2000–2009
D’un grande dì è l’albeggiar
Aprile 2004


D’un grande dì è l’albeggiar

È stata, ed è, una stagione gloriosa. È giunto un nuovo giorno nell’opera dell’Onnipotente.

Non è stato assolutamente magnifico? Grazie a Liriel Domiciano e al coro. Che grande dichiarazione di fede: «Io so che vive il Redentor». Grazie ancora per questa musica commovente e stupenda.

Desidero dire a tutta la Chiesa e agli altri, grazie per la gentilezza che dimostrate a me e a sorella Hinckley. Siete molto cortesi e generosi. Ci commuove tutto ciò che fate per noi. Se tutto il mondo venisse trattato come lo siamo noi, sarebbe un mondo diverso. Ci prenderemmo cura gli uni degli altri nello Spirito del Maestro, che dava conforto e guarigione.

Fratelli e sorelle, il presidente Packer vi ha parlato come un nonno. Io vorrei approfondire uno dei temi che egli ha trattato. Anch’io sono un uomo anziano, anche più di lui, ci credete? Sono qui da molto tempo, ho viaggiato molto e visitato gran parte di questo mondo. Nei momenti di tranquilla riflessione, mi chiedo perché c’è tanto dolore e tanta sofferenza quasi ovunque. Questi tempi sono difficili. Spesso vengono citate le parole di Paolo a Timoteo: «Or sappi questo, che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili» (2 Timoteo 3:1). Poi descrive le difficili condizioni che prevarranno. Credo che sia evidente che questi ultimi giorni siano veramente difficili e rispecchino le condizioni descritte da Paolo (vedere 2 Timoteo 3:2–7).

Le difficoltà non sono una condizione nuova per la famiglia umana. L’Apocalisse ci dice che «vi fu una battaglia in cielo: Michele e i suoi angeli combatterono col dragone, e il dragone e i suoi angeli combatterono,

ma non vinsero, e il luogo loro non fu più trovato nel cielo.

E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furon gettati gli angeli suoi» (Apocalisse 12:7–9).

Quelli devono essere stati tempi molto difficili. L’Onnipotente stesso era contrastato dal figlio del mattino. Noi eravamo presenti quando accadde. Deve essere stata una lotta disperatamente difficile, con una grande vittoria trionfante.

Riguardo a quei momenti di disperazione, il Signore parlò a Giobbe dal seno della tempesta e disse:

«Dov’eri tu quand’io fondavo la terra?…

quando le stelle del mattino cantavan tutte assieme e tutti i figli di Dio davan in gridi di giubilo?» (Giobbe 38:4, 7).

Perché allora eravamo felici? Io penso perché il bene trionfò sul male e l’intera famiglia umana era dalla parte del Signore. Voltammo la schiena all’avversario e ci alleammo alle forze di Dio, forze che furono vittoriose.

Avendo preso quella decisione, perché dobbiamo ripeterla continuamente dopo la nostra nascita sulla terra?

Non riesco a capire perché così tante persone abbiano tradito, in questa vita, la decisione che una volta presero quando vi fu la grande guerra in cielo.

Ma è ovvio che il conflitto tra bene e male, che iniziò con quella guerra, non è mai terminato. È continuato fino al giorno d’oggi.

Credo che nostro Padre pianga per i Suoi numerosi figli che, nel corso delle epoche, hanno esercitato il libero arbitrio che Egli ha dato loro e hanno scelto di seguire le vie del male invece che del bene.

Il male si è manifestato presto in questo mondo, quando Caino uccise Abele. Aumentò fino ai giorni di Noè, quando «l’Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e che tutti i disegni dei pensieri del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo.

E l’Eterno si pentì d’aver fatto l’uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo» (Genesi 6:5–6).

Egli comandò a Noè di costruire un’arca «nella quale poche anime, cioè otto, furon salvate» (1 Pietro 3:20).

La terra fu purificata. Le acque si ritirarono. La rettitudine fu di nuovo stabilita. Ma non passò molto tempo prima che una gran parte della famiglia umana tornasse sulle vecchie strade della disobbedienza. Gli abitanti delle città di Sodoma e Gomorra sono esempi della depravazione in cui sprofondarono gli uomini. E «Iddio distrusse [completamente] le città delle pianure» causando infine la desolazione (Genesi 19:29).

Isaia rimproverò:

«Son le vostre iniquità quelle che han posto una barriera fra voi e il vostro Dio; sono i vostri peccati quelli che han fatto sì ch’egli nasconda la sua faccia da voi, per non darvi più ascolto.

