1990–1999

Sempre più in alto

Ottobre 1993


Sempre più in alto


«Il Sacerdozio di Aaronne prepara i ragazzi ai loro compiti di adulti e ad espletare i più impegnativi compiti del Sacerdozio di Melchisedec. Lo scoutismo aiuta i nostri ragazzi a percorrere in rettitudine la via del sacerdozio che porta all’esaltazione».

Miei cari amici e compagni negli Scout Jere Ratcliffe, Bud Reid e Mike Hoover, questa sera mi avete fatto un grande onore con la vostra presenza e le vostre parole. Mi sento umile per il riconoscimento Lupo di bronzo che mi è stato assegnato. So che, conferendomi tale onore, voi esprimete anche gratitudine alla Chiesa e ai suoi dirigenti passati e presenti che mi hanno permesso di fare parte del Consiglio esecutivo nazionale in questi ventiquattro anni, seguendo così i passi del presidente Ezra Taft Benson e del presidente George Albert Smith, che prima di me hanno occupato questa posizione. Come componente del Comitato internazionale del consiglio generale ho avuto il privilegio di recarmi in molti paesi e di vedere di prima mano la favorevole influenza dello scoutismo sui giovani di molte lingue, razze e culture.


La nostra chiesa fa già molto per svolgere il programma degli Scout negli Stati Uniti e nel Canada. Con l’aiuto di Jacques Moreillon, segretario generale dell’Organizzazione mondiale del movimento degli Scout, ci stiamo adoperando per allargare l’influenza dello scoutismo ai nostri giovani di tutto il mondo.


Ricordo con piacere le ispirate parole che il presidente Spencer W. Kimball rivolse ai membri della Chiesa di tutto il mondo: «La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni conferma il proprio continuo appoggio allo Scoutismo e cercherà di fornire dirigenti in grado di aiutare i ragazzi a tenersi vicini alle loro famiglie e vicini alla Chiesa mentre sviluppano le qualità dei buoni cittadini, la forza di carattere e la prestanza fisica che sono l’obiettivo di questo movimento».1 Questa sera riaffermiamo il nostro impegno.


Consentitemi di parlarvi di una sola mia esperienza personale. Quando avevo quattordici anni, la nostra pattuglia degli Scout decise di fare un’escursione nel Canyon Big Cottonwood. Dopo che ci fummo accampati, il nostro dirigente mi disse: «Monson, a te piace pescare; ti do due esche artificiali. Dovrai prendere abbastanza pesce da nutrire questa pattuglia per i prossimi tre giorni. Tornerò a prendervi sabato». Se ne andò senza dire altro. Non ­sollevai obiezioni davanti a tanto ­incarico. Sapevo che se avessi fatto diligentemente la mia parte avrei preso il pesce e nutrito la pattuglia. E lo feci. Ero già diventato uomo prima di rendermi conto che non è del tutto lecito che il capo-scout abbandoni i suoi ragazzi. Ma quale esperienza preziosa fu per tutti noi!


I dipinti di Norman Rockwell per le copertine delle riviste The Saturday Evening Post o Boy’s Life hanno sempre destato in me profondi sentimenti di tenerezza. Uno dei due dipinti che più ammiro è quello di un capo-scout che siede accanto al fuoco morente dell’accampamento e osserva i suoi ragazzi, profondamente addormentati nelle loro piccole tende. Il cielo è pieno di stelle, i capelli scompigliati dei ragazzi sono illuminati dalla fioca luce delle braci. L’espressione del capo-scout rispecchia il suo affetto, la sua fede e la sua devozione. La scena rinnova nella mia mente il pensiero: «Il più grande dono che un uomo può dare a un ragazzo è la disponibilità a condividere con lui una parte della sua vita».


L’altro dipinto è quello di un bambino che indossa l’uniforme degli scout di suo fratello, ovviamente troppo grande per lui. Si guarda allo specchio che orna la parete, con il braccino sollevato per il saluto dello scout. Questo quadro potrebbe essere intitolato: «Sulle orme degli scout».


In questo mondo in cui uomini e donne fuorviati si sforzano di abbattere e di distruggere grandi movimenti come quello degli Scout, sono lieto di potermi dichiarare estremo difensore di un’organizzazione che insegna il dovere verso Dio e verso la patria, che abbraccia la Legge degli Scout. Sì, un’organizzazione il cui motto è: «Sii preparato», e il cui slogan è: «Fai un’opera buona ogni giorno».


