2010–2019
Vedere gli altri come potrebbero diventare
Ottobre 2012


Vedere gli altri come potrebbero diventare

Dobbiamo sviluppare la capacità di vedere gli uomini non come sono attualmente ma come possono diventare.

Miei cari fratelli, due volte l’anno — quando ci riuniamo per ascoltare messaggi ispirati — questo magnifico Centro delle conferenze viene riempito completamente dal sacerdozio di Dio. C’è uno spirito meraviglioso che permea la riunione generale del sacerdozio della Chiesa. Questo spirito emana dal Centro delle conferenze ed entra in ogni edificio in cui si riuniscono i figli di Dio. Sicuramente stasera abbiamo sentito questo spirito.

Molti anni fa, prima che venisse costruito questo bel Centro delle conferenze, un uomo in visita alla Piazza del Tempio a Salt Lake City partecipò a una sessione della Conferenza generale nel Tabernacolo. Ascoltò i messaggi dei Fratelli. Prestò attenzione alle preghiere. Ascoltò la bella musica del Coro del Tabernacolo. Rimase stupito dalla magnificenza dell’organo del Tabernacolo. Al termine della riunione qualcuno lo sentì dire: “Darei tutto ciò che ho se potessi sapere che quello che hanno detto oggi gli oratori è vero”. In pratica stava dicendo: “Vorrei tanto avere una testimonianza del Vangelo”.

Non c’è assolutamente nulla in questo mondo che offra maggiore conforto e felicità di una testimonianza della verità. Pur a diversi livelli, credo che tutti gli uomini o i giovani presenti stasera ne abbiano una. Se sentite di non avere ancora una testimonianza così profonda come vorreste, vi prego di impegnarvi a ottenerne una forte. Se invece è forte e profonda, impegnatevi affinché resti tale. Quanto siamo benedetti di avere una conoscenza della verità.

Il mio messaggio stasera, fratelli, è che ci sono innumerevoli persone che attualmente hanno una testimonianza piccola, o non ce l’hanno per nulla; si tratta di persone che potrebbero e vorrebbero ricevere tale testimonianza se solo noi ci impegnassimo a condividere la nostra e ad aiutarli a cambiare. Talvolta, noi possiamo offrire l’incentivo a cambiare. Prima di tutto parlo dei membri che in questo momento non sono pienamente attivi nel Vangelo.

Molti anni fa, a una conferenza di area tenutasi a Helsinki, in Finlandia, ascoltai un messaggio potente, memorabile e motivante durante una sessione per madri e figlie. Non ho mai dimenticato quel messaggio, anche se sono passati quarant’anni da quando l’ho sentito. Tra i tanti principi che l’oratrice trattò, ella disse che una donna ha bisogno di sentirsi dire che è bella. Ha bisogno che le venga detto che è apprezzata. Ha bisogno di sentirsi dire che è utile.

Fratelli, so che gli uomini sono molto simili alle donne sotto questo aspetto. Abbiamo bisogno di sentirci dire che valiamo qualcosa, che siamo capaci e utili. Abbiamo bisogno che ci venga offerta un’opportunità per servire. Riguardo a quei membri che hanno smesso di essere attivi o che si tirano indietro e non si impegnano per esserlo, noi possiamo cercare, mediante la preghiera, alcuni modi per poterli toccare. Chiedere loro di rendere servizio in alcuni incarichi potrebbe essere l’incentivo di cui hanno bisogno per tornare alla piena attività. Ma i dirigenti che potrebbero aiutarli in tal senso, a volte sono riluttanti a farlo. Dobbiamo ricordare che le persone possono cambiare. Possono abbandonare le cattive abitudini. Possono pentirsi delle loro trasgressioni. Possono detenere degnamente il sacerdozio. E possono servire il Signore diligentemente. Vorrei farvi qualche esempio.

