1990–1999
Il sacerdozio: un sacro incarico di fiducia
Aprile 1994


Il sacerdozio: un sacro incarico di fiducia

Il nostro Signore Gesù Cristo … è il nostro esempio e la nostra guida. Per avere successo nelle nostre chiamate del sacerdozio, dobbiamo seguire le Sue orme.

Con quanta commozione contemplo la vasta congregazione di detentori del sacerdozio riunita qui nel Tabernacolo della Piazza del Tempio e in centinaia di edifici in tutto il mondo! Prego sinceramente che lo Spirito del Signore mi sia di guida mentre vi parlo questa sera.

La presenza di coloro che detengono il Sacerdozio di Aaronne mi riporta alla mente le esperienze che feci quando ottenni il diploma di completamento della Primaria, dopo aver imparato a memoria gli Articoli di fede, e poi ricevetti il Sacerdozio di Aaronne e l’ufficio e la chiamata di diacono. Distribuire il sacramento era un privilegio, la raccolta delle offerte di digiuno era un incarico di fiducia. Fui messo a parte come segretario del quorum dei diaconi e, da quel momento, sentii che la fanciullezza era ormai finita e che avevo iniziato a vivere la mia giovinezza.

Voi uomini certamente vi renderete conto dello shock che ebbi quando, mentre partecipavo a una riunione dei dirigenti della nostra conferenza di rione, un membro della presidenza del palo, dopo aver invitato i dirigenti del sacerdozio e delle organizzazioni ausiliarie a parlare, senza preavviso lesse il mio nome e il mio ufficio, e mi invitò a fare un resoconto del mio ministero e ad esprimere i miei sentimenti riguardo alla mia chiamata di segretario del quorum dei diaconi, e quindi di dirigente del rione. Non ricordo cosa dissi, ma da quel momento mi sentii invadere da un senso di responsabilità che mai più mi lasciò.

Spero sinceramente che ogni diacono, insegnante e sacerdote sia consapevole del significato della sua ordinazione al sacerdozio e del privilegio che gli compete di svolgere un ruolo vitale nella vita di ogni membro, tramite la sua partecipazione alla benedizione e alla distribuzione del sacramento ogni domenica.

Al tempo in cui detenevo il Sacerdozio di Aaronne mi sembrava che cantassimo sempre gli stessi inni durante gli esercizi di apertura della riunione del sacerdozio. Essi erano: «O figli del Signor», «Forza, figli del Signor», «Un fermo sostegno», «Israele, Dio ti chiama» e alcuni altri. Le nostri voci non erano certamente le migliori, né il volume era adeguato, ma imparammo le parole e ricordammo il messaggio di ognuno di questi inni.

Sorrido quando ripenso a una storia che udii riguardo a fratello Thales Smith, che faceva parte di un vescovato con il vescovo Israel Heaton. Una domenica mattina sorella Heaton telefonò a fratello Smith e gli disse che suo marito era ammalato e non poteva quindi partecipare alla riunione del sacerdozio. Fratello Smith riferì questo fatto ai fratelli riuniti quella mattina e chiese a colui che doveva dire la preghiera di apertura di rammentare il vescovo Israel Heaton. Poi annunciò che l’inno di apertura sarebbe stato: «Israele, Dio ti chiama». Credo che i sorrisi furono più numerosi delle smorfie. A proposito, il vescovo Heaton guarì.

Gli esercizi di apertura della riunione del sacerdozio possono essere brevi, ma devono essere tenuti immancabilmente in ogni rione, poiché portano nel cuore e nell’anima un sentimento di unità e favoriscono la fratellanza del sacerdozio, e ci ricordano efficacemente i nostri sacri doveri.

