1990–1999
Apostasia e restaurazione
Aprile 1995


Apostasia e restaurazione

Lo scopo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni è aiutare tutti i figli di Dio a conoscere il loro potenziale e a realizzare il loro più alto destino.

La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha molte credenze in comune con altre chiese cristiane. Ma vi sono delle differenze, e queste differenze spiegano il motivo per cui mandiamo i nostri missionari dagli altri cristiani, perché costruiamo dei templi oltre alle chiese e perché le nostre convinzioni ci portano tanta felicità e forza nell’affrontare le difficoltà della vita e della morte. Vorrei parlare di alcune delle importanti aggiunte che le nostre dottrine fanno alla fede cristiana. Il mio argomento è: apostasia e restaurazione.

L’anno scorso gli archeologi riportarono alla luce una città fortificata nel Sinai, nelle vicinanze del Canale di Suez. Sebbene una volta fosse un importante centro, questa località era stata ricoperta dalle sabbie del deserto e la sua esistenza fu dimenticata per centinaia di anni (vedi «Remains of Roman Fortress Emerge from Sinai Desert», Deseret News, 6 ottobre 1994, pag. A20). Scoperte come questa contraddicono la diffusa ipotesi che la conoscenza cresce con il passare del tempo. In effetti, in alcuni campi, la conoscenza generale dell’umanità regredisce man mano che alcune importanti verità vengono distorte o ignorate e infine dimenticate. Per esempio, gli Indiani americani per molti aspetti avevano più successo nel vivere in armonia con la natura rispetto alla nostra società moderna. Allo stesso modo gli artisti e gli artigiani moderni non sono riusciti a riscoprire alcune tecniche e materiali di alta qualità usati nel passato, come ad esempio la vernice di un violino Stradivari.

Saremmo più saggi se potessimo ripristinare la conoscenza di alcune importanti cose che sono state distorte, ignorate o dimenticate. Questo principio si applica anche alla conoscenza religiosa e spiega la necessità della restaurazione del Vangelo che noi proclamiamo.

Quando a Joseph Smith fu chiesto di spiegare i dogmi fondamentali della nostra fede, egli scrisse quelli che oggi chiamiamo gli Articoli di fede. Il primo Articolo dichiara: «Noi crediamo in Dio, il Padre Eterno, e nel Suo Figliuolo, Gesù Cristo, e nello Spirito Santo». Il Profeta in seguito dichiarò che «i semplici e primi principi del Vangelo» comprendono il conoscere «con certezza il carattere di Dio» («Conference Minutes», Times and Seasons, 15 agosto 1844, pag. 614). Dobbiamo cominciare dalla verità riguardo a Dio e al nostro rapporto con Lui. Tutto il resto ne consegue.

In comune con il resto della Cristianità noi crediamo nella Divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tuttavia noi rendiamo testimonianza che questi tre componenti della Divinità sono tre Esseri separati e distinti. Rendiamo anche testimonianza che Dio Padre non è semplicemente uno spirito, ma una Persona glorificata con un corpo tangibile, come lo è il Suo Figliuolo risorto Gesù Cristo.

Quando da principio furono resi noti all’umanità dai profeti gli insegnamenti che oggi abbiamo nella Bibbia, essi erano chiari, puri, preziosi e facili da comprendere (vedi 1 Nefi 14:23). Anche nella versione tramandata e tradotta che abbiamo oggi, il linguaggio della Bibbia conferma che Dio Padre e il Suo Figliuolo risorto Gesù Cristo sono Esseri tangibili e separati. Per citare soltanto due di questi molti insegnamenti, la Bibbia dichiara che l’uomo fu creato a immagine di Dio e descrive i tre diversi componenti della Divinità che si manifestarono al battesimo di Gesù (vedi Genesi 1:27; Matteo 3:13-17).

Al contrario molti cristiani respingono l’idea di un Dio tangibile e personale e di una Divinità composta da tre Esseri distinti. Essi credono che Dio sia uno spirito e che la Divinità sia un Dio solo. A nostro avviso questi concetti sono una prova dell’allontanamento dalla verità che noi chiamiamo la grande apostasia.