Quando divenni membro del Quorum dei Dodici Apostoli, ebbi l’occasione di accompagnare il presidente N. Eldon Tanner, un consigliere del presidente David O. McKay, a una conferenza di palo ad Alberta, in Canada. Durante la riunione, il presidente di palo lesse i nomi di quattro fratelli che si erano qualificati per essere ordinati anziani. Il presidente Tanner li conosceva perché aveva vissuto in quella zona. Ma egli li conosceva e li ricordava come erano prima e non sapeva che erano cambiati e che si erano qualificati appieno per diventare anziani.

Il presidente di palo lesse il nome del primo uomo e gli chiese di alzarsi. Il presidente Tanner mi sussurrò: “Guardalo. Non avrei mai pensato che potesse farcela”. Il presidente di palo lesse il nome del secondo uomo e lui si alzò. Il presidente Tanner si rivolse di nuovo a me e manifestò il suo stupore. Fu lo stesso per tutti i quattro fratelli.

Dopo la riunione, io e il presidente Tanner ci congratulammo con questi quattro fratelli. Avevano dimostrato che gli uomini possono cambiare.

Durante gli anni ‘40 e ‘50, un secondino di una prigione americana, Clinton Duffy, divenne famoso per i suoi sforzi di riabilitare gli uomini della sua prigione. Un critico gli disse: “Non sa che i lupi perdono il pelo ma non il vizio?”

Warden Duffy rispose: “Dovrebbe sapere che io non lavoro con i lupi, lavoro con gli uomini; e gli uomini cambiano ogni giorno”.1

Molti anni fa ho avuto la possibilità di servire come presidente della Missione Canadese. C’era un ramo con poco sacerdozio. C’era sempre un missionario a presiedere al ramo. Ricevetti l’impressione che doveva esserci un membro del ramo a presiedere.

C’era un membro adulto del ramo che era un diacono nel Sacerdozio di Aaronne, ma non frequentava abbastanza per essere avanzato nel sacerdozio. Mi sentii ispirato a chiamarlo come presidente di ramo. Ricorderò sempre il giorno in cui l’intervistai. Gli dissi che il Signore mi aveva ispirato a chiamarlo come presidente di ramo. Dopo molte proteste da parte sua e molto incoraggiamento da parte di sua moglie, disse che avrebbe servito. Lo ordinai sacerdote.

Per quell’uomo fu l’inizio di un nuovo giorno. Mise velocemente in ordine la sua vita e mi assicurò che avrebbe obbedito ai comandamenti come avrebbe dovuto. In pochi mesi fu ordinato anziano. In seguito, lui e sua moglie andarono al tempio e furono suggellati. I loro figli svolsero la missione e si sposarono nella casa del Signore.

A volte far sapere ai nostri fratelli che abbiamo bisogno di loro e che sono importanti può aiutarli a fare quel passo verso l’impegno e la piena attività. Questo può essere vero per i detentori del sacerdozio di qualsiasi età. Abbiamo la responsabilità di dar loro la possibilità di vivere come dovrebbero. Possiamo aiutarli a superare le loro debolezze. Dobbiamo sviluppare la capacità di vedere gli uomini non come sono attualmente ma come possono diventare quando ricevono la testimonianza del vangelo di Cristo.

Sono stato a una riunione a Leadville, in Colorado (USA). Leadville si trova a un’altitudine di oltre 3.000 metri. Ricordo quella riunione particolare a causa dell’altitudine, ma anche per quello che successe quella sera. Erano presenti solo pochi detentori del sacerdozio. Come per il ramo della Missione Canadese, anche quel ramo era sempre stato presieduto da un missionario.

Quella fu una bella riunione, ma mentre cantavamo l’inno di chiusura, mi giunse l’ispirazione che ci doveva essere un membro del luogo come presidente di ramo. Mi voltai verso il presidente della missione e chiesi: “Non c’è qui qualcuno che possa presiedere; qualcuno del luogo?”

Lui mi rispose: “Non che io sappia”.

