2000–2009
Lascia che le cose accadano e poi amale
Ottobre 2008


Lascia che le cose accadano e poi amale

Il modo in cui affrontiamo le avversità può essere un fattore fondamentale per la nostra felicità e per il successo che abbiamo nella vita.

Quando ero un ragazzo mi piaceva praticare sport e ho molti bei ricordi di quei giorni, anche se non tutti sono piacevoli. Ricordo un giorno in cui la mia squadra di football aveva perso; arrivai a casa demoralizzato e trovai la mamma che ascoltò il triste resoconto che le feci della partita. Aveva insegnato a noi figli ad avere fiducia in noi stessi e l’uno nell’altro, a non criticare gli altri per le nostre disgrazie e a fare del nostro meglio in ogni cosa in cui ci impegnavamo.

Quando cadevamo si aspettava che ci rialzassimo per ricominciare di nuovo. Così il consiglio che la mamma mi diede quel giorno non era del tutto inaspettato. Mi ha accompagnato per tutta la vita.

«Joseph», mi disse, «lascia che le cose accadano e poi amale».

Ho riflettuto spesso su quel consiglio.

Ritengo che volesse dire che in ogni vita ci sono alti e bassi e momenti in cui sembra che gli uccelli non cantino e le campane non suonino. Eppure, malgrado lo sconforto e le avversità, chi è più felice sembra che abbia un modo di imparare dai momenti difficili diventando così più forte, più saggio e più contento.

Alcuni possono pensare che le Autorità generali di rado provino dolore, sofferenze o preoccupazioni. Se solo fosse vero. Sebbene ogni uomo e ogni donna presenti su questo podio oggi abbiano provato abbondantemente la gioia, hanno tutti anche bevuto copiosamente dalla coppa della delusione, del dolore e delle perdite. Il Signore nella Sua saggezza non preserva nessuno dalle afflizioni o dalla tristezza.

Per quanto riguarda me, il Signore ha aperto le cateratte del cielo e ha riversato su di me e sulla mia famiglia benedizioni che vanno oltre la mia capacità di esprimermi. Ci sono stati però dei momenti nella mia vita, come in quella di chiunque altro, quando mi sembrava che il mio cuore fosse provato più di quanto avrei potuto sopportare. Durante questi momenti ho ripensato a quei teneri giorni in gioventù quando i grandi dispiaceri erano l’aver perso una partita di football.

Quanto poco sapevo allora di quello che mi aspettava negli anni successivi. Ma ogni volta che i passi mi hanno condotto attraverso stagioni di tristezza e dispiaceri, mi sono tornate alla mente le parole di mia madre: «Lascia che le cose accadano e poi amale».

Come possiamo amare giorni pieni di dispiaceri? Non possiamo, almeno non in quel preciso momento. Non penso che mia madre stesse suggerendo che dovevamo soffocare lo sconforto o negare la realtà del dolore. Non penso stesse suggerendo che dovevamo nascondere spiacevoli verità sotto un mantello di falsa felicità. Ma sono convinto che il modo in cui affrontiamo le avversità può essere un fattore fondamentale per la nostra felicità e per il successo che abbiamo nella vita.

Se affrontiamo le avversità con saggezza, i nostri momenti più duri saranno i momenti di maggiore crescita che, a loro volta, potranno condurci a momenti di grande felicità.

Negli anni ho imparato alcune cose che mi hanno aiutato a superare i periodi di prova e di difficoltà e vorrei parlarvene.

Impariamo a ridere

La prima cosa che possiamo fare è imparare a ridere. Avete mai visto un guidatore in preda all’ira che, se qualcun altro commette un errore, reagisce come se quella persona avesse insultato il suo onore, la sua famiglia, il suo cane e tutti i suoi antenati fino ad arrivare ad Adamo? O vi siete mai imbattuti nell’anta sporgente di un armadio lasciata aperta nel posto sbagliato e nel momento sbagliato che è stata maledetta, condannata e vendicata da una vittima dolorante?

C’è un antidoto per momenti come questi: imparare a ridere.

Ricordo quando caricavamo la nostra station wagon con i bambini e guidavo fino a Los Angeles. Nella macchina eravamo almeno in nove e ogni volta ci perdevamo. Invece di adirarci, ci mettevamo a ridere. Ogni volta che svoltavamo nel posto sbagliato ridevamo più forte.

