2000–2009
La pornografia
Aprile 2005


La pornografia

Miglioriamo il nostro comportamento personale, raddoppiamo gli sforzi per proteggere coloro che amiamo e la società dall’assalto furioso della pornografia.

La scorsa estate io e mia moglie siamo rincasati dopo due anni nelle Filippine. Siamo stati felici di servire in quel paese, ma anche di tornare a casa. Dopo un periodo di lontananza, vediamo l’ambiente circostante sotto una nuova luce, apprezzandolo di più e, talora, notando subito particolari problemi.

Abbiamo ravvisato i danni che la pornografia ha fatto negli Stati Uniti durante la nostra assenza. Da molti anni i dirigenti della Chiesa ci hanno messo in guardia contro il pericolo insito nelle immagini e parole atte a suscitare desideri sessuali. Ora l’influenza corruttrice della pornografia, prodotta e disseminata a scopo commerciale, sta imperversando sulla nostra società come una valanga devastatrice.

Nell’ultima conferenza, il presidente Gordon B. Hinckley ha dedicato un intero discorso a questo argomento, avvertendoci in maniera inequivocabile che «[è] un gravissimo problema anche tra noi» («Il male tragico in mezzo a noi», Liahona, novembre 2004, 61). La maggior parte dei vescovi che incontriamo alle conferenze di palo riferisce di essere profondamente toccata dal problema.

Oggi desidero parlare della pornografia a tutti voi, miei cari detentori del Sacerdozio di Melchisedec e giovani. So che molti di voi sono venuti in contatto con essa e tanti ne sono stati macchiati.

Nell’incentrare il discorso su questo argomento, mi sento come il profeta Giacobbe, che disse agli uomini del suo tempo che lo affliggeva il dover usare un linguaggio tanto ardito dinanzi alle mogli e ai figli. Nonostante la difficoltà del compito, spiegò di dover parlare agli uomini di questo soggetto perché Dio glielo aveva comandato (vedere Giacobbe 2:7–11). Anch’io sono mosso dallo stesso motivo.

Nel secondo capitolo del libro che porta il suo nome, Giacobbe condannò gli uomini per le «prostituzioni» (versetti 23, 28). Egli disse loro che avevano «spezzato il cuore delle [loro] tenere mogli, e ave[vano] perduto la fiducia dei [loro] figlioli, a causa del [loro] cattivo esempio davanti a loro» (versetto 35).

Che cosa erano queste disgustosamente malvagie «prostituzioni»? Non c’è dubbio che alcuni uomini fossero già colpevoli di atti depravati, ma il punto principale del sermone di Giacobbe non erano le perversioni compiute, bensì quelle contemplate.

Giacobbe iniziò il sermone dicendo agli uomini che «[sino ad allora erano] stati obbedienti alla parola del Signore» (Giacobbe 2:4). Affermò poi di conoscere i loro pensieri e che stavano «cominciando a operare nel peccato, peccato che… appare assai abominevole… a Dio» (versetto 5). «Io de[vo] testimoniarvi riguardo alla malvagità del vostro cuore» (versetto 6), aggiunse. Giacobbe stava parlando come Gesù quando dichiarò: «Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per appetirla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Matteo 5:28; vedere anche 3 Nefi 12:28; DeA 59:6; 63:16).

Più di trent’anni fa, parlando agli studenti della BYU su ciò che leggevano e guardavano, li esortai a evitare la dilagante «letteratura che promuove i rapporti sessuali illeciti». Feci quest’analogia:

«Le storie e le immagini pornografiche o erotiche sono peggiori del cibo ripugnante e contaminato. Il corpo ha delle difese per liberarsi dal cibo insalubre. A parte poche eccezioni mortali, il cibo cattivo vi farà solo stare male, ma non provocherà danni permanenti. In contrasto, una persona che si diletta di storie oscene, d’immagini e letteratura pornografiche o erotiche le registra in quel meraviglioso sistema d’archivio chiamato cervello. Il cervello non vomita il sudiciume. Una volta registrato, può sempre essere richiamato, facendo balenare in mente le sue immagini perverse e distogliendovi da ciò che nella vita è sano».1

Ora, fratelli, vi devo dire che i nostri vescovi e i counselor professionisti hanno notato un numero crescente di uomini coinvolti nella pornografia e molti sono membri attivi nella Chiesa. Alcuni di loro minimizzano in apparenza la gravità del fatto e continuano a esercitare il sacerdozio di Dio perché pensano che nessuno conosca il loro coinvolgimento, ma loro stessi ne sono consapevoli, fratelli, come pure il Signore.

