2000–2009
La lingua degli angeli
Aprile 2007


La lingua degli angeli

Le nostre parole, come le nostre azioni, devono trasmettere fede, speranza e carità.

Il profeta Joseph Smith ha approfondito la nostra comprensione del potere della parola quando ha insegnato: «È tramite la parola… che ogni essere opera quando opera per fede. Dio disse: ‹Sia la luce: e la luce fu›. Giosuè parlò e le grandi luci che Dio aveva creato rimasero immobili. Elia comandò e i cieli si fermarono per lo spazio di tre anni e sei mesi, cosicché non piovve… Tutto fu fatto mediante la fede… La fede dunque opera tramite la parola; e tramite la parola le più possenti opere sono state compiute e saranno compiute».1 Come tutti i doni che vengono dall’alto, la parola «è sacra, e se ne deve parlare con cura, e su impulso dello Spirito».2

Avendo compreso il potere e la santità delle parole desidero metterci in guardia, se necessario, circa il modo in cui parliamo fra di noi e come parliamo di noi stessi.

C’è una frase tratta dai libri apocrifi che chiarisce la serietà di questo punto meglio di quanto potrei fare io. «Il colpo di frusta lascia segni nella carne: ma i colpi della lingua rompono le ossa».3 Con questa immagine di dolore in mente, sono rimasto particolarmente colpito nel leggere nel libro di Giacomo che c’è un modo per diventare «un uomo perfetto».

Giacomo dice: «Poiché tutti falliamo in molte cose. [Ma] se uno non falla nel parlare, esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo».

Continuando con la metafora delle briglie, scrive: «Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi guidiamo anche tutto quanto il loro corpo.

Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e sian sospinte da fieri venti, son dirette da un piccolissimo timone».

Quindi Giacomo fa il punto: «Così anche la lingua è un piccolo membro… [ma] vedete un piccol fuoco, che gran foresta incendia!

Anche la lingua è un fuoco… fra le nostre membra, contamina tutto il corpo… ed è infiammata dalla geenna.

Ogni sorta di fiere e d’uccelli, di rettili e di animali marini si doma, ed è stata domata dalla razza umana;

ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male senza posa, è piena di mortifero veleno.

Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che son fatti a somiglianza di Dio.

Dalla medesima bocca procede benedizione e maledizione. Fratelli miei, non dev’essere così».4

È veramente tutto perfettamente chiaro! Naturalmente Giacomo non vuol dire che la nostra lingua è sempre malvagia, né che ogni cosa che diciamo è «piena di mortifero veleno», ma chiaramente intende dire che alcune cose che diciamo possono essere distruttive, addirittura velenose, e questa è un’accusa agghiacciante per un santo degli ultimi giorni! La voce che rende una profonda testimonianza, pronuncia preghiere ferventi e canta gli inni di Sion può essere la stessa voce che rimprovera e critica, imbarazza e avvilisce, infligge dolore e distrugge lo spirito proprio e degli altri. «Dalla medesima bocca procede benedizione e maledizione», si rattrista Giacomo. «Fratelli miei [e sorelle], non dev’essere così».

È qualcosa che possiamo migliorare almeno un po’? È un campo in cui possiamo cercare di essere un po’ più come uomini e donne «perfetti»?

Mariti, vi è stato affidato il dono più sacro che Dio potesse darvi: una moglie, una figlia di Dio, la madre dei vostri figli, che si è data a voi spontaneamente per amore e per essere una compagna gioiosa. Pensate alle parole gentili che le dicevate durante il corteggiamento, alle benedizioni che le avete dato con le mani dolcemente posate sul suo capo, a voi come dei che entrambi sostanzialmente siete, poi pensate invece a quei momenti in cui sono state dette parole fredde, provocanti, alterate. Visto il danno che può essere causato dalla nostra lingua, meraviglia poco che il Signore dica: «Non è quel che entra nella bocca che contamina l’uomo; ma quel che esce dalla bocca, ecco quel che contamina l’uomo»5 Un marito che non si sognerebbe mai di picchiare fisicamente la moglie, può romperle, se non le ossa, sicuramente il cuore e lo spirito con la brutalità di parole avventate o sgarbate. L’abuso fisico è sempre e inequivocabilmente condannato dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.Se è possibile essere ancora più accusatori, parliamo con ancor maggior vigore contro qualsiasi forma di abuso sessuale. Oggi parlo contro l’abuso verbale ed emotivo di chiunque nei confronti di chicchessia, ma in special modo dei mariti nei confronti delle mogli. Fratelli, non dev’essere così.