Poiché le vostre mani son contaminate dal sangue, e le vostre dita dalla iniquità; le vostre labbra proferiscono menzogna, la vostra lingua sussurra perversità» (Isaia 59:2–3).

Fu così per gli altri profeti dell’Antico Testamento. Il peso del loro messaggio fu una denuncia della malvagità. Il pericolo che esisteva a quei tempi non era specifico del Vecchio Mondo. Il Libro di Mormon documenta che nell’emisfero occidentale gli eserciti dei Giarediti si distrussero totalmente a vicenda. Anche i Nefiti e i Lamaniti lottarono fino a quando migliaia di loro perirono e Moroni fu costretto a vagare da solo per non mettere in pericolo la sua vita (vedere Moroni 1:3). La sua grandiosa supplica finale, rivolta a coloro che vivono ai nostri giorni, fu un appello alla rettitudine:

«E vorrei ancora esortarvi a venire a Cristo, a tenervi stretti a ogni buon dono, e a non toccare i doni malvagi, né le cose impure» (Moroni 10:30).

Quando il Salvatore era sulla terra «è andato attorno facendo del bene» (Atti 10:38), ma ha anche denunciato l’ipocrisia di scribi e Farisei, riferendosi a loro come a dei «sepolcri imbiancati» (vedere Matteo 23:27). Egli sgridò i cambiavalute nel tempio dicendo: «La mia casa sarà una casa d’orazione, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladroni» (Luca 19:46). Anche quello era un periodo molto difficile. La Palestina faceva parte dell’Impero Romano che, nel governare, era duro, oppressivo e malvagio.

La lettera di Paolo chiedeva ai seguaci di Cristo di farsi forza, affinché non seguissero le vie del male. Ma alla fine prevalse uno spirito di apostasia.

L’ignoranza e il male avvolsero la terra, e seguirono i secoli bui. Isaia aveva predetto: «Le tenebre coprono la terra, e una fitta oscurità avvolge i popoli» (Isaia 60:2). Per secoli le malattie imperversarono e la povertà regnò. La peste bubbonica uccise cinquanta milioni di persone durante il 14mo secolo. Non fu forse un’epoca di terribili difficoltà? Mi chiedo come l’umanità sia sopravvissuta.

Ma in qualche modo, in quel lungo periodo di tenebre, fu accesa una luce. Il periodo del Rinascimento portò a un risveglio della cultura, dell’arte e della scienza. Ci fu un movimento di uomini e donne coraggiosi che si rivolsero al cielo con gratitudine verso Dio e il Suo divino Figlio. Stiamo parlando della Riforma protestante.

Poi, dopo che diverse generazioni erano vissute sulla terra—molte delle quali in conflitto, odio, oscurità e malvagità—giunse il grandioso e nuovo giorno della Restaurazione. Questo vangelo glorioso fu introdotto dall’apparizione del Padre e del Figlio al giovane Joseph Smith. Sorse così nel mondo l’alba della dispensazione della pienezza dei tempi. Tutto ciò che vi fu di buono, bello e divino nelle dispensazioni precedenti fu restaurato in questo periodo straordinario.

Ma lo stesso fu per il male. Una manifestazione del male fu la persecuzione. Fu l’odio. Vi furono persone scacciate e costrette a viaggiare anche d’inverno.

Fu come la descrizione che fece Charles Dickens nelle prime righe del suo libro La storia di due città: «Era il momento migliore, era il momento peggiore… era la stagione della Luce, era la stagione delle Tenebre, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione».

Nonostante il grande male presente in questi giorni, è stata, ed è, una stagione gloriosa. È giunto un nuovo giorno nell’opera dell’Onnipotente. Il lavoro è cresciuto, si è rafforzato e si è sparso su tutta la terra. Ha toccato in modo positivo la vita di milioni di persone, e questo è solo l’inizio.

Questo albeggiare ha portato anche un’ondata di conoscenza secolare sulla terra.

Pensate alla maggior longevità delle persone. Pensate ai prodigi della medicina moderna. Rimango attonito. Pensate alla diffusione dell’istruzione. Pensate ai miracoli compiuti nei trasporti e nelle comunicazioni. Le capacità dell’uomo sembrano non aver limiti quando l’Iddio dei cieli ispira e riversa luce e conoscenza.

Vi sono ancora molti conflitti nel mondo. Ci sono terribili povertà, malattie e odio. L’uomo è ancora brutale nel modo inumano di trattare gli altri. Eppure questa è un’alba gloriosa. Il «Sole della giustizia» si è levato «con la guarigione nelle Sue ali» (Malachia 4:2). Dio e il Suo Figlio Diletto si sono rivelati. Li conosciamo. Li adoriamo «in ispirito e verità» (Giovanni 4:24). Li amiamo. Li onoriamo e cerchiamo di fare la Loro volontà.

