2010–2019
Volgetevi al Signore
Aprile 2010


Volgetevi al Signore

Non permettete mai che un fatto terreno vi incapaciti spiritualmente.

Molti anni fa fui testimone di un fatto angoscioso, che divenne una tragedia. Una giovane coppia era prossima al parto del loro primo figlio. Erano pieni di aspettative ed eccitazione per quest’esperienza meravigliosa. Durante il parto, sorsero alcune complicazioni e il bimbo morì. L’angoscia si trasformò in dolore, il dolore in rabbia, la rabbia in biasimo e il biasimo divenne desiderio di vendetta nei confronti del medico che ritenevano responsabile. I genitori e altri parenti vennero pesantemente coinvolti; ognuno cercò di rovinare la reputazione e la carriera del medico. Durante le settimane e i mesi successivi, l’acrimonia consumò la famiglia e la loro amarezza si estese al Signore. «Come ha potuto Egli permettere che succedesse una cosa tanto terribile?» Rifiutarono i ripetuti tentativi di conforto emotivo e spirituale da parte dei dirigenti e dei membri della Chiesa e, con il tempo, l’abbandonarono. A oggi, quattro generazioni di questa famiglia hanno risentito di questa situazione. Là dove una volta esistevano la fede e la devozione al Signore e alla Sua Chiesa, è sparita qualsiasi attività spirituale di ciascun membro della famiglia da decenni.

Nelle circostanze più difficili della vita, esiste spesso un’unica sorgente di pace. Il Principe della pace, Gesù Cristo, estende la Sua grazia con l’invito: «Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo» (Matteo 11:28). Egli promette inoltre: «Vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà» (Giovanni 14:27).

I miei nonni paterni ebbero due figli: un maschio (mio padre) e una femmina. Dopo aver svolto la missione e il servizio militare alle Hawaii, mio padre tornò su quelle isole nel 1946 per affermarsi professionalmente e allevare la sua famiglia. I suoi genitori vivevano a Salt Lake City, così come sua sorella. Ella si sposò nel 1946 e quattro anni dopo aspettava un bambino. Per i genitori è un’occasione davvero speciale quando una figlia (in questo caso l’unica figlia) sta per dare luce a un bambino per la prima volta. Nessuno sapeva che stesse aspettando due gemelli. Purtroppo, lei e i gemelli morirono durante il parto.

I miei nonni erano distrutti. Il dolore, tuttavia, li fece volgere subito al Signore e alla Sua espiazione. Senza speculare sul perché fosse accaduto e chi si potesse incolpare, essi cercarono di vivere una vita retta. I miei nonni non furono mai ricchi, non appartenevano ai ceti alti, non ebbero mai posizioni di rilievo nella Chiesa: erano semplicemente devoti Santi degli Ultimi Giorni.

Dopo essere andati in pensione nel 1956, si trasferirono alle Hawaii per stare con i loro unici discendenti. Negli anni seguenti, essi amarono la loro famiglia, servirono nella Chiesa e, soprattutto, furono molto felici di stare insieme. Non amavano stare separati e parlavano anche di come al primo di loro che fosse morto sarebbe spettato il compito di trovare il modo per riunirli di nuovo al più presto. Vicino al loro novantesimo compleanno e dopo 65 anni di matrimonio, morirono a distanza di poche ore l’uno dall’altra per cause naturali. Quale loro vescovo, diressi il loro funerale.

La fedeltà di nonno Art e nonna Lou, specialmente davanti alle difficoltà, ha influenzato positivamente le quattro generazioni che sono seguite. Direttamente e profondamente, ha toccato il loro figlio (mio padre) e mia madre, quando la loro figlia più giovane morì a causa di complicanze dovute al parto. Ella morì a 34 anni, dieci giorni dopo il parto, lasciando quattro figli tra i dieci giorni e gli otto anni d’età. Con l’esempio avuto dalla generazione precedente, i miei genitori si sono rivolti senza esitazione al Signore in cerca di conforto.

In tutto il mondo e tra i membri della Chiesa, troviamo grande gioia e grande dolore. Entrambi fanno parte del piano. Senza l’uno, non possiamo conoscere l’altro. «Gli uomini sono affinché possano provare gioia» (2 Nefi 2:25) e «poiché è necessario che ci sia un’opposizione in tutte le cose» (2 Nefi 2:11) non sono in contraddizione; sono complementari. Nel descrivere i propri sentimenti dopo essersi rivolto al Signore, Alma il giovane disse: «La mia anima fu riempita da una gioia tanto grande quanto era stata la mia pena» (Alma 36:20).