Noi asseriamo che i concetti definiti con termini che non si trovano nelle Scritture, come «l’incomprensibile mistero di Dio» e «il mistero della Santa Trinità», sono attribuibili alle idee della filosofia greca. Questi concetti filosofici trasformarono il Cristianesimo nei primi secoli dopo la morte degli Apostoli. Per esempio, i filosofi allora asserivano che la materia fisica era malvagia e che Dio ero uno spirito privo di sentimenti e passioni. Le persone animate da queste convinzioni, compresi uomini dotti che diventarono influenti convertiti nella Cristianità, trovarono difficile accettare i semplici insegnamenti del primo Cristianesimo: un Figlio Unigenito che diceva di essere a espressa immagine di Suo Padre in cielo, che insegnava ai Suoi seguaci ad essere uno, come Egli e Suo Padre erano uno, e un Messia che morì sulla croce e in seguito apparve ai Suoi seguaci come essere risorto di carne ed ossa.

La collisione tra il mondo speculativo della filosofia greca e le semplici e letterali fede e pratica dei primi cristiani produsse aspre contese che minacciavano di allargare le divisioni politiche dell’Impero Romano in dissoluzione. Questo stato di cose indusse l’imperatore Costantino a convocare nel 325 della nostra èra il primo concilio universale della chiesa. Le decisioni prese da questo concilio di Nicea rimangono l’avvenimento più importante dopo la morte degli Apostoli nel formulare il moderno concetto cristiano di Divinità. Il Credo di Nicea cancellò l’idea che il Padre e il Figlio erano Esseri separati, definendo Dio Figlio come «una sostanza con il Padre».

Seguirono altri concili, e dalle loro decisioni e dagli scritti degli uomini di chiesa e dei filosofi scaturì una sintesi di filosofia greca e dottrina cristiana, nell’ambito della quale i fedeli cristiani di quel tempo persero la pienezza della verità riguardo alla natura di Dio e alla Divinità. Le conseguenze persistono nei vari credi del Cristianesimo, che proclamano una Divinità composta soltanto da un Essere e che descrivono questo unico Essere, o Dio, come «incomprensibile» e «senza corpo, parti e passioni». Uno degli aspetti più distintivi della dottrina della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni è il suo rifiuto di tutti questi credi postbiblici (vedi Stephen E. Robinson, Are Mormons Christians? [Salt Lake City: Bookcraft, 1991]; Encyclopedia of Mormonism, a cura di Daniel H. Ludlow, 4 voll., New York: Macmillan Publishing Co., 1992, alle voci «Apostasy», «doctrine», «God the Father» e «Godhead»).

Durante il corso di quella che chiamiamo apostasia il Dio tangibile e personale descritto nell’Antico e nel Nuovo Testamento fu sostituito da una astratta, incomprensibile divinità definita mediante un compromesso con i principi teorici della filosofia greca. Il linguaggio ricevuto dalla Bibbia rimase, ma i cosiddetti «significati nascosti» delle parole delle Scritture venivano ora spiegati col vocabolario di una filosofia estranea alle loro origini. Nella lingua di questa filosofia, Dio Padre cessò di essere un Padre se non in senso allegorico. Egli cessò di esistere come essere comprensibile e compassionevole. E l’identità separata del Suo Unigenito Figliuolo fu inghiottita nell’astrazione filosofica che si sforzava di definire una sostanza comune e un rapporto incomprensibile.

Queste descrizioni di una filosofia religiosa sono sicuramente poco diplomatiche, ma mi affretto ad aggiungere che i Santi degli Ultimi Giorni non rivolgono tale critica agli uomini e alle donne che professano queste credenze. Noi crediamo che la maggior parte dei capi religiosi e dei loro fedeli siano sinceri credenti che amano Dio e Lo conoscono e Lo servono al meglio delle loro capacità. Noi abbiamo un debito verso gli uomini e le donne che mantennero accesa la luce della fede e della conoscenza nel corso dei secoli fino ad arrivare al tempo presente. Basta confrontare la minor luce che esiste tra le persone poco familiari con il nome di Dio e di Gesù Cristo per renderci conto del grande contributo dato dagli insegnanti cristiani durante le epoche. Noi li onoriamo come servi di Dio.