Alcuni hanno suggerito che la gravità della pornografia si potrebbe solo evidenziare mediante una domanda apposita nell’intervista per la raccomandazione del tempio. Già c’è. Almeno cinque domande dovrebbero strappare una confessione e favorire la discussione su questo argomento, se l’intervistato avesse la sensibilità spirituale e l’onestà che ci si aspetta da coloro che adorano nella casa del Signore.

Alcuni degli insegnamenti del Maestro più memorabili si applicano agli uomini che guardano in segreto materiale pornografico:

«Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché nettate il di fuori del calice e del piatto, mentre dentro son pieni di rapina e d’intemperanza.

Fariseo cieco, netta prima il di dentro del calice e del piatto, affinché anche il di fuori diventi netto» (Matteo 23:25–26; vedere anche Alma 60:23).

Il Salvatore prosegue nella Sua denuncia di coloro che si curano di ciò che è esteriore, ma trascurano di ripulire l’uomo interiore:

«Siete simili a sepolcri imbiancati, che appaion belli di fuori, ma dentro son pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia.

Così anche voi, di fuori apparite giusti alla gente; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità» (Matteo 23:27–28).

Le conseguenze spirituali immediate di tale ipocrisia sono devastanti. Chi cerca e fa uso di materiale immorale perde il potere del sacerdozio. Il Signore dichiara: «Quando cominciamo a coprire i nostri peccati… ecco, i cieli si ritirano, lo Spirito del Signore è afflitto; e quando si è ritirato, amen al sacerdozio, ossia all’autorità di quell’uomo» (DeA 121:37).

Gli abitudinari della pornografia perdono anche la compagnia dello Spirito. Questo demone produce fantasie che distruggono la spiritualità, «perché ciò a cui la carne ha l’animo è morte», morte spirituale (Romani 8:6; vedere anche 2 Nefi 9:39).

Le Scritture ci insegnano ripetutamente che lo Spirito del Signore non dimora in tabernacoli impuri. La promessa che riceviamo quando prendiamo degnamente il sacramento è che «av[remo] sempre con [noi] il suo Spirito». Per qualificarci per detta promessa stringiamo alleanza che ci «ricord[eremo] sempre di lui» (DeA 20:77). Coloro che cercano e usano materiale pornografico per eccitarsi sessualmente violano quest’alleanza, come ovvio, e infrangono, inoltre, la sacra alleanza di astenersi dalle pratiche profane e impure; non possono avere lo Spirito del Signore e hanno bisogno di ascoltare la supplica dell’apostolo Pietro: «Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore» (Atti 8:22).

Avrete notato, fratelli, che non sto parlando degli effetti della pornografia sulla salute mentale o sul comportamento criminale, ma delle conseguenze sulla spiritualità, ossia l’idoneità ad avere la compagnia dello Spirito del Signore, la possibilità di esercitare il potere del sacerdozio.

La pornografia infligge anche ferite mortali alle nostre più preziose relazioni personali. Lo scorso ottobre, nel suo discorso rivolto agli uomini del sacerdozio, il presidente Hinckley ha citato una lettera di una donna che gli ha chiesto di ammonire i santi che la pornografia «ha l’effetto di danneggiare il cuore e l’anima sin nel profondo, distruggendo i rapporti» (Liahona, novembre 2004, 60).

Ad una recente conferenza di palo, una donna mi ha consegnato una lettera simile. Per molti anni suo marito aveva avuto chiamate importanti nella Chiesa, benché fosse schiavo della pornografia. Raccontava la gran difficoltà incontrata nel far sì che i dirigenti del sacerdozio prendessero sul serio il problema della pornografia: «Mi hanno detto di tutto, come, ad esempio, che stavo reagendo in modo eccessivo o che era colpa mia. Il vescovo attuale è stato bravissimo. Dopo quindici anni, mio marito sta cercando di affrontare la sua dipendenza, ma ora per lui è quindici anni più difficile smettere e il danno è stato incalcolabile».