Il Sacerdozio di Aaronne prepara i ragazzi ai loro compiti di adulti e ad espletare i più impegnativi compiti del Sacerdozio di Melchisedec. Lo scoutismo aiuta i nostri ragazzi a percorrere in rettitudine la via del sacerdozio che porta all’esaltazione. Lungo questa via vi saranno curve e deviazioni, che richiederanno ­decisioni della massima importanza. L’ispirazione del Padre celeste ci offrirà una cartina stradale che ci consentirà di prendere le giuste decisioni. Verrà il tempo, nella vita di ogni giovane, di fare una seria riflessione e una saggia valutazione del suo futuro – poiché le decisioni determinano il nostro destino.


Questa sera, in questa vasta moltitudine di detentori del sacerdozio, si trovano persone che hanno percorso con successo le vie della loro giovinezza. Questi uomini dotati di vasta esperienza e fede sono necessari come esempi per coloro che si rivolgono ad essi per trovare guida e sicurezza. Fratelli, siamo preparati a svolgere i nostri compiti direttivi – per il nostro privilegio di salvare tanti giovani? Mai come ora è necessario il nostro aiuto.


In tutte le città di questo paese e delle nazioni di tutto il mondo c’è stato un deterioramento della casa e della famiglia. In molti casi è stata abbandonata quella rete di sicurezza che è la preghiera personale e familiare. Un atteggiamento ispirato da una falsa immagine della virilità, che induce a dichiarare al mondo: «Posso farcela da solo» oppure «Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno», domina la filosofia quotidiana di molti uomini. Spesso c’è una ribellione contro le più radicate tradizioni della modestia e dell’ordine, e la tentazione di seguire la folla è irresistibile. Questa ideologia distruttiva, questa formula che crea il fallimento può portarci alla rovina, a meno che uomini di fede, ispirati dall’amore, si facciano avanti per mostrare a un ragazzo che incespica la via da seguire. Ricordate questa poesia:


Si trovò al quadrivio tutto solo,


con il sole negli occhi.


Senza darsi pensiero del mondo sconosciuto,


era pronto per una vera corsa da uomo …


Ma le strade andavano a est e le strade andavano ad ovest,


e il ragazzo non sapeva qual era la strada migliore;


così scelse la strada che lo portava verso il basso


e perse la corsa e la corona del vincitore.


Alla fine cadde in una dolorosa trappola,


poiché nessuno stava al crocevia


per mostrargli la strada migliore.


Un altro giorno, nello stesso posto,


stava un ragazzo di belle speranze.


Anche lui era pronto per una vera corsa da uomini;


anche lui cercava le cose belle della vita.


Ma là c’era uno che conosceva le strade,


che gli mostrò in quale direzione andare.


Così egli volse le spalle alla strada


che lo avrebbe portato verso il basso


e vinse la corsa e la corona del vincitore.


Egli oggi cammina lungo la strada larga e diritta,


poiché c’era qualcuno al crocevia


per mostrargli la strada migliore.


Coloro che detengono il Sacer­dozio di Melchisedec non sono l’unica fonte di forza per innalzare, di saggezza per guidare e di capacità per salvare. Molti di voi giovani fate parte di presidenze di quorum di diaconi, di quorum di insegnanti e occupate posizioni direttive, aiutando i vescovi a guidare i quorum di sacerdoti. Se farete onore alle vostre chiamate e saprete aiutare coloro ai quali presiedete, non vi mancherà l’aiuto del cielo. Ricordate che in tutte le epoche il nostro Padre celeste ha mostrato la Sua fiducia nei giovani.


Il bambino Samuele sicuramente doveva avere l’aspetto di ogni altro ragazzo della sua età quando serviva il Signore davanti a Eli. Quando Samuele andò a dormire e udì la voce del Signore che lo chiamava, ritenne erroneamente che fosse il vecchio Eli, e rispose: «Eccomi».


Tuttavia, dopo che Eli ebbe ascoltato la storia del bambino e gli ebbe detto che era il Signore, Samuele seguì il consiglio di Eli, quindi rispose al richiamo del Signore con le memorabili parole: «Parla, poiché il tuo servo ascolta». I Sacri Scritti poi dicono che «Samuele … cresceva, e l’Eterno era con lui».


Meditate per un momento sulle conseguenze memorabili della preghiera di un ragazzo nato nell’anno di nostro Signore 1805 a Sharon, nella Contea di Windsor, Stato del Vermont – sì, di Joseph Smith, il primo profeta di questa dispensazione. Gli apparvero il Padre e il Figlio, che gli dettero la guida di cui aveva bisogno – tutto allo scopo di portare all’esaltazione i figli di Dio.