Tutti coloro che detengono il sacerdozio hanno la possibilità di servire il nostro Padre celeste e i Suoi figli qui sulla terra. È contrario allo spirito del servizio vivere egoisticamente per nostro conto e ignorare le necessità del prossimo. Il Signore ci guiderà e ci aiuterà a dimostrarci all’altezza degli impegni che affrontiamo. Ricordate la Sua promessa e i Suoi consigli: «Il potere e l’autorità del Sacerdozio superiore, o di Melchisedec, è di detenere le chiavi di tutte le benedizioni spirituali della Chiesa –

Di avere il privilegio di ricevere i misteri del regno dei cieli, di vedere i cieli aprirsi dinanzi ad essi, di comunicare con l’assemblea generale e la Chiesa del Primogenito, di godere della comunione e della presenza di Dio Padre e di Gesù il mediatore della nuova alleanza».1

Per meritare questo dono è necessario che ognuno di noi ricordi chi è Colui che dà ogni dono e che offre ogni benedizione. «Il valore delle anime è grande agli occhi di Dio»2 non è una frase fatta, ma una dichiarazione mandata dal cielo perché ci illumini e ci guidi. Dobbiamo sempre ricordare chi siamo e ciò che Dio si aspetta che diventiamo. Questo prezioso principio è nascosto tra le note di una deliziosa commedia musicale, Fiddler on the Roof, là dove il padre contadino Tevye impartisce i suoi consigli alle figlie che crescono. Altre commedie contemporanee presentano concetti degni della nostra considerazione mentre ci prepariamo a servire.

Dal musical Camelot proviene questa osservazione: «La violenza non è forza e la compassione non è debolezza». Da Shenandoah: «Se non ci proviamo, non possiamo farlo, e se non possiamo farlo, allora perché siamo qui?» Eliza Doolittle, l’allieva del professor Henry Higgins in My Fair Lady, spiega la sua filosofia al colonnello Pickering: «La differenza tra una signora e una fioraia non sta nel modo in cui questa si comporta, ma nel modo in cui è trattata. Per il professor Higgins rimarrò sempre una fioraia, perché mi tratta come una fioraia e sempre lo farà. Ma so che per il colonnello Pickering sarò sempre una signora, perché mi tratta sempre come una signora e sempre lo farà». Di nuovo in Camelot re Artù implora così Ginevra: «Non dobbiamo lasciare che le nostre passioni distruggano i nostri sogni». L’elenco continua. Ma, in realtà, ogni bella osservazione è soltanto una parafrasi degli insegnamento del nostro Signore Gesù Cristo. Egli è il nostro esempio e la nostra guida. Per avere successo nelle nostre chiamate del sacerdozio, dobbiamo seguire le Sue orme.

Questa sera consentitemi di citarvi le parole di nostri compagni di servizio che hanno lavorato fra noi, ma che ora sono andati a godere la loro eterna ricompensa.

Al primo posto vi sono quelle dette da un saggio presidente di palo a un giovane vescovo: «Il lavoro è molto impegnativo ma, per aver successo come vescovo, segui questi principi: nutri i poveri, non avere favoriti e non tollerare l’iniquità». A commento di quest’ultimo principio, il presidente Spencer W. Kimball dichiarò: «Quando si deve trattare la trasgressione, applicate una benda abbastanza larga da coprire la ferita – né più grande, né più piccola».3

Al secondo posto, prima della creazione del Palo di Toronto nella provincia dell’Ontario (Canada), l’anziano ElRay L. Christiansen, allora assistente al Consiglio dei Dodici, raccontò, per istruire i dirigenti del sacerdozio, una lezione proveniente dalle esperienze fatte quand’era stato chiamato a presiedere al Palo di East Cache a Logan (Utah). Disse che egli e i suoi consiglieri si riunirono per decidere quali membri del palo avevano più bisogno di aiuto e quali principi del Vangelo la presidenza del palo doveva mettere in risalto. Le loro opinioni variavano dalla frequenza alla riunione sacramentale all’osservanza della santità della domenica, con molte altre cose nel mezzo. Alla fine si trovarono d’accordo sul fatto che il principio più necessario era la spiritualità. Essi si resero conto delle verità contenute in questa osservazione: Quando si trattano le cose in generale, raramente si arriva al successo; ma quando si trattano delle cose ben precise, raramente si arriverà al fallimento.