Poi venne la Prima Visione. Un ragazzo poco istruito, che cercava la conoscenza dalla fonte suprema, vide due Personaggi di indescrivibile splendore e gloria e udì uno di loro dire indicando l’altro: «Questo è il mio Beneamato Figliuolo. Ascoltalo!» (Joseph Smith 2:17). Gli insegnamenti divini impartiti in quella visione dettero inizio alla restaurazione della pienezza del vangelo di Gesù Cristo. Dio il Figlio disse al profeta fanciullo che tutti i «credi» delle chiese di quel tempo erano «un’abominazione ai Suoi occhi» (v. 19). Noi affermiamo che questa dichiarazione divina fu una condanna di quei credi, non dei fedeli che credevano in essi. La Prima Visione di Joseph Smith dimostrò che i concetti esistenti riguardo alla natura di Dio e della Divinità erano falsi e non potevano condurre i loro adepti al destino che Dio desiderava per loro. Dopo la successiva mole di Scritture e rivelazioni moderne, questo moderno profeta dichiarò: «Il Padre ha un corpo di carne ed ossa, altrettanto tangibile quanto quello dell’uomo; il Figlio pure; ma lo Spirito Santo non ha un corpo di carne ed ossa ma è un personaggio di Spirito» (DeA 130:22).

Questa convinzione non significa che asseriamo di possedere una sufficiente maturità spirituale per comprendere Dio. Né che paragoniamo i nostri corpi mortali e imperfetti al Suo essere immortale e glorificato. Ma possiamo comprendere i principi fondamentali che Egli ha rivelato riguardo a Sé e agli altri componenti della Divinità. E questa conoscenza è indispensabile per comprendere lo scopo della vita terrena e del nostro eterno destino come esseri risorti dopo questa vita sulla terra.

Nella teologia della chiesa restaurata di Gesù Cristo lo scopo di questa vita terrena è quello di prepararci a realizzare il nostro destino di figli e figlie di Dio: cioè diventare come Lui. Sia Joseph Smith che Brigham Young insegnarono che «nessun uomo può conoscere se stesso se non conosce Dio, e non conosce Dio se non conosce se stesso» (Journal of Discourses, 16:75; vedi anche The Words of Joseph Smith, a cura di Andrew F. Ehat e Lyndon W. Cook, Provo: Religious Studies Center, Brigham Young University, 1980, pag. 340). La Bibbia definisce gli uomini «figliuoli di Dio» e «eredi di Dio e coeredi di Cristo» (Romani 8:16-17). Dichiara inoltre che noi «soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con lui» (Romani 8:17) e che «quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui» (1 Giovanni 3:2).

Noi prendiamo alla lettera questi insegnamenti della Bibbia. Crediamo che lo scopo della vita terrena è quello di acquisire un corpo fisico e, tramite l’espiazione di Gesù Cristo e l’obbedienza alle leggi e alle ordinanze del Vangelo, di potervi qualificare per quella condizione gloriosa, risorta e celeste, che è chiamata esaltazione o vita eterna.

Come gli altri cristiani, noi crediamo in un cielo o paradiso e in un inferno dopo la vita terrena, ma per noi questa divisione in due campi dei giusti e dei malvagi è soltanto provvisoria, mentre gli spiriti dei morti attendono la risurrezione e il giudizio finale. Le destinazioni che seguiranno al giudizio finale sono molto più diversificate. La nostra conoscenza restaurata della separazione fra i tre componenti della Divinità fornisce la chiave che ci aiuta a comprendere le diversità della gloria nella risurrezione.

Nel giudizio finale i figli di Dio saranno assegnati al regno di gloria per il quale la loro obbedienza li avrà preparati. Nelle sue lettere ai Corinzi l’Apostolo Paolo descrisse questi luoghi. Egli parlò di una visione nella quale era stato «rapito fino al terzo cielo» e aveva udito «parole ineffabili che non è lecito all’uomo di proferire» (2 Corinzi 12:2-4). Parlando della risurrezione dei morti egli descrive «corpi celesti», «corpi terrestri» (1 Corinzi 15:40) e «corpi telesti» (1 Corinzi 15:40, Traduzione di Joseph Smith), ognuno appartenente a un diverso grado di gloria. Egli paragona queste diverse glorie al sole, alla luna e alle varie stelle (vedi 1 Corinzi 15:41).

Dalle rivelazioni moderne apprendiamo che questi diversi gradi di gloria hanno un rapporto particolare con i tre diversi componenti della Divinità.