Non era insolito per noi smarrire la strada. Una volta eravamo diretti a Cedar City, in Utah; a una curva girammo nella direzione sbagliata e ce ne rendemmo conto solo due ore dopo alla vista di un cartello che diceva «Benvenuti in Nevada». Non ci arrabbiammo. Avevamo l’abitudine di ridere e il risultato era che di rado provavamo ira e risentimento. Conserviamo bei ricordi delle nostre risa.

Ricordo la volta che una nostra figlia era stata invitata a un appuntamento al buio. Era pronta in attesa che arrivasse il suo accompagnatore quando suonarono alla porta. Era un uomo che sembrava un po’ vecchio, ma mia figlia cercò di essere gentile. Lo presentò a me, a mia moglie e agli altri figli, si mise il cappotto e uscì. La guardavamo salire in macchina, ma la macchina non si mosse. Alla fine nostra figlia uscì dalla macchina e, rossa di imbarazzo, ritornò di corsa in casa. L’uomo che lei pensava fosse il suo appuntamento al buio in realtà era venuto a prendere un’altra delle nostre figlie che doveva fare da baby sitter per lui e la moglie.

Ridemmo tanto quella volta, di fatto non riuscivamo a smettere di ridere. Quando più tardi arrivò il vero appuntamento al buio di nostra figlia, non riuscii ad andargli incontro perché ero ancora in cucina che ridevo. Mi rendo conto che nostra figlia possa essersi sentita umiliata e imbarazzata, ma rideva con noi e il risultato è stato che ancora oggi ne ridiamo.

La prossima volta che state per brontolare, provate invece a ridere. Il ridere vi allungherà la vita e renderà la vita di chi è intorno a voi più piacevole.

Cerchiamo le cose che hanno un valore eterno

La seconda cosa che possiamo fare è cercare le cose che hanno un valore eterno. Quando nella vita vi colpiscono le avversità forse vi sentite gli unici ad affrontare una prova simile, scuotete la testa e vi chiedete: «Perché a me?»

Ma la ruota del dolore prima o poi gira per ciascuno di noi. In un momento o in un altro tutti dobbiamo provare la sofferenza. Nessuno è esente.

Amo le Scritture perché mostrano esempi di uomini e donne grandi e nobili come Abrahamo, Sara, Enoc, Mosè, Joseph, Emma e Brigham. Ciascuno di loro ha provato l’avversità e la sofferenza che ne hanno messo alla prova, fortificato e raffinato il carattere.

Imparare a sopportare i momenti di delusione, sofferenza e dolore fa parte del nostro addestramento sul campo. Queste esperienze, spesso difficili da sopportare quando le viviamo, sono proprio il tipo di esperienze che allargano la nostra comprensione, formano il carattere e aumentano la compassione verso gli altri.

Poiché ha sofferto grandemente, Gesù Cristo comprende le nostre sofferenze, comprende le nostre angosce. Così attraversiamo momenti difficili affinché possiamo anche noi acquisire maggiore compassione e comprensione per gli altri.

Ricordate le sublimi parole che il Salvatore rivolse al profeta Joseph Smith quando, assieme ai suoi compagni, soffriva nell’opprimente oscurità del carcere di Liberty: «Figlio mio, pace alla tua anima; le tue avversità e le tue afflizioni non saranno che un breve momento.

E allora, se le sopporterai bene, Dio ti esalterà in eccelso; tu trionferai su tutti i tuoi oppositori».1

Con quella prospettiva eterna Joseph trasse conforto da queste parole; possiamo farlo anche noi. A volte proprio i momenti in cui sembra che la sofferenza ci abbatta sono quelli che ci permetteranno di trionfare.

Il principio della compensazione

La terza cosa che possiamo fare è comprendere il principio della compensazione. Il Signore compensa il fedele di ogni perdita. Ciò che viene tolto a chi ama il Signore gli sarà ridato alla Sua maniera. Anche se non sempre al momento desiderato, il fedele saprà che ogni lacrima di oggi gli sarà restituita al centuplo con lacrime di gioia e gratitudine.

Una delle benedizioni del Vangelo è la consapevolezza che quando le cortine della morte metteranno fino alla nostra vita terrena, la vita continuerà dall’altra parte del velo. Là ci saranno date nuove occasioni. Nemmeno la morte può toglierci le benedizioni eterne promesse da un amorevole Padre celeste.

