norton and Co., 1965, pag. 14). Di conseguenza, se il corpo era un carcere «oscuro» dal quale dovevamo cercare di fuggire, perché si doveva desiderare una risurrezione? (Vedi ibidem, pag. 30, nota 1). Questa teoria contrasta nettamente con la rivelazione moderna che dichiara che soltanto quando il corpo risorto e l’anima saranno finalmente e inseparabilmente connessi potrà esservi una «pienezza di gioia» (vedi DeA 93:33; vedi anche 88:15-16; 138:17). Eppoi Dio usò la materia per creare questa terra perché potesse essere «abitata» e «vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono», non malvagio! (Isaia 45:18; Genesi 1:31).


Inoltre alcuni contestavano il culto reso dai cristiani a un Dio che soffre. Uno studioso moderno ha fatto osservare che «le sofferenze umane di Gesù erano considerate imbarazzanti di fronte alla critica pagana» (Dodds, pag. 119). Pertanto molti Greci consideravano Cristo e quello che Egli rappresentava uno «scandalo» (1 Corinzi 1:23).


Molti quindi rifiutarono il Vangelo e le sue «chiare e preziose verità» (1 Nefi 13:40). Era troppo semplice. Preferivano «guardare al di là del segno» e cercare cose che non potevano capire (vedi Giacobbe 4:14).


L’apostolo Giovanni denuncia gli anticristo che insegnavano che Gesù non era realmente venuto «nella carne» (1 Giovanni 4:3), intendendo con ciò che l’aspetto corporeo di Gesù era un’illusione, una nobile illusione per rimediare all’insufficiente capacità di comprendere dell’uomo (vedi Giovanni 1:1-3, 14).


Un altro modo dell’Ellenismo di «guardare al di là del segno» era l’interpretazione di avvenimenti chiari e storici come allegorie. Queste antiche negazioni della ­storicità di Cristo sono ripetute ai nostri giorni.


La Ragione, un’altra tradizione filosofica greca, dominava, e quindi si sostituiva alla fede nelle rivelazioni, conseguenza probabilmente affrettata da Cristiani bene intenzionati che desideravano portare le loro credenze nell’ambito del flusso principale della cultura contemporanea.


Lo storico Will Durant scrive anche: «Il Cristianesimo non distrusse il Paganesimo: lo adottò. La mente greca, morente, trasmigrò in una nuova vita» (Caesar and Christ, pag. 595).


Purtroppo troppi fedeli cristiani, per usare l’espressione di Paolo, si stancavano, perdendosi d’animo (vedi Ebrei 12:3).


A metà del secondo secolo molte cose erano cambiate radicalmente. Uno studioso scrive che lo scenario teologico era stato sostanzialmente riordinato in maniera da rispecchiare un Cristianesimo ellenizzato (vedi Stephen Robinson, Ensign, gennaio 1988, pag. 39).


Pietro, testimone diretto di quanto stava accadendo, parla con speranza di un giorno lontano, del lungamente atteso tempo della «restaurazione di tutte le cose, tempi dei quali Iddio parlò per bocca dei suoi santi profeti che sono stati fin dal principio» (Atti 3:21), sì, la tanto attesa restaurazione del Vangelo.


Anche Paolo parla della «dispensazione della pienezza dei tempi» (Romani 11:25; Efesini 1:10), che avrebbe raccolto «sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose; tanto quelle che son nei cieli, quanto quelle che son sopra la terra» (vedi Efesini 1:10; vedi anche Romani 11:25). Tutto sarebbe stato restaurato, inclusa la pienezza che era con Adamo nel principio (vedi DeA 128:21; Abrahamo 1:3). Inoltre non vi sarebbe stata mai più un’apostasia collettiva; soltanto l’apostasia individuale (vedi Daniele 2:44; DeA 65:2).


Gli elementi gloriosi restaurati nel diciannovesimo secolo comprendono la chiamata di un profeta, Joseph Smith, il quale udì la voce di Dio, ricevette le rivelazioni degli angeli, il Santo Apostolato e le chiavi del sacerdozio. Egli ricevette anche ulteriori Scritture che dettero inizio a un’opera canonica che cresce continuamente e che contenevano la piena restaurazione della conoscenza della natura di Dio, il Padre, e di Cristo, il Figlio, e dell’Espiazione. Dopo tutto, dovevano venire per prime le cose più importanti! Lo stesso Salvatore dichiarò:


«E questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» (Giovanni 17:3).


Istruito mediante le rivelazioni, Joseph Smith dichiarò quanto segue: «Se gli uomini non comprendono la natura di Dio, non comprendono se stessi» (Insegnamenti del Profeta Joseph Smith, pag. 272). Pertanto, fratelli e sorelle, se non comprendiamo i fini di Dio, non comprendiamo lo scopo della vita! Nel Suo piano di salvezza Dio non fa nulla che non sia per il beneficio dei Suoi figli nel mondo; l’uomo sta al centro dei Suoi propositi (Mosia 8:18; DeA 46:26; vedi anche Mosè 1:39). Furono anche restaurate dottrine, ordinanze e alleanze attinenti al sacro tempio. Le rivelazioni sostituirono così l’antico ed eccessivo affidamento alla ragione. Tuttavia, riguardo alla ragione, l’invito del Signore della Restaurazione è: «Ascoltate dunque, ed Io ragionerò con voi» (DeA 45:15). Questo ascolto allarga e illumina la mente e porta l’individuo al vasto altopiano illuminato dalla conoscenza rivelata. «Eppoi venite, e discutiamo assieme» è un invito a essere istruiti dal Signore. Ma soltanto i mansueti sono abbastanza saggi da accettarlo (Isaia 1:18; vedi 2 Nefi 32:7).