Ricordiamo con gratitudine quella notte fatidica che segnò l’adempimento della profezia, quando in un’umile mangiatoia accolse a mo’ di culla un neonato. Con la nascita del Bambino di Bethlehem emerse una grande investitura, un potere più forte delle armi, una ricchezza più duratura delle monete di Cesare. Quel Bambino, nato in circostanze tanto umili, sarebbe diventato il Re dei re e il Signore dei signori. Il Messia promesso – sì, Gesù Cristo, il Figlio di Dio.


Ancora ragazzo, Gesù fu trovato «nel tempio, seduto in mezzo a’ dottori, che li ascoltava e faceva loro delle domande.


E tutti quelli che l’udivano, ­stupivano del suo senno e delle sue risposte.


E, vedutolo [Giuseppe e sua madre], sbigottirono …


E Gesù cresceva in sapienza e in statura, e in grazia dinanzi a Dio e agli uomini».


Egli «è andato attorno facendo del bene … perché Iddio era con lui».


Ho citato questi significativi esempi, in modo che ogni giovane che è a portata della mia voce possa convincersi della forza che possiede quando Dio è con lui.


Quando uno si rende conto del suo potenziale e di quello che il Padre celeste si aspetta da lui, cioè una ferma determinazione di osservare le giuste norme, di rimanere fedele a quanto vi è di meglio in lui e di agire sempre secondo un alto senso dei veri valori, otterrà una gioia incomparabile e una pace duratura.


Una breve guida in quattro punti vi aiuterà a concentrare la vostra attenzione su tale obiettivo:


Primo, siate dove dovete essere. Un saggio padre rivolse al figlio questo consiglio: «Se mai ti trovi dove non devi essere, affrettati ad andartene!» Scegliete attentamente i vostri amici, poiché tenderete a diventare come loro e ad andare dove essi vanno.


Secondo, dite quello che dovete dire. Quello che diciamo, e come lo diciamo, rispecchia quello che siamo. Quando l’apostolo Pietro cercò di prendere le distanze da Gesù e finse di essere un altro, i suoi persecutori scoprirono la sua vera identità con una acuta dichiarazione: «La tua parlata ti dà a conoscere». Le parole che diciamo rispecchiano i sentimenti del nostro animo, la nostra forza di carattere e la profondità della nostra testimonianza.


Terzo, fate quello che dovete fare. Pierre, uno dei personaggi principali del romanzo Guerra e pace, di Tolstoi, in preda all’angoscia spirituale implora così Dio: «Perché so quello che è giusto e faccio quello che è sbagliato?» Pierre aveva bisogno di una maggiore forza d’animo, una maggiore determinazione, di una maggiore fermezza di carattere. Uno scrittore abile con i giochi di parole ha espresso così questo concetto, parafrasando il familiare detto, «Non rimandare mai a domani quello che puoi fare oggi»; ha aggiunto: «Perché non rimandiamo a domani quello che non dobbiamo fare oggi?»


Poi c’è la scusa dei deboli: «È stato il diavolo a farmelo fare». Soltanto quando assumiamo il controllo delle nostre azioni, le indirizziamo nella giusta direzione. 


Quarto, siate quello che dovete essere. L’apostolo Paolo rivolse questa esortazione al giovane amico Timoteo: «Nessuno sprezzi la tua giovinezza; ma sii d’esempio ai credenti, nel parlare, nella condotta, nell’a­more, nella fede, nella castità». Pietro pose questa domanda: «Quali non dovete voi essere, per santità di condotta e per pietà?» Con la sua vita Pietro rispose alla sua stessa domanda. La voce stessa del Maestro chiede: «Che sorta di uomini dovreste essere? In verità, Io vi dico: così come sono Io».


Molte volte, quando mi sono incontrato con i giovani, mi è stata fatta questa domanda: «Fratello Monson, c’è qualcosa che posso fare per adeguare la mia vita al mio pieno potenziale?» Scrutando nei meandri della mia mente per dare una risposta adeguata a questa domanda, ho ricordato un’esperienza che ho fatto alcuni anni fa. Un gruppo di giovani stava facendo un’escursione su robusti cavalli da equitazione, quando arrivarono a una radura verde e rigogliosa, attraversata da un chiaro ruscello. Nessun daino avrebbe potuto desiderare un ambiente migliore. Tuttavia c’era in agguato un pericolo. I cauti daini possono notare il più piccolo movimento nei cespugli circostanti, possono udire il più piccolo ramo spezzarsi per l’avanzare di un uomo. Il daino è vulnerabile soltanto da una direzione: dall’alto. Su un grosso albero i cacciatori hanno costruito una piattaforma, che sovrasta proprio il prato. Anche se questa pratica è in molti posti illegale, il cacciatore può abbattere la sua preda quando viene a mangiare e a bere. Non c’è rumore di rami spezzati, non c’è movimento, non c’è odore che riveli la vicinanza del ­cacciatore.