La pornografia indebolisce la capacità di avere un rapporto normale, romantico e spirituale con una persona del sesso opposto. Erode le barriere morali che si ergono contro il comportamento inadeguato, anormale o illegale. Quando la coscienza è desensibilizzata, i clienti della pornografia sono portati a fare ciò che hanno visto, a prescindere dagli effetti sulla vita loro e altrui.

La pornografia crea anche dipendenza. Infiacchisce la capacità decisionale e adesca coloro che la usano, che sono portati a cercarla ossessivamente sempre più. Un uomo che era dedito alla pornografia e alle droghe pesanti mi ha scritto questo paragone: «Secondo me la cocaina non è nulla rispetto a questo male. Io sono rimasto invischiato con entrambe… Smettere con le droghe anche peggiori è stato nulla rispetto al [cercare di abbandonare la pornografia]» (lettera datata 20 marzo 2005).

Alcuni cercano di giustificare il proprio vizio asserendo di guardare materiale «soft» e non «eccessivamente spinto». Un vescovo saggio ha descritto questa tendenza come rifiutarsi di considerare il male come male. Ha raccontato di uomini che cercano di legittimare le proprie scelte riguardo ai programmi o al materiale guardato con espressioni del tipo: «non è poi così male», «c’è una sola brutta scena». Il male, però, non si misura secondo il grado, ma gli effetti: quando le persone lasciano che i pensieri impuri permangano sino a che lo Spirito si ritira, la protezione divina è persa ed essi sono soggetti al potere e alla guida del malvagio. Quando si servono di Internet o di altro materiale pornografico per quello che il menzionato vescovo ha descritto «eccitazione a comando» (lettera datata 13 marzo 2005), sono profondamente insudiciati dal peccato.

Il grande sermone di re Beniamino ne descrive le conseguenze terribili: se ci ritraiamo dallo Spirito del Signore, diventiamo nemici della giustizia, abbiamo un vivido senso della nostra colpa e «rifuggi[amo] dalla presenza del Signore» (vedere Mosia 2:36–38). Egli conclude: «La misericordia non ha alcun potere su quell’uomo; perciò il suo infelice destino finale è di sopportare un tormento senza fine» (versetto 39).

Ricordiamo l’esempio tragico di re Davide che, benché fosse un gigante spirituale in Israele, si diede modo di guardare qualcosa che non avrebbe dovuto vedere (vedere 2 Samuele 11). Tentato da ciò che vide, violò due dei Dieci Comandamenti, cominciando con «Non commettere adulterio» (Esodo 20:14). In questo modo un re profeta cadde dalla sua esaltazione (vedere DeA 132:39).

Ma la buona notizia è che nessuno è costretto a continuare la tragica discesa fino al tormento infinito, ma chi si trova su questa tremenda scala mobile ha la chiave per invertire la direzione di marcia. Si può sfuggire. Tramite il pentimento, ci si può purificare.

Alma il Giovane lo descrive così:

«Sì, ricordavo tutti i miei peccati e tutte le mie iniquità, per le quali ero tormentato dalle pene dell’inferno…

Il solo pensiero di venire alla presenza del mio Dio angosciava la mia anima con un orrore inesprimibile…

E avvenne che mentre ero così angosciato dal tormento, mentre ero straziato dal ricordo dei miei molti peccati, ecco mi ricordai pure di aver udito mio padre profetizzare al popolo riguardo alla venuta di un certo Gesù Cristo, un Figlio di Dio, per espiare i peccati del mondo.

Ora, mentre la mia mente si soffermava su questo pensiero, gridai nel mio cuore: O Gesù, tu, Figlio di Dio, abbi misericordia di me che sono nel fiele dell’amarezza e sono circondato dalle catene eterne della morte.

Ed ora, ecco, quando pensai questo, non potei più ricordare le mie pene; sì, non fui più straziato dal ricordo dei miei peccati.

Ed, oh! quale gioia e quale luce meravigliosa vidi; sì, la mia anima fu riempita da una gioia tanto grande quanto era stata la mia pena!» (Alma 36:13–14, 17–20).