Deve ancora venire una pienezza maggiore in cui «tutte le cose [ci saranno] rivelate, dalla fondazione del mondo alla sua fine» (2 Nefi 27:10; DeA 121:28-32).


Le «felici notizie» della Restaura­zione vennero affinché la fede potesse crescere sulla terra (vedi DeA 1:21), rimedio e conforto per quello che Matthew Arnold descrisse:


Un mare di fede


c’era una volta, profondo.


Ma ora odo soltanto


il suo melanconico fragore


che si ritira; si ritira


al soffio del vento della notte


sui vasti e sterili deserti del mondo,


sulle sue nude spiagge sassose.


Mentre giustamente gioiamo della Restaurazione, dobbiamo tuttavia anche imparare dalle lezioni del passato onorando gli schemi della rivelazione stabiliti da Dio, incluso il dono dello Spirito Santo dal quale può venire la necessaria assicurazione e la conferma personale.


Rendiamo anche onore ai «seminatori del grano» di oggi, agli Apostoli. Stiamo in guardia contro la tentazione di adattare la teologia rivelata alla saggezza convenzionale. Nutriamo invece amorevolmente e spiritualmente noi stessi, i nostri cari e il gregge della Chiesa, in modo che non abbiamo a stancarci e a perderci d’animo (vedi Ebrei 12:3).


Vi è sempre un’autoselezione, come fece osservare il presidente George Q. Cannon nel 1875:


«Sono grato che Dio conceda a coloro che non osservano i Suoi comandamenti di allontanarsi, in modo che la Chiesa possa esser purificata. Sotto questo aspetto questa chiesa è diversa da ogni altra chiesa sulla terra … Il processo di selezione è in atto sin dagli inizi di questa Chiesa e continua tutt’oggi» (Journal of Discourses, 18:84).


Nei giorni che ci attendono «tutte le cose saranno in commozione» (DeA 88:91). Potremo anche avere nostalgia per i passati giorni di oscurità (DeA 1:30). In un crescente sviluppo le condizioni mondiali complesse e convergenti ci porteranno sia prove che occasioni di progresso. I fedeli membri della Chiesa ne percepiranno il crescendo, anche se saranno trascinati in avanti sulla cresta dell’onda di avvenimenti indescrivibili.


Colui di cui questa Chiesa porta il nome ha promesso che Egli verrà in mezzo a noi (vedi DeA 6:32), ci guiderà per mano (vedi DeA 78:18), andrà dinanzi a noi (vedi DeA 44:27; 84:88) e combatterà anche le nostre battaglie (vedi DeA 98:37). Egli ci ha dato questo consiglio: «Non abbiate dunque paura dei vostri nemici, poiché Io ho decretato nel mio cuore … ch’Io vi metterò alla prova in ogni cosa, per vedere se voi resterete fedeli alla mia alleanza, sino alla morte, per essere trovati degni» (DeA 98:14). Pertanto abbiamo pazienza e fede, come fece Lehi che vide il dito dello scherno puntato contro coloro che si tenevano stretti alla verga di ferro; verga che, per colmo di ironia, quelle stesse dita una volta avevano afferrato (1 Nefi 8:27, 33). Ma, disse Lehi, «noi non abbiamo bisogno di loro». Così deve essere per noi! Fratelli e sorelle, poiché stiamo andando nella direzione giusta, non dobbiamo preoccuparci se siamo segnati a dito!


Noi Santi degli Ultimi Giorni, lontano dall’aver fame di dottrina, non siamo ancora consapevoli dell’immensa portata della Restaurazione. Nel nostro provincialismo ci concentriamo sui nostri piccoli mattoni nell’edificio del Vangelo – senza vedere lo stupefacente mosaico della Restaurazione! Per esempio, le verità rivelate ci parlano della meravigliosa vastità dell’opera di Dio con la sua pluralità di «mondi senza fine»! (Mosè 1:33; DeA 76:24). Eppure vi è anche una incredibile individualizzazione, come nelle ordinanze e promesse del sacro tempio.


Possiamo meglio esprimere la nostra gratitudine per questa gloriosa pienezza, sviluppando un amore più completo per tutta l’umanità. E perché non dovremmo farlo? La Restaurazione infatti ci dice chi sono veramente i nostri vicini! Esprimiamo anche la nostra gratitudine, sforzandoci di diventare, un attributo dopo l’altro, ogni giorno di più, come è Gesù (vedi 3 Nefi 27:27). Se vivremo così, la nostra non sarà allora una semplice gratitudine verso Gesù, e neppure una modesta ammirazione per Lui. Sarà piuttosto un’adorazione di Gesù – espressa mediante la nostra emulazione di Lui!


Di questo io porto testimonianza, nel santo nome di Gesù Cristo. Amen! 9