Perché? Lo stupendo daino, pur con i suoi sensi altamente sviluppati per notare ogni pericolo, non ha la possibilità di guardare verso l’alto e quindi individuare il suo nemico. L’uomo non ha questo limite. La sua più grande sicurezza si trova proprio nella sua capacità e nel suo desiderio di guardare a Dio e vivere.


Scrisse il poeta:


Ma soprattutto le Tue opere meravigliose


sopra ogni altro il Tuo piano,


Tu hai messo nel cuore dell’uomo


il desiderio di guardare verso l’alto.


Consentitemi di concludere con la commovente storia di un bambino, uno Scout Lupetto, il cui amore per lo scoutismo portò lui e coloro che lo conoscevano e amavano più vicino a Dio, poiché egli si sforzava di raggiungere il cielo, e superò i limiti della vita terrena, ed entrò nei vasti spazi dell’eternità, rivestito dell’uniforme che amava e portando con sé il riconoscimento che aveva ottenuto nello scoutismo.


Nell’ottobre 1992 Jared Barney morì a nove anni di un cancro al cervello. Durante la sua breve vita si era sottoposto a numerosi interventi chirurgici, a cobaltoterapia e chemioterapia. L’ultimo intervento era stato effettuato il 9 agosto 1992. Un mese dopo la TAC rivelò sei nuovi tumori, due dei quali erano già abbastanza grandi.


La cobaltoterapia e la chemioterapia facevano stare molto male Jared. Gli interventi chirurgici erano difficili, ma egli riusciva sempre a superare il trauma. Anche se soffriva molto, il Signore lo aiutava e lo sosteneva.


Jared aveva una spiritualità che attirava le persone che lo conoscevano. Non si lamentava mai di come si sentiva, della malattia o delle cure a cui doveva sottoporsi. Quando gli chiedevano come stava, rispondeva sempre: «Bene», a prescindere da come veramente si sentiva. Era sempre conosciuto per il suo sorriso contagioso. La Luce di Cristo era nei suoi occhi.


Lasciate che vi legga la lettera scritta da sua madre Olivia, in cui si racconta la storia dei suoi ultimi giorni: «Le nostre molte preghiere per il nostro figlioletto furono esaudite. Pregammo che potesse camminare, parlare e vedere sino alla fine, e che poi il Signore lo prendesse rapidamente. Ha potuto fare tutte queste cose, e noi siamo molto grati al Signore per aver esaudito le nostre preghiere. Jared amava molto la vita, e noi volevamo che fosse in grado di goderla pienamente sino alla fine.


Jared aveva ottenuto alcuni riconoscimento degli Scout Lupetti tre settimane prima di morire. Aveva ricevuto il distintivo dell’Orso, il riconoscimento Fede in Dio, una Punta di freccia d’oro e due Punte di freccia d’argento. Sappiamo che gli aveva fatto piacere ricevere quei riconoscimenti. Le sue condizioni peggioravano rapidamente, e non riuscì neppure a dormire sino a quando poté partecipare a una riunione, tenuta il 14 ottobre 1992, per ricevere i suoi riconoscimenti. Alla riunione del branco alzò tre volte la mano e parlò del lungo tempo durante il quale aveva atteso di ricevere quei riconoscimenti, e di quanto era felice di poterli avere. Quando tornammo a casa, proprio la stessa sera, mi chiese di vedere di nuovo i distintivi. Poi pregò il Padre celeste di farlo dormire perché era molto stanco. Lo disse tre volte. Si addormentò e non si mosse per tutta la notte. Da allora continuò a dormire per la maggior parte del tempo sino a quando morì.


Lo abbiamo sepolto con la sua camicia degli Scout Lupetti, sulla quale erano cuciti i distintivi che tanto aveva atteso. Il funerale è stato molto bello. Molte persone erano presenti, poiché egli si era fatto molti amici nel vicinato grazie al suo esempio di coraggio e di fede».


Questa è l’influenza che può esercitare un programma ispirato su un bambino e la sua famiglia.


A tutti i detentori del Sacerdozio di Aaronne riuniti qui questa sera insieme ai loro padri e ai loro dirigenti, io dico che il programma del sacerdozio della Chiesa e le attività che lo accompagnano, incluso lo scoutismo, favoriranno, e non impediranno, il vostro viaggio attraverso questa vita. Prego che ognuno di noi si impegni a seguire l’esempio del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, a osservare i Suoi comandamenti e a mettere in pratica i Suoi insegnamenti, in modo da poter ereditare il più grande di tutti i doni: il dono della vita eterna con Dio. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.