Con lo stesso spirito ci rivolgiamo anche alle sorelle, perché il peccato dell’abuso verbale non conosce genere. Mogli, avete considerato la lingua incontrollata nella vostra bocca, o la forza in bene o in male che c’è nelle vostre parole? Come è possibile che una voce così dolce, che per natura divina è così angelica, così vicina al velo, così istintivamente gentile e per natura cortese possa in un attimo diventare così stridula, tagliente, mordace e ribelle? Le parole di una donna possono essere più penetranti di quanto lo sia mai stato un pugnale e possono portare le persone che si amano a nascondersi dietro una barriera più distante di quanto nessuno all’inizio di quello scambio di parole avrebbe immaginato. Sorelle, non c’è posto nel vostro bellissimo spirito per espressioni aspre o graffianti di qualsiasi genere, incluso il pettegolezzo, la maldicenza o osservazioni maliziose. Fate in modo che non si debba mai dire della nostra casa, del nostro rione o del nostro vicinato che «la linguaè un fuoco, è il mondo dell’iniquità… [che brucia] fra le nostre membra».

Lasciate che estenda questo consiglio a tutta la famiglia. Dobbiamo essere altrettanto attenti quando ci rivolgiamo a un bambino. Ciò che diciamo o non diciamo, come lo diciamo e quando è molto importante per formare l’opinione che un bambino ha di se stesso. Ma è ancora più importante per formare la fiducia che quel bambino ha in noi e la sua fede in Dio. Siate positivi quando fate dei commenti a un bambino, sempre. Non dite mai, nemmeno per scherzo, che è grasso o stupido o fannullone o brutto. Anche se non lo avrete fatto con malizia, il bambino ricorderà e potrebbe impiegare anni nel tentativo di dimenticarlo, e di perdonarlo. Ed evitate di fare paragoni fra i vostri figli, anche se pensate di farlo bene. Potete dire in modo positivo: «Susanna è bella e Sandra è intelligente», ma Susanna ricorderà solo che non è intelligente e Sandra che non è bella. Elogiate ogni bambino individualmente per quello che è e aiutatelo a sfuggire all’ossessione della nostra cultura dei paragoni, della competizione e di nonsentirsi mai «abbastanza».

Restando in argomento, penso non sia necessario dire che il linguaggio negativo spesso deriva da pensieri negativi, inclusi i pensieri negativi su noi stessi. Vediamo i nostri propri errori, parliamo, o almeno pensiamo, in modo critico di noi stessi, e ben presto è così che vedremo tutto e tutti. Non ci saranno né bel tempo, né rose, né promesse di speranza o di felicità. Ben presto noi e tutte le persone attorno a noi saranno tristi.

Mi piace quello che ha detto una volta l’anziano Orson F. Whitney: «Lo spirito del Vangelo è ottimista; confida in Dio e considera l’aspetto bello delle cose. Lo spirito contrario o pessimista trascina l’uomo verso il basso e lontano da Dio, considera lnegativo delle cose, brontola, si lamenta ed è lento a obbedire».6 Fate onore alla dichiarazione del Salvatore di essere «di buon animo».7 (In realtà, mi pare che disobbediamo a questo comandamento più che a quasi tutti gli altri!) Siate fiduciosi quando parlate, rassicuranti, anche quando parlate di voi. Cercate di non lamentarvi o lagnarvi in continuazione. Come una volta qualcuno ha detto: «Anche nell’Era d’oro della civilizzazione qualcuno senza dubbio ha brontolato che tutte le cose sembravano troppo gialle».