Durante il canto dell’inno guardai attentamente gli uomini seduti nelle prime tre file. La mia attenzione sembrava fermarsi su uno dei fratelli. Dissi al presidente di missione: “Lui non potrebbe servire come presidente di ramo?”

Mi rispose: “Non lo so. Forse sì”.

Dissi: “Presidente, andrò nella stanza accanto con quell’uomo e lo intervisterò. Dopo l’inno di chiusura, lei parli fino a quando torniamo”.

Quando tornammo nella sala della riunione, il presidente di missione terminò la sua testimonianza e io presentai il fratello come nuovo presidente di ramo. Da quel giorno, Leadville, in Colorado, ha sempre avuto un membro del luogo a dirigere l’unità.

Lo stesso principio, fratelli, si applica a coloro che non sono ancora membri. Dobbiamo sviluppare la capacità di vedere gli uomini non come sono, ma come possono diventare una volta diventati membri della Chiesa, quando avranno una testimonianza del Vangelo e saranno in armonia con i suoi insegnamenti.

Nell’anno 1961 fu tenuta una conferenza mondiale per i presidenti di missione, e tutti i presidenti di missione della Chiesa vennero a Salt Lake City (Utah, USA) per le riunioni. Io venni a Salt Lake City dalla mia missione a Toronto.

In una particolare riunione, N. Eldon Tanner, che allora era Assistente al Quorum dei Dodici, era appena tornato dalla sua prima esperienza in cui aveva presieduto alle missioni di Gran Bretagna ed Europa occidentale. Parlò di un missionario che era stato il missionario di maggior successo tra tutti quelli che avesse mai intervistato. Mentre lo intervistava gli disse: “Immagino che tutte le persone che ha battezzato fossero dei riferimenti di membri della Chiesa”.

Il giovane rispose: “No, li abbiamo trovati bussando alle porte”.

Il fratello Tanner gli chiese che cosa c’era di diverso nel suo approccio, perché aveva avuto tanto successo mentre gli altri non ci erano riusciti. Il giovane rispose che cercava di battezzare tutte le persone che incontrava. Disse che se, bussando a una porta, vedeva un uomo che fumava un sigaro, con abiti vecchi e non interessato a niente, soprattutto alla religione, se lo immaginava in una situazione completamente diversa. Nella sua mente lo vedeva rasato e vestito con una camicia bianca e pantaloni bianchi. Vedeva se stesso condurre quell’uomo nelle acque del battesimo. Poi aggiunse: “Quando immagino così una persona, riesco a trasmetterle la mia testimonianza in un modo che tocca il suo cuore”.

Abbiamo la responsabilità di vedere i nostri amici, i nostri colleghi e i nostri vicini in questo modo. Ripeto che abbiamo il compito di vedere le persone non come sono ma piuttosto come possono diventare. Vi prego di pensare a loro in questo modo.

Fratelli, il Signore ci ha parlato dell’importanza di questo sacerdozio che deteniamo. Ci ha detto che lo riceviamo tramite una promessa e un’alleanza. Ci ha detto di essere fedeli e leali in tutto ciò che riceviamo, e che abbiamo la responsabilità di tener fede a questa alleanza fino alla fine. Allora tutto quello che il Padre ha ci sarà dato.2

Coraggio è il termine che dobbiamo sentire e tenere vicino al nostro cuore: coraggio di voltare le spalle alla tentazione, coraggio di levare la nostra voce per testimoniare a tutti coloro che incontriamo, ricordando che tutti devono avere la possibilità di ascoltare il messaggio. Per molti non è facile farlo. Ma possiamo credere alle parole di Paolo a Timoteo:

“Poiché Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità, ma di forza e d’amore e di correzione.

Non aver dunque vergogna della testimonianza del Signor nostro”.3

Nel maggio del 1974 ero con il fratello John H. Groberg nelle Isole Tonga. Avevamo un appuntamento col re di Tonga e lo incontrammo in una visita formale. Ci scambiammo gli usuali convenevoli. Ma, prima di partire, John Groberg disse qualcosa che era fuori dal normale. Disse: “Vostra Maestà, dovreste veramente diventare un mormone e pure i vostri sudditi; allora i vostri e i loro problemi sarebbero in gran parte risolti”.

