2000–2009
Stiamo facendo un gran lavoro, e non possiamo scendere
Aprile 2009


Stiamo facendo un gran lavoro, e non possiamo scendere

Non possiamo e non dobbiamo lasciarci distrarre dal nostro sacro dovere. Non possiamo e non dobbiamo perdere di vista le cose che contano di più.

Miei cari fratelli, sono diversi mesi che so quale messaggio portarvi oggi. Durante questo periodo ho cercato una storia che illustrasse ciò che intendo dirvi. Ho cercato una storia sull’agricoltura. Ne ho cercata una sugli animali. In onore dell’anziano Scott, ne ho cercata una sull’ingegneria nucleare, e in onore del presidente Monson ne ho cercata una sull’allevamento dei piccioni.

In breve, c’è una storia che ha continuato a venirmi in mente, che da moltissimi anni è impressa nella mia memoria. Non è sulle colture, gli animali, l’ingegneria nucleare o i piccioni. Come potrete aver indovinato, parla di aviazione. La chiamo «La storia della spia».

La storia della spia, o del perdere di vista ciò che conta di più

In una notte scura di trentasei anni fa, un jumbo Lockheed 1011 si schiantò in una palude della Florida, uccidendo più di cento persone. Questo fu uno degli incidenti più terribili nella storia degli Stati Uniti.

Una cosa curiosa di questo incidente è che tutte le parti e i sistemi vitali dell’aeroplano funzionavano perfettamente, sicché il velivolo avrebbe potuto facilmente atterrare a destinazione, ossia Miami, che distava soltanto venti miglia dal luogo della tragedia.

Durante l’avvicinamento finale l’equipaggio notò che una spia verde non era accesa. Questa spia serviva a indicare se il carrello anteriore era uscito con successo o no. I piloti interruppero l’avvicinamento, impostarono il pilota automatico affinché l’aereo girasse in circolo sopra alla palude nera coma la pece, e volsero l’attenzione al problema.

Si preoccuparono tanto di risolvere la questione che non si resero conto che l’apparecchio stava gradualmente scendendo e avvicinandosi alla palude oscura. Quando qualcuno si accorse di ciò che stava accadendo, fu troppo tardi per evitare il disastro.

Dopo l’incidente, gli investigatori cercarono di scoprirne la causa. Il carrello si era di fatto abbassato correttamente. L’aeroplano era in perfette condizioni meccaniche. Tutto funzionava perfettamente, tranne una cosa: una sola spia che si era bruciata. Quella piccola spia, del valore di circa venti centesimi, innescò una catena di eventi che alla fine costò la vita a oltre cento persone.

Certo, la spia bruciata non causò l’incidente, che invece avvenne perché l’equipaggiò si concentrò su una cosa che al momento sembrava importante, perdendo però di vista ciò che contava di più.

Riponete il cuore nelle cose che contano di più

La tendenza a concentrarsi su ciò che è insignificante, a discapito di quello che è profondo, non capita soltanto ai piloti, ma a tutti. Siamo tutti a rischio. Il guidatore che si concentra sulla strada ha molte più probabilità di arrivare senza incidenti a destinazione rispetto a chi pensa a mandare un messaggio con il cellulare.

Sappiamo ciò che conta di più nella vita: la luce di Cristo lo insegna a tutti. Noi fedeli Santi degli Ultimi Giorni abbiamo lo Spirito Santo come compagno costante, che ci insegna le cose di valore eterno. Immagino che tutti i detentori del sacerdozio che oggi mi ascoltano, se venisse loro chiesto, preparerebbero un meraviglioso discorso sull’argomento. La nostra debolezza sta nel mancare di allineare le azioni alla coscienza.

Fermatevi un attimo e pensate a dove si trovano il vostro cuore e i vostri pensieri. Siete concentrati sulle cose che contano di più? Il modo in cui trascorrete il tempo libero ci può fornire un’indicazione utile. Dove si volgono i vostri pensieri quando la pressione delle scadenze cessa? Il vostro cuore e i vostri pensieri sono concentrati sulle cose fugaci che contano solo per un momento, oppure su ciò che conta di più?

Che risentimenti avete? A quali scuse vi attaccate che vi impediscono di essere il tipo di marito, padre, figlio e detentore del sacerdozio che sapete di dover essere? Quali cose vi distraggono dai doveri o vi impediscono di fare onore alla vostra chiamata più diligentemente?

Talvolta le cose che ci distraggono non sono di per sé cattive; spesso ci fanno persino sentire bene.