Qualcuno è colpito da gravi problemi; altri lasciano che piccole cose diventino grosse. Symonds Ryder era un dirigente campbellita che sentì parlare della Chiesa e incontrò Joseph Smith. Toccato dall’esperienza, si unì alla Chiesa nel giugno del 1831. Immediatamente dopo, fu ordinato anziano e chiamato a svolgere una missione. Tuttavia, sulla lettera di chiamata che ricevette dalla Prima Presidenza, e sul suo mandato ufficiale di predicatore, il suo nome era scritto in modo errato, per una sola lettera. Il suo cognome era scritto R-i-d-e-r, non R-y-d-e-r, come sarebbe stato giusto. Ciò lo portò a dubitare sulla sua chiamata e su coloro da cui era venuta. Decise di non andare in missione e abbandonò la Chiesa, e ciò lo portò presto all’inimicizia e allopposizione contro Joseph Smith e la Chiesa. Nel marzo del 1832, quando Joseph Smith e Sidney Rigdon furono trascinati fuori di casa durante la notte da una folla arrabbiata e cosparsi di pece e di piume, si udì una voce gridare: «Simonds, Simonds, dov’è il secchio con la pece?» (History of the Church, 1:262–263). In meno di dieci mesi, Symonds Ryder passò dall’essere un convertito entusiasta a capo della plebaglia, e la ragione del suo declino spirituale fu il sentirsi offeso dall’aver visto il suo nome scritto erroneamente, per una lettera. Non importa la grandezza del fatto: il modo in cui reagiamo può cambiare il corso della nostra vita.

Il profeta Joseph Smith ci lasciò un esempio di come reagire all’opposizione e alle tragedie personali. Mentre era rinchiuso nell’inumano carcere di Liberty, gli fu rivelata questa istruzione divina (che, in parte, era una descrizione della vita di Joseph Smith fino a quel momento e anche un avvertimento): «[Se] gli stolti ti tratteranno con derisione… Se sei chiamato a passare attraverso le tribolazioni… se i tuoi nemici piombano su di te… se tu fossi gettato nella fossa, o nelle mani degli assassini… e tutti gli elementi si uniscono per ostruire il cammino, e soprattutto se le fauci stesse dell’inferno spalancano la bocca contro di te, sappi figlio mio che tutte queste cose ti daranno esperienza, e saranno per il tuo bene» (DeA 122:1, 5–7). Poi la profonda dichiarazione: «Il Figlio dell’Uomo è sceso al di sotto di tutte queste cose: Sei tu più grande di lui?» (versetto 8). A ciò fanno seguito un’istruzione chiara e grandi promesse: «Perciò, segui la tua strada e… non temere quello che può fare l’uomo, poiché Dio sarà con te per sempre e in eterno» (versetto 9).

Negli anni che seguirono, Joseph Smith continuò a vivere rettamente una vita piena di avversità. Egli ci offrì la sua prospettiva piena di fede: «E quanto ai pericoli che sono chiamato ad attraversare, non mi sembrano che poca cosa… è in acque profonde che sono abituato a nuotare… mi sento… di esultare nelle tribolazioni, poiché… Dio… mi ha liberato da tutte, e mi libererà da qui in seguito» (DeA 127:2). La fiducia di Joseph nel superare l’opposizione costante era basata sulla sua capacità di volgersi di continuo al Signore.

Se sentite di aver subito un torto, da qualcuno (un membro della famiglia, un amico, un altro membro della Chiesa, un dirigente della Chiesa, un socio d’affari) o da qualcosa (la morte di una persona cara, problemi di salute, problemi finanziari, abusi, dipendenze), affrontate la cosa direttamente e con tutta la forza che possedete. «Segui la tua strada» (DeA 122:9); rinunciare non è un’opzione. E, senza tardare, volgetevi al Signore. Esercitate tutta la fede che avete in Lui. Lasciate che Egli condivida il vostro fardello. Permettete alla Sua grazia di alleggerirvi il carico. Ci è stato promesso che non «soffri[remo] alcuna sorta di afflizioni, salvo quelle che sarebbero state sopraffatte dalla gioia di Cristo» (Alma 31:38). Non permettete mai che un fatto terreno vi incapaciti spiritualmente.

Il Suo atto più esemplare, l’Espiazione, richiese che Gesù discendesse «al di sotto di tutte le cose» e soffrisse «le pene di tutti gli uomini» (2 Nefi 9:21). Così comprendiamo che l’Espiazione ha uno scopo più vasto dell’essere solo un mezzo per sconfiggere il peccato. Il più grande di tutti gli adempimenti mortali dà al Salvatore il potere di mantenere la Sua promessa: «Se vi volgerete al Signore con pieno intento di cuore, e riporrete in lui la vostra fiducia, e lo servirete con tutta… diligenza… se lo farete egli vi libererà dalla schiavitù» (Mosia 7:33).

Nel celebrare questa mattina di Pasqua, volgiamoci al Signore, la nostra «lucente stella mattutina» (Apocalisse 22:16). Rendo testimonianza che Egli sarà per sempre la nostra Via, la nostra Verità e la nostra Vita (vedere Giovanni 14:6). Nel nome di Gesù Cristo. Amen.