Miei fratelli che siete tormentati da questa schiavitù o da questa tentazione, c’è una via d’uscita.

Primo, riconoscere il male. Non difendetelo né cercate di giustificarvi. Da almeno venticinque anni i dirigenti hanno esortato gli uomini, le donne e i bambini a evitare questo male.2 Le riviste della Chiesa attuali sono piene di avvertimenti, informazioni e aiuti riguardo a questo argomento: quest’anno e l’anno scorso sono stati o saranno pubblicati più di venti articoli.3

Secondo, cercate l’aiuto del Signore e dei Suoi servitori. Ascoltate e applicate le parole del presidente Hinckley:

«Supplic[ate] il Signore con tutta la [vostra] anima, affinché l’Onnipotente rimuova da [voi] la dipendenza che [vi] tiene schiav[i]. Poss[iate], inoltre, avere il coraggio di cercare la guida amorevole del vescovo e, se necessario, il consiglio di professionisti premurosi» (Liahona, novembre 2004, 62).

Terzo, fate tutto il possibile per evitare la pornografia. Se vi capiterà mai di essere esposti a materiale pornografico, cosa che nel mondo in cui viviamo può capitare a chiunque, seguite l’esempio di Giuseppe d’Egitto: quando la tentazione lo afferrò, egli si divincolò e «fuggì fuori» (Genesi 39:12).

Non date alcun adito alle tentazioni. Prevenite il peccato ed evitate di dover affrontare l’inevitabile distruzione che lo accompagna. Allora, spegnete! Voltatevi! Evitatelo a tutti i costi. Indirizzare i vostri pensieri su sentieri puri. Ricordate le alleanze che avete stretto e siate fedeli nella frequenza al tempio. Il già citato vescovo ha riferito che «la caduta nella pornografia di un detentore del sacerdozio che ha ricevuto l’investitura non avviene mai durante i periodi di regolare adorazione nel tempio; avviene quando non si preoccupa di recarsi alla casa del Signore» (lettera datata 13 marzo 2005).

Dobbiamo anche agire per proteggere coloro che amiamo. I genitori installano appositi allarmi per avvertirli del pericolo di fumo o di monossido di carbonio. Dovremmo inoltre installare protezioni contro le minacce spirituali, come i filtri per Internet, e posizionare i punti di accesso in modo che altre persone vedano ciò che è visionato. Dovremmo anche edificare la spiritualità della nostra famiglia mediante rapporti affettuosi, le preghiere e lo studio scritturale fatti insieme.

Per concludere, non incentivate la pornografia. Non adoperate il potere di acquisto per sostenere la degradazione morale. Voi giovani donne, vi prego di rendervi conto che se vestite in maniera immodesta, aggravate il problema, divenendo materiale pornografico per alcuni uomini che vi vedono.

Vi prego di prestare attenzione a questi avvertimenti. Miglioriamo il nostro comportamento personale, raddoppiamo gli sforzi per proteggere coloro che amiamo e la società dall’assalto furioso della pornografia, che minaccia la spiritualità, il matrimonio e i figli.

Vi porto testimonianza che questo è quanto dovremmo fare per ricevere le benedizioni più grandi da Colui che adoriamo. Rendo testimonianza di Gesù Cristo, la luce e la vita del mondo, alla Cui chiesa apparteniamo, nel nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. Challenges for the Year Ahead (opuscolo, 1974); discorso riportato in «Things They’re Saying», New Era, febbraio 1974, 18.

  2. Vedere, ad esempio: Gordon B. Hinckley, «Il male tragico in mezzo a noi», Liahona, novembre 2004, 59–62; David E. Sorensen, «Non potete accarezzare un serpente a sonagli», Liahona, luglio 2001, 48–50; Thomas S. Monson, «La pornografia: Il portatore mortale», La Stella, maggio 1980, 105–108; David B. Haight, «La moralità personale», La Stella, gennaio 1985, 57–60.

  3. Vedere, ad esempio: Rory C. Reid, «La strada che riporta indietro: Abbandonare la pornografia», Liahona, febbraio 2005, 28–33; Arianne B. Cope, «Internet Café», New Era, marzo 2005, 34–37; Nycole S. Larsen, «The Decision», Friend, marzo 2004, 40–41.