È possibile portare agli eccessi anche le cose buone. Un esempio potrebbe essere un padre o un nonno che trascorrono moltissime ore a effettuare la ricerca genealogica o a creare un blog, trascurando o evitando di passare del tempo di qualità con i propri figli e nipoti. Un altro esempio potrebbe essere un giardiniere che trascorre i giorni estirpando le erbacce dal terreno, ignorando però la malerba spirituale che minaccia di soffocargli l’anima.

Anche alcuni programmi della Chiesa possono diventare una distrazione se li portiamo agli estremi e consentiamo loro di dominare il nostro tempo e attenzioni a discapito delle cose che contano di più. Nella vita abbiamo bisogno di equilibrio.

Quando amiamo veramente il Padre celeste e i Suoi figli, dimostriamo questo amore attraverso le azioni. Ci perdoniamo a vicenda e cerchiamo di fare del bene, perché «il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con [Cristo]».1 «Visit[iamo] gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e [ci] conserv[iamo] puri dal mondo».2

Miei cari fratelli del sacerdozio, viviamo negli ultimi giorni. Il vangelo di Gesù Cristo è restaurato sulla terra. Le chiavi del sacerdozio di Dio sono state nuovamente date all’uomo. Viviamo in un’epoca di attesa e di preparazione, con il compito affidatoci da Dio di preparare noi stessi, la nostra famiglia e il mondo che ci circonda per l’aurora che si avvicina, ossia il giorno in cui il Figlio di Dio «con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo»3 e darà inizio al Suo regno millenario.

Ci è stato affidato il santo sacerdozio e ci sono stati conferiti la responsabilità, il potere e il diritto di agire come agenti del nostro Re celeste.

Queste sono le cose che contano di più. Queste sono le cose di valore eterno che meritano la nostra attenzione.

Non possiamo e non dobbiamo lasciarci distrarre dal nostro sacro dovere. Non possiamo e non dobbiamo perdere di vista le cose che contano di più.

Nehemia

Nehemia dell’Antico Testamento è un grande esempio di come rimanere concentrati e impegnarci in un compito importante. Egli era un israelita che viveva in esilio a Babilonia e che serviva come coppiere del re. Un giorno il re gli chiese perché sembrasse tanto triste. Nehemia rispose: «Come potrebbe il mio aspetto non esser triste quando la città dove sono i sepolcri de’ miei padri è distrutta e le sue porte son consumate dal fuoco?»4

Udito ciò, il re s’intenerì e conferì a Nehemia l’autorità affinché ritornasse a Gerusalemme e ricostruisse la città. Ciò nonostante, non tutti furono felici di questo piano. Di fatto, diversi governatori che vivevano vicino a Gerusalemme ebbero gran dispiacere «della venuta d’un uomo che procurava il bene de’ figliuoli d’Israele».5 Questi uomini «s’indign[arono] fuor di modo, si fe[cero] beffe de’ Giudei».6

Intrepido, Nehemia non si lasciò distrarre dall’opposizione, ma raccolse le risorse e la manodopera, quindi si accinse a ricostruire la città, poiché «il popolo avea preso a cuore il lavoro».7

Quando però iniziarono a innalzare le mura, l’opposizione s’intensificò. I nemici di Nehemia minacciarono, cospirarono e ridicolizzarono. Le minacce erano molto reali e incutevano talmente timore che Nehemia confessò: «Tutta quella gente ci voleva impaurire».8 Nonostante il pericolo e la minaccia continua d’invasione, i lavori progredirono. Fu un periodo di stress, poiché tutti i costruttori «lavorando, portavan ciascuno la spada cinta ai fianchi».9

Man mano che l’opera continuava, i nemici di Nehemia divennero sempre più disperati. Quattro volte lo pregarono di lasciare la sicurezza della città e di incontrarli con la scusa di risolvere il conflitto, ma Nehemia sapeva che il loro intento era di fargli del male. Ogni volta che lo avvicinarono, rispose nella stessa maniera: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».10

Che risposta grandiosa! Con quello scopo chiaro e immutabile, con quella grande determinazione, le mura di Gerusalemme salirono sino a che furono incredibilmente ricostruite in cinquantadue giorni.11

Nehemia si rifiutò di farsi distrarre dall’opera che il Signore voleva che compisse.

Noi non scenderemo

Oggi sono incoraggiato e ispirato dai molti fedeli detentori del sacerdozio che hanno un cuore e una mente simili. Come Nehemia, amate il Signore e cercate di magnificare il sacerdozio che detenete. Il Signore vi ama e conosce la purezza del vostro cuore, come pure la risolutezza della vostra determinazione. Egli riversa su di voi benedizioni per la vostra fedeltà, guida il vostro cammino, usa i vostri doni e talenti nell’edificazione del Suo regno su questa terra.