Il re sorrise e rispose: “John Groberg, forse ha ragione”.

Pensai all’apostolo Paolo davanti al re Agrippa. Pensai alla risposta di re Agrippa alla testimonianza di Paolo: “Per poco non mi persuadi a diventar cristiano”.4 Il fratello Groberg ebbe il coraggio di rendere testimonianza davanti a un re.

Stasera molte migliaia tra noi stanno servendo il Signore a tempo pieno come Suoi missionari. In risposta a una chiamata, hanno lasciato casa, famiglia, amici e scuola per andare a servire. Coloro che non capiscono chiedono: “Perché rispondono così prontamente e danno volentieri così tanto?”

I nostri missionari potrebbero ben rispondere con le parole di Paolo, quel missionario impareggiabile di un tempo: “Perché se io evangelizzo, non ho da trarne vanto, poiché necessità me n’è imposta; e guai a me, se non evangelizzo!”5

Le sacre Scritture non contengono proclama più importante, responsabilità più vincolante, istruzione più diretta dell’ingiunzione data dal Signore risorto quando apparve agli undici discepoli in Galilea. Egli disse:

“Ogni potestà m’è stata data in cielo e sulla terra.

Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo:

Insegnando loro d’osservar tutte quante le cose che v’ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”.6

Questo comandamento divino, insieme alla sua gloriosa promessa, è la nostra parola d’ordine oggi come lo era nel meridiano dei tempi. L’opera missionaria è una caratteristica della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Lo è sempre stata e lo sarà sempre. Come dichiarò il profeta Joseph Smith: “Dopo tutto quello che è stato detto, il dovere più grande e più importante è quello di predicare il Vangelo”.7

Entro due anni, tutti i missionari a tempo pieno che stanno attualmente servendo nella reale armata di Dio avranno concluso il loro lavoro a tempo pieno e saranno tornati a casa dai loro cari. Coloro che li sostituiranno sono stasera tra le fila del Sacerdozio d’Aaronne della Chiesa. Giovani Uomini, siete pronti a rispondere? Siete disposti a lavorare? Siete preparati a servire?

Il presidente John Taylor riassunse così i requisiti: “Il genere di uomini che vogliamo come latori di questo messaggio del Vangelo sono uomini che hanno fede in Dio; uomini che hanno fede nella loro religione; uomini che onorano il loro sacerdozio… uomini pieni dello Spirito Santo e del potere di Dio… uomini d’onore, di integrità, virtù e purezza”.8

Fratelli, il dovere di condividere il vangelo di Cristo ricade su ognuno di noi. Quando la nostra vita rispecchia gli standard di Dio, coloro che si trovano nella nostra sfera d’influenza non si lamenteranno mai: “La mèsse è passata, l’estate è finita, e noi non siamo stati salvati”.9

Il perfetto Pastore delle anime, il Missionario che redense il mondo, ci ha dato la Sua divina certezza:

“Se accadrà che doveste faticare tutti i vostri giorni nel gridare il pentimento a questo popolo, per portare non fosse che una sola anima a me, quanto sarà grande la vostra gioia in sua compagnia nel regno di mio Padre!

Ed ora, se la vostra gioia sarà grande con una sola anima che mi avete portato nel regno di mio Padre, quanto sarà grande la vostra gioia se mi portate molte anime!”10

Di Colui che proferì queste parole, io rendo testimonianza. Egli è il Figlio di Dio, il nostro Redentore e il nostro Salvatore.

Prego che avremo il coraggio di tendere una mano di amicizia, la tenacia di provare e riprovare, e l’umiltà necessaria per cercare la guida del Padre nello svolgere il nostro incarico di condividere il Vangelo. Questa responsabilità ricade su ognuno di noi, fratelli. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.