Le chiavi del sacerdozio eterno hanno riaperto le porte delle prigioni del passato.

«Le ombre fuggon, sorge il sol,

ed il vessil di Sion appar!

Di gloria pien risplende il ciel,

d’un grande dì è l’albeggiar. («Le ombre fuggon, sorge il sol» Inni, no. 1)

Tempi difficili? Sì. Questi sono tempi difficili, ma la razza umana ha sempre vissuto in tempi difficili, ancor prima della creazione della terra. Comunque, malgrado l’oscurità, c’è stata una debole, ma bellissima luce. Ed ora con maggior lustro essa risplende sul mondo. Porta con sé il piano di felicità del Padre per i Suoi figli. Porta con sé le grandi e incomprensibili meraviglie dell’espiazione del Redentore.

Siamo molto grati all’Iddio dei cieli per le Sue benevoli cure verso i Suoi figli per fornire loro, attraverso tutti i pericoli dell’eternità, la possibilità di avere la salvezza e la benedizione di avere l’esaltazione nel Suo regno, se solo vivranno rettamente.

Questo, miei fratelli e sorelle, pone su di noi una grande responsabilità. Il presidente Wilford Woodruff disse nel 1894:

«L’Onnipotente è con questo popolo. Avremo le rivelazioni cui abbiamo bisogno se faremo il nostro dovere e obbediremo ai comandamenti di Dio… Finché vivo… voglio fare il mio dovere. Voglio che i Santi degli Ultimi Giorni facciano il loro dovere. C’è il Santo Sacerdozio… La loro responsabilità è grande e possente. Gli occhi dell’Eterno e di tutti i santi profeti sono su di noi. Questa è la grande dispensazione di cui si è parlato sin da prima dell’inizio del mondo. Siamo riuniti insieme… dal potere e dai comandamenti di Dio. Stiamo compiendo l’opera di Dio… Adempiamo la nostra missione» (in James R. Clark, comp., Messages of the First Presidency of The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints, 6 vll. [1965–1975], 3:258).

Questa è la nostra grande e impegnativa sfida, fratelli e sorelle. È la decisione che dobbiamo prendere costantemente, come hanno fatto le generazioni che ci hanno preceduto. Dobbiamo chiederci:

«Chi sta con il Signor?

È tempo di saper.

Chiediam senza timor:

‹Chi sta con il Signor?›»

(«Chi sta con il Signor?», Inni, no. 165)

Comprendiamo veramente, capiamo il grandissimo significato di ciò che abbiamo? Questo è il risultato finale delle generazioni degli uomini, il capitolo conclusivo dell’esperienza umana.

Ma questo non ci pone in una posizione di superiorità, anzi, dovrebbe renderci umili. Pone su di noi la responsabilità imperdonabile di occuparci degli altri nello Spirito del Maestro che insegnò: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Matteo 19:19). Dobbiamo liberarci dell’ipocrisia ed essere al di sopra del meschino interesse personale.

Dobbiamo fare tutto ciò che è necessario per far avanzare l’opera del Signore di edificare il Suo regno sulla terra. Non possiamo venire a un compromesso con la dottrina che è giunta per rivelazione, ma possiamo vivere e lavorare con gli altri, rispettare le loro credenze, ammirare le loro virtù, unire le nostre mani per opporci alla falsità, alle contese, all’odio: quelle cose che sono state un pericolo per l’uomo sin dal principio.

Senza trascurare alcun elemento della nostra dottrina, possiamo essere vicini buoni, utili, gentili e generosi.

Noi, di questa generazione, siamo il raccolto finale di tutto ciò che ci ha preceduto. Non basta essere semplicemente conosciuti come membri di questa chiesa. Su di noi c’è una solenne responsabilità. Accettiamola e facciamo la nostra parte.

Dobbiamo vivere come veri seguaci di Cristo, con carità verso tutti, restituendo il bene per il male, insegnando con l’esempio le vie del Signore e compiendo il vasto servizio che Egli ha preparato per noi.

Possiamo noi essere degni del glorioso dono di luce, comprensione e verità eterna che ci è pervenuto tra tutte le difficoltà del passato. In qualche modo, tra tutti coloro che hanno solcato questa terra, noi siamo venuti in questa epoca unica e straordinaria. Siate grati, e soprattutto siate fedeli. Questa è la mia umile preghiera, e porto testimonianza della veridicità di questa opera, nel sacro nome di Gesù Cristo. Amen.