Ciò nondimeno, non tutti sono come Nehemia. C’è spazio per migliorare.

Mi chiedo, cari fratelli del sacerdozio, che cosa potremmo compiere se tutti, come il popolo di Nehemia, «pre[ndessimo] a cuore il lavoro». Mi chiedo che cosa potremmo compiere se «sme[ttessimo] le cose da fanciullo»12 e donassimo noi stessi, cuore e anima, per diventare detentori del sacerdozio degni, veri rappresentanti del Signore Gesù Cristo.

Penso per un momento a quello che potremmo compiere nella vita, nel lavoro, in famiglia, nel rione o nel ramo. Figuratevi nella mente come il regno di Dio progredirebbe su tutta la terra. Immaginate come il mondo stesso potrebbe essere migliorato se ogni detentore del sacerdozio di Dio si cingesse i lombi e vivesse all’altezza del suo vero potenziale, fosse convertito sino in fondo all’anima, fosse un uomo leale e fedele con il sacerdozio, impegnato nell’edificazione del regno di Dio.

È facile distrarsi, concentrarsi su una spia bruciata o sulle azioni scortesi di persone sgarbate, quali che siano le loro motivazioni. Pensate però al potere che avremmo come individui e come corpo del sacerdozio se, in risposta a ogni tentazione di perdere la concentrazione o di abbassare gli standard, gli standard di Dio, rispondessimo: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».

Viviamo in un periodo di grandi difficoltà, ma anche di grandi occasioni. Il Signore sta cercando uomini come Nehemia: fratelli fedeli che adempiono il giuramento e l’alleanza del sacerdozio. Egli cerca di arruolare anime risolute che con diligenza si dedicano all’opera di edificazione del regno di Dio, ossia che, quando si trovano davanti all’opposizione e alle tentazioni, dicono in cuor loro: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».

Quando affrontano prove e sofferenze, rispondono: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».

Quando sono derisi e rimproverati, proclamano: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».

Il Padre celeste cerca coloro che non lasciano che quello che è insignificante ostacoli la loro ricerca di ciò che è eterno. Cerca coloro che non lasciano che l’attrazione di ciò che è facile o le trappole dell’avversario li distraggano dall’opera che Egli ha chiesto loro di compiere. Cerca coloro le cui azioni si conformano alle loro parole, ossia chi dichiara con convinzione: «Io sto facendo un gran lavoro, e non posso scendere».

Rendo solenne testimonianza che Iddio vive e che si ricorda di ognuno di noi. Egli tenderà le mani e sosterrà coloro che si ergeranno e deterranno con onore il sacerdozio, poiché in questi ultimi giorni Egli avrà una grande opera da farci compiere.

Questo vangelo non proviene da un uomo. La dottrina della Chiesa non è un tentativo di comprendere il significato di antiche scritture, bensì è la verità celeste rivelata da Dio stesso. Attesto che Joseph Smith vide ciò che dichiarò di aver visto. Egli vide veramente i cieli aperti e comunicò con Dio Padre e il Figlio, e con gli angeli.

Rendo testimonianza che il Padre celeste parla a coloro che Lo cercano in spirito e in verità. Sono stato testimone oculare e attesto con gioia che ai nostri giorni Dio parla attraverso il Suo profeta, veggente e rivelatore, Thomas S. Monson.

Cari fratelli, come Nehemia, abbiamo un gran lavoro da compiere. Guardiamo dall’alto l’orizzonte della nostra epoca. La mia preghiera fervente è che nonostante le tentazioni, non abbasseremo mai gli standard; che a dispetto delle distrazioni, a prescindere da dove potranno venire, non perderemo mai di vista le cose che contano di più; che ci ergeremo risoluti e uniti, uno accanto all’altro, mentre con coraggio porteremo lo stendardo del Signore Gesù Cristo.

Prego che possiamo essere degni del santo sacerdozio dell’Onnipotente e, all’unisono, alzare il capo e con voce ferma proclamare al mondo: «Stiamo facendo un gran lavoro, e non possiamo scendere». Nel sacro nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. Romani 6:6.

  2. Giacomo 1:27.

  3. 1 Tessalonicesi 4:16.

  4. Nehemia 2:3.

  5. Nehemia 2:10.

  6. Nehemia 4:1.

  7. Nehemia 4:6.

  8. Nehemia 6:9.

  9. Nehemia 4:18.

  10. Nehemia 6:3.

  11. Vedere Nehemia 6:15.

  12. 1 Corinzi 13:11.