Il piano quadriennale proposto dal presidente Christiansen e dai suoi consiglieri fu perfezionato in maniera stupenda. Primo anno: accresceremo la spiritualità dei fedeli del Palo di East Cache convincendo ogni famiglia a tenere la preghiera familiare. Secondo anno: accresceremo la spiritualità dei fedeli del Palo di East Cache convincendo ogni fedele a partecipare alla riunione sacramentale settimanale. Terzo anno: accresceremo la spiritualità dei fedeli del Palo di East Cache convincendo ogni fedele a pagare una decima onesta. Quarto anno: accresceremo la spiritualità dei fedeli del Palo di East Cache convincendo ogni fedele a onorare la santità della domenica. Ogni proposta fu presa come tema per l’intero anno, e a questo tema fu dato continuamente risalto.

Alla conclusione del programma quadriennale tutti e quattro gli obiettivi specifici erano stati raggiunti e, cosa ancora più importante, la spiritualità dei fedeli del Palo di East Cache mostrava un considerevole miglioramento.

La spiritualità non si raggiunge limitandosi a desiderarla, piuttosto si raggiunge quietamente e impercettibilmente mediante il servizio. Il Signore ci ha dato questo consiglio: «Perciò, se voi avete desiderio di servire Iddio, voi siete chiamati al lavoro».4 Molti anni fa mi trovai a partecipare a una conferenza di distretto a Ottawa, in Canada, e chiamai due fratelli del piccolo Ramo di Cornwall a occupare posizioni di responsabilità al servizio del Signore. Annotai la loro convinta risposta, e questa sera voglio leggervi le parole da loro pronunciate tanti anni fa. Quelle del vescovo Brady: «Mi sono impegnato; servirò fedelmente». Quelle del vescovo Danic: «Il Vangelo è la cosa più importante della mia vita; servirò fedelmente».

Il presidente John Taylor impartì dei consigli molto chiari a quelli di noi che detengono il sacerdozio: «Se non fate onore alle vostre chiamate, Dio vi riterrà responsabili di coloro che avreste potuto salvare se aveste fatto il vostro dovere».5

Penso certamente che, se ricorderemo sempre Chi serviamo e Chi ci ha affidato la nostra missione, ci avvicineremo di più alla fonte dell’ispirazione che cerchiamo: al nostro Maestro e Salvatore.

Il presidente Harold B. Lee ebbe una marcata influenza su me e mia moglie e sui nostri tre figli. In qualche breve occasione poté parlare ad ognuno dei nostri figli con un tono che rispecchiava una profonda spiritualità, un interesse genuino e la capacità d’impartire consigli ispirati.

Il nostro figlio minore Clark stava per compiere dodici anni quando ci accadde di incontrare fratello Lee nel parcheggio dell’edificio amministrativo della Chiesa. Chiese a Clark quanti anni avesse. Clark rispose: «Presto compirò dodici anni».

Venne subito la domanda: «Cosa accadrà quando compirai dodici anni?»

La risposta fu: «Riceverò il Sacerdozio di Aaronne e sarò ordinato diacono».

Con un grande sorriso e una stretta di mano, fratello Lee disse: «Dio ti benedica».

La nostra figlia adolescente Ann era con me e mia moglie, quando incontrammo fratello Lee e facemmo le debite presentazioni. Fratello Lee prese la mano di nostra figlia nella sua e, con un bel sorriso, le disse: «Tu, mia cara, sei bella dentro quanto fuori. Sei davvero una giovane straordinaria».