Il grado più basso è il dominio teleste di coloro che «non accettarono il Vangelo, né la testimonianza di Gesù, né i profeti» (DeA 76:101) e che hanno dovuto soffrire per la loro malvagità. Ma anche questo grado ha una gloria «che sorpassa ogni intendimento» (DeA 76:89). Coloro che stanno in questo regno ricevono il Santo Spirito e il ministero degli angeli, poiché anche coloro che sono stati malvagi saranno infine eredi di questo grado di salvezza (vedi DeA 76:88).

Il successivo e superiore grado di gloria, quello terrestre, «sorpassa in ogni cosa la gloria del teleste, in gloria, in potenza, in forza e in dominio» (DeA 76:91). Il grado terrestre è la dimora di coloro che furono «gli uomini onorevoli della terra» (DeA 76:75). L’aspetto che meglio lo distingue è che coloro che si qualificano per la gloria celeste «ricevono la presenza del Figliuolo» (v. 77). Mediante concetti familiari a tutti i Cristiani si può paragonare questo regno più alto al cielo, perché in esso si ha la presenza del Figlio.

In contrasto con il Cristianesimo tradizionale, noi ci uniamo a Paolo nell’affermare l’esistenza di un terzo e più alto regno. Le rivelazioni moderne lo descrivono come il regno celeste, la dimora di «coloro i cui corpi sono celesti, la cui gloria è quella del sole, cioè la gloria di Dio» (DeA 76:70). Coloro che si qualificano per questo regno di gloria «dimoreranno nella presenza di Dio e del Suo Cristo per tutta l’eternità» (DeA 76:62). Coloro che hanno soddisfatto i più alti requisiti di questo regno, compresa la fedeltà alle alleanze fatte in un tempio di Dio e il matrimonio per l’eternità, saranno elevati alla statura divina, a cui ci si riferisce come alla «pienezza del Padre o vita eterna» (DeA 76:56, 94; vedi anche DeA 131; 132:19-20). (Questo destino di vita eterna o di vita di Dio dovrebbe essere familiare a tutti coloro che hanno studiato l’antica dottrina cristiana della fede nella deificazione o apoteosi). Per noi la vita eterna non è una unione mistica con un dio-spirito incomprensibile. La vita eterna è la vita in una famiglia con il nostro affettuoso Padre in cielo, con i nostri progenitori e i nostri posteri.

La teologia del vangelo restaurato di Gesù Cristo è completa, universale, misericordiosa e vera. Dopo le necessarie esperienze della vita terrena, tutti i figli e le figlie di Dio infine risorgeranno ed entreranno in un regno di gloria. I giusti – a prescindere dall’attuale confessione o credenza religiosa – andranno infine in un regno di gloria più splendido di quanto possiamo mai immaginare. Anche i malvagi, o quasi tutti, infine andranno in un regno di gloria meraviglioso anche se inferiore. Tutto questo avverrà grazie all’amore di Dio per i Suoi figli e grazie all’espiazione e alla resurrezione di Gesù Cristo «che glorifica il Padre e salva tutte le opere delle Sue mani» (DeA 76:43).

Lo scopo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni è aiutare tutti i figli di Dio a conoscere il loro potenziale e realizzare il loro più alto destino. Questa chiesa esiste per offrire ai figli e alle figlie di Dio i mezzi per accedere al regno celeste e godere lassù della loro esaltazione. Questa è una chiesa che si basa sulla famiglia per dottrina e per pratica. La nostra conoscenza della natura e dello scopo di Dio Padre Eterno spiega il nostro destino e il nostro rapporto con la Sua famiglia eterna. La nostra teologia comincia da genitori celesti. La nostra più alta aspirazione è essere come Loro. Nel misericordioso piano del Padre questo è possibile grazie all’espiazione dell’Unigenito Figliuolo del Padre, nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Come genitori terreni noi partecipiamo al piano del Vangelo fornendo corpi mortali ai figli di spirito di Dio. La pienezza della salvezza eterna è una questione di famiglia.

È la realtà di queste possibilità che ci spinge a proclamare il nostro messaggio del Cristianesimo restaurato a tutte le persone, anche ai buoni cristiani praticanti di altre confessioni. Questo è il motivo per cui costruiamo i templi. Questa è la fede che ci dà la forza e la gioia di affrontare le difficoltà della vita terrena. Noi offriamo queste verità e possibilità a tutte le persone e portiamo testimonianza della loro veridicità, nel nome di Gesù Cristo. Amen. 9