Ho spesso pensato che Nefi abbia tollerato di più l’essere stato legato con le corde e picchiato con un bastone che l’aver dovuto sentire le continue lamentele di Laman e Lemuele.8 Di certo deve aver detto almeno una volta: «Picchiatemi ancora, perché riesco ancora a sentirvi». Sì, la vita ha i suoi problemi e ci sono cose negative che dobbiamo affrontare, ma vi prego di accettare una delle massime di vita di anziano Holland: non esiste grande disgrazia che il lamentarsene non renda peggiore.

Paolo l’ha detto con schiettezza, ma pieno di speranza. Ha detto a tutti noi: «Niuna mala parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete alcuna buona che edifichi… ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta.

E non contristate lo Spirito Santo di Dio…

Sia tolta via da voi ogni amarezza… ed ira e clamore e parola offensiva…

Siate invece gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo».9

Nella sua commovente testimonianza finale, Nefi ci invita a seguire «il Figlio [di Dio] con pieno intento di cuore», con la promessa che dopo aver « ricevuto il battesimo di fuoco e dello Spirito Santo» possiamo parlare «una nuova lingua, sì, proprio nella lingua degli angeli… Ed ora, come potreste parlare nella lingua degli angeli, se non mediante lo Spirito Santo? Gli angeli parlano per il potere dello Spirito Santo; pertanto essi dicono le parole di Cristo».10 In effetti Cristo era ed è «la parola», secondo quanto ha detto Giovanni il beneamato,11 pieno di grazia e verità, pieno di misericordia e compassione.

Pertanto, fratelli e sorelle, in questa nostra lunga ed eterna ricerca di essere più simili al nostro Salvatore, cerchiamo di essere uomini e donne «perfetti» per lo meno in un modo: non offendiamo con le parole, o in modo più positivo parliamo una nuova lingua, la lingua degli angeli. Le nostre parole, come le nostre azioni, devono trasmettere fede, speranza e carità, i tre grandi attributi cristiani di cui c’è così disperatamente bisogno nel mondo oggi. Se usiamo simili parole, pronunciate sotto l’influenza dello Spirito, lacrime possono essere asciugate, cuori possono essere sanati, vite possono essere elevate, torna la speranza e la fiducia prevale. Prego che le mie parole, anche su un argomento così difficile, vi abbiamo dato coraggio e non sconforto, che possiate sentire dalla mia voce che vi voglio bene, perché è così. Soprattutto, sappiate che il Padre celeste vi ama, e che il Suo Unigenito Figlio vi ama. Quando vi parlano, e lo fanno, non sarà nel vento, né nel terremoto, né nel fuoco, ma con un suonodolce e sommesso, con voce tenera e gentile.12 Con la lingua degli angeli. Possiamo tutti noi gioire al pensiero che quando rivolgiamo parole che edificano e incoraggiano anche al minimo dei nostri fratelli, sorelle e bambini, le rivolgiamo a Dio.13 Nel nome di Gesù Cristo. Amen.

Note

  1. Lectures on Faith, (1985), 72–73, corsivo dell’autore.

  2. DeA 63:64.

  3. Ecclesiaste 28:17.

  4. Giacomo 3:2–10; corsivo dell’autore.

  5. Matteo 15:11.

  6. Conference Report, aprile 1917, 43.

  7. Matteo 14:27; Marco 6:50; Giovanni 16:33.

  8. Vedere 1 Nefi 3:28–31; 18:11–15.

  9. Efesini 4:29–32.

  10. 2 Nefi 31:13–14; 32:2–3.

  11. Giovanni 1:1.

  12. Vedere 1 Re 19:11–12.

  13. Vedere Matteo 25:40.