In un’occasione più solenne fratello Lee mi incontrò una sera all’ingresso dell’ospedale della Chiesa a Salt Lake City. Avevamo preso appuntamento per impartire una benedizione a mio figlio maggiore Tom, che a quel tempo si trovava alla fine dell’adolescenza. Doveva sottoporsi a un intervento chirurgico che poteva avere gravi conseguenze. Prima di entrare nell’ospedale, fratello Lee mi prese la mano e, guardandomi diritto negli occhi, mi disse: «Tom, non c’è altro posto in cui vorrei trovarmi in questo momento che al tuo fianco, per partecipare insieme con te nell’impartire una sacra benedizione del sacerdozio a tuo figlio». Poi andammo nella stanza dove stava Tom e gli disse: «Stiamo per impartirti una benedizione, per celebrare un’ordinanza del sacerdozio. Ci accingiamo a godere di questo privilegio con umiltà, poiché ricordiamo il consiglio del profeta Joseph Smith, il quale disse che quando coloro che detengono il sacerdozio pongono le mani sul capo di una persona per celebrare questa sacra ordinanza è come se ve le ponesse il Signore». La benedizione fu impartita, e l’intervento chirurgico risultò di lieve entità. Ma imparammo delle lezioni, osservammo la spiritualità di un grande dirigente e ricevemmo un modello da seguire.

Fratelli, vi sono decine di migliaia di detentori del sacerdozio sparsi tra voi che, a causa dell’indifferenza altrui, delle offese subite, della loro timidezza o debolezza, non possono aiutare che in misura limitata le loro mogli e i loro figli, senza parlare della vita di altre persone che potrebbero edificare e benedire. Abbiamo il solenne dovere di realizzare un cambiamento, di prendere queste persone per la mano e aiutarle a sollevarsi e a guarire spiritualmente. Se lo faremo, dolci mogli ci chiameranno benedetti, e figli grati si meraviglieranno del cambiamento avvenuto nel loro padre grazie a un lavoro che porta a una nuova vita e alla salvezza dell’anima.

Quando partecipavo alle conferenze di palo come membro dei Dodici, prendevo sempre nota di quei pali che eccellevano nel riportare all’attività quei fratelli i cui talenti e il cui potenziale direttivo non erano venuti in precedenza alla luce. Inevitabilmente chiedevo: «Come siete riusciti a raggiungere il successo? Cosa avete fatto e come l’avete fatto?» Uno di questi pali era quello di North Carbon, quando era presieduto da Cecil Broadbent. Nel giro di un solo anno ottantasette uomini erano stati riattivati e, insieme alle loro mogli e figli, erano andati al Tempio di Manti. Udita la mia domanda, il presidente Broadbent si volse verso il suo consigliere, presidente Stanley Judd, un minatore grande e grosso e sempre di buon umore, e disse: «Questo fa parte dei compiti del presidente Judd. Risponderà lui».

Ripetei le mie domande al presidente Judd e conclusi con maggiore insistenza: «Mi vuol dire come l’ha fatto?»

Con un sorriso egli rispose: «No». Rimasi stupefatto. Ma egli aggiunse subito: «Se le dico come ho fatto, lei senza dubbio lo dirà agli altri, e allora batteranno il nostro primato». Ero ancora stupito. Poi, con un sorriso negli occhi, quel brav’uomo aggiunse: «Tuttavia, fratello Monson, se mi fa avere due biglietti per la conferenza generale, glielo dirò».

I biglietti furono debitamente forniti; lo schema del successo fu rivelato. Tuttavia il presidente Judd pensava che quel contratto fosse a tempo indefinito, e chiese e ricevette da me due biglietti per ogni conferenza sino a quando, dopo qualche tempo, fu ordinato patriarca.

La formula era la stessa, generalmente parlando, in ogni palo che aveva avuto successo per quanto riguarda questo aspetto del lavoro. Consisteva di quattro ingredienti: uno, il massimo sforzo a livello di rione; due, coinvolgimento del vescovo del rione; tre, un insegnamento ispirato; e quattro, non tentare di dedicarsi a tutti i fratelli nello stesso tempo; piuttosto un lavoro capillare diretto a pochi mariti e alle loro mogli durante un determinato periodo di tempo; e poi chiedere loro aiuto per convincere gli altri.

Le brillanti tecniche usate dai venditori non sono un metodo valido nella guida del sacerdozio; è invece una questione di devozione al dovere, sforzi sostenuti, amore in abbondanza e spiritualità personale, tutti uniti al fine di arrivare al cuore dell’interessato, stimolare il cambiamento e portare al tavolo del Signore i Suoi figli affamati che si sono sperduti nel deserto del mondo, ma che ora sono tornati a «casa».

