2002
La prospettiva dei Santi degli Ultimi Giorni su Maometto
Giugno 2002


La prospettiva dei Santi degli Ultimi Giorni su Maometto

Dall’analisi di Maometto, alla luce del vangelo restaurato, si trae maggiore consapevolezza dell’amore del Padre celeste per i Suoi figli in tutte le nazioni.

Qualche anno fa ricevetti una telefonata dagli Stati Uniti da parte di due membri della Chiesa che avevano conosciuto un vicino musulmano originario del Pakistan. Quando gli parlarono della storia di Joseph Smith e della Prima Visione, la sua reazione fu sorprendente. Dopo aver dichiarato che i Musulmani non accettano profeti successivi a Maometto, egli disse che tra la storia di Joseph Smith e quella di Maometto esistevano delle analogie. Disse: «Noi crediamo che Maometto incontrò un messaggero divino che lo informò della sua nuova chiamata come profeta. Egli ricevette rivelazioni in merito a una nuova Scrittura contenente la parola di Dio destinata al genere umano, e istituì una comunità di credenti che si espanse fino a diventare una delle maggiori religioni del mondo». Conoscendo poco in merito ai Musulmani e all’Islam* o in merito a Maometto, i due fedeli membri della Chiesa non erano certi delle risposte da dare.

Gli argomenti suscitati da questa esperienza alludono a una questione più ampia, di grande rilievo per tutti i Santi degli Ultimi Giorni, vista la presenza della Chiesa in tutto il mondo e viste le società sempre più pluralistiche nelle quali viviamo tutti: Qual è l’atteggiamento giusto che deve avere un Santo degli Ultimi Giorni nei confronti delle altre religioni che dichiarano di avere profeti divinamente ispirati, Scritture, visioni e miracoli? Quanto indicato di seguito potrà rivelarsi utile; si basa sugli approfondimenti del Vangelo che ho effettuato negli anni di studio delle società musulmane nelle quali ho vissuto. Il ruolo di Maometto nella storia religiosa, visto dalla prospettiva del vangelo restaurato, consente di ottenere una profonda comprensione di uno dei dirigenti spirituali di maggiore impatto della storia. Ci aiuta anche ad apprezzare l’amore del Padre celeste per i Suoi figli in tutte le nazioni e ci dà i principi che ci aiutano ad instaurare rapporti positivi con amici e vicini appartenenti ad altre religioni.

Considerazioni Sui Rapporti Tra Persone Di Religioni Diverse

Il presidente Gordon B. Hinckley ha fortemente incoraggiato il dialogo e il rispetto reciproco nei rapporti tra persone di religioni diverse. Egli ha ammonito i membri della Chiesa di «coltivare uno spirito di gratitudine nei confronti delle analogie» per coloro che sono di convinzioni religiose, politiche e filosofiche diverse, aggiungendo che «non dobbiamo in alcun modo rinunciare al nostro credo» in tale processo. Egli ha dato il seguente consiglio: «Siate rispettosi delle opinioni e dei sentimenti delle altre persone. Riconoscete le loro virtù; non cercate le loro colpe. Cercate i loro punti di forza e le loro virtù, e troverete forza e virtù che vi saranno di aiuto nella vostra vita».1

L’enfasi data dal presidente Hinckley alla comprensione tra le varie religioni affonda le sue radici nei principi fondamentali del Vangelo (umiltà, carità, rispetto delle verità eterne e riconoscimento dell’amore di Dio per tutti gli uomini) insegnati da Gesù Cristo e dai profeti antichi e moderni. Il Salvatore ha ripetutamente dichiarato quanto stia a