Grazie alla misericordia del Padre celeste esiste un principio di compensazione. L’ho visto nella mia vita. Mio nipote Joseph è autistico. Per sua madre e suo padre è stato straziante dover affrontare tutte le implicazioni di questa condizione.

Sapevano che Joseph probabilmente non sarebbe mai stato come gli altri bambini e avevano anche capito cosa questo avrebbe significato non solo per lui ma anche per tutta la famiglia. Ma che gioia Joseph è stato per noi. I bambini autistici spesso hanno difficoltà a mostrare le proprie emozioni ma ogni volta che sono con lui, Joseph mi abbraccia forte. Sebbene ci siano state delle difficoltà, ha colmato la nostra vita di gioia.

I genitori lo hanno incoraggiato a praticare sport. Quando ha iniziato a giocare a baseball era a bordo campo, ma non penso sentisse il bisogno di correre dietro le palle lanciate male. Pensò a un modo più efficace di giocare. Se una palla veniva lanciata nella sua direzione, Joseph la guardava passare, quindi estraeva dalla tasca un’altra palla e la tirava al lanciatore.

Qualsiasi apprensione la sua famiglia possa aver avuto nel crescere Joseph, qualsiasi sacrificio abbia fatto, è stata ricompensata dieci volte tanto. Grazie a questo spirito scelto, sua madre e suo padre hanno imparato tanto sui bambini con invalidità; hanno provato in prima persona la generosità e la compassione della famiglia, dei vicini e degli amici, hanno esultato insieme ai progressi di Joseph, e si sono meravigliati della sua bontà.

Riponiamo la fiducia nel Padre e nel Figlio

La quarta cosa che possiamo fare è riporre la fiducia nel nostro Padre celeste e in Suo Figlio, Gesù Cristo.

«Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo».2 Il Signore Gesù Cristo è il nostro compagno, aiutante e avvocato. Vuole che siamo felici. Desidera che abbiamo successo. Se faremo la nostra parte, il Signore non mancherà di fare la Sua.

Colui che è sceso al di sotto di tutte le cose verrà in nostro aiuto, ci conforterà e ci sosterrà, ci rafforzerà nelle nostre debolezze e ci fortificherà nelle nostre preoccupazioni. Farà sì che le cose deboli diventino forti.3

Una delle nostre figlie si è ammalata gravemente dopo aver dato alla luce un bambino. Abbiamo pregato per lei, le abbiamo impartito una benedizione e l’abbiamo sostenuta più che potevamo. Abbiamo sperato che sarebbe guarita, ma i giorni sono diventati mesi e i mesi anni. A un certo momento le ho detto che probabilmente avrebbe dovuto lottare con questa afflizione per il resto della sua vita.

Una mattina ricordo che ho preso un biglietto e l’ho infilato nella macchina da scrivere. Insieme ad altre cose nel biglietto le avevo scritto: «Il semplice segreto è: riponi la tua fiducia nel Signore, fa’ del tuo meglio poi lascia il resto a Lui».

Lei confidò in Dio. La sua malattia non scomparve per anni ma a tempo debito il Signore la benedì e alla fine ritrovò la salute.

Conoscendo mia figlia, credo che, anche se non avesse mai trovato sollievo, avrebbe confidato nel Padre celeste e avrebbe «lasciato il resto a Lui».

Conclusione

Anche se mia mamma è andata da tempo verso la sua ricompensa eterna, ho sempre con me le sue parole. Ricordo ancora il consiglio che mi diede quel giorno di tanto tempo fa quando la mia squadra aveva perso la partita: «Lascia che le cose accadano e poi amale».

So perché ci deve essere un’opposizione in tutte le cose. Le avversità, se gestite correttamente, possono benedire la nostra vita. Possiamo imparare ad amarle.

Possiamo sopportare avversità e prove se impariamo ad avere il senso dell’umorismo, cerchiamo la prospettiva eterna, comprendiamo il principio della compensazione e ci avviciniamo al nostro Padre celeste. Come mia madre, possiamo dire: «Lascia che le cose accadano e poi amale». Di questo rendo testimonianza nel nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. DeA 121:7–8.

  2. Giovanni 3:16.

  3. Vedere Ether 12:27.