Molti anni fa riorganizzai il Palo di Star Valley, nel Wyoming, al tempo in cui fu rilasciato quel dirigente leggendario che era il presidente E. Francis Winters. Questo fratello aveva servito con fedeltà e distinzione per molti anni.

Spuntò l’alba di quella domenica; i fedeli vennero da vicino e da lontano e si affollarono nella cappella di Afton. Ogni sedia e ogni panca erano occupate. Quando fu completata la riorganizzazione della presidenza del palo, feci una cosa che mai avevo fatto in precedenza. Mi sentii spinto a fare un piccolo esperimento e chiesi pubblicamente: «Prego tutti coloro ai quali è stato imposto il nome o sono stati battezzati o confermati da Francis Winters di alzarsi in piedi». Molti si alzarono. Poi continuai: «Ora voglio chiedere a tutti coloro che sono stati ordinati o messi a parte da Francis Winters di alzarsi». Un altro folto gruppo si aggiunse a quello che già stava in piedi. «E infine vogliano alzarsi tutti coloro che hanno ricevuto una benedizione per mano di Francis Winters». Il resto della congregazione si alzò.

Mi voltai verso il presidente Winters e, con le guance bagnate di lacrime, dissi: «Presidente Winters, lei vede davanti a sé i risultati del suo ministero di presidente di palo. Il Signore si compiace di lei». Nella sala si fece un assoluto silenzio. Molti annuivano in segno di assenso. Si udirono dei singhiozzi, e molti fazzoletti furono presi in fretta dalle tasche o dalle borse per asciugarsi gli occhi. Fu una delle esperienze più spiritualmente gratificanti della mia vita. Nessuno di quella vasta folla dimenticherà mai i sentimenti che provò in quell’ora.

Quando la conferenza giunse al termine, salutai tutti i miei cari amici e ripresi la via di casa. Mentre guidavo, sentii l’impulso di cantare l’inno che preferivo quando frequentavo la Scuola Domenicale durante la mia fanciullezza:

Scuola domenical, grati noi siam pel giorno in cui il male ci tenterà invan. Grazie a color che con cura insegnar nella luce del Vangel a camminar … Siamo fedeli finché vien la fin, avanti seguendo l’esempio divin; se fuggirem sempre la tentazion il premio per noi sarà l’elevazion.

Poi, letteralmente, esplosi nel canto del ritornello:

Uniti in giubilo tutti cantiam, uniti in giubilo in questo dì siam; grande è la gioia di chi fa del ben, di chi vince il male ed ha pace in sen.6

Ero solo nell’automobile, ma era veramente così? I chilometri scorrevano rapidamente. In profonda meditazione riflettei sugli avvenimenti accaduti alla conferenza. Francis Winters, contabile presso la fabbrica di formaggi di quel piccolo centro, uomo di mezzi modesti proveniente da una famiglia povera, aveva percorso la via tracciata da Gesù e, come il Maestro, era «andato attorno facendo del bene».7 Si era meritato la descrizione che il Salvatore fece di Natanaele, quando vide che gli veniva incontro: «Ecco un vero israelita in cui non c’è frode».8

Fratelli, questa sera prego perché tutti noi, quali che siano le posizioni che occupiamo nella Chiesa, possiamo meritarci il gentile tocco sulla spalla della mano del Maestro e qualificarci per ricevere lo stesso saluto che fu rivolto a Natanaele. Prego quindi che noi, alla conclusione di questo viaggio sulla terra, potremo ascoltare le divine parole: «Va bene, buono e fedel servitore».9 Nel nome di Gesù Cristo. Amen. 9

  1. DeA 107:18-19.

  2. DeA 18:10.

  3. Vedi Faith Precedes the Miracle (Salt Lake City: Deseret Book Co., 1975), pag. 178.

  4. DeA 4:3.

  5. Journal of Discourses, 20:23.

  6. Inni, no. 120.

  7. Atti 10:38.

  8. Giovanni 1:47.

  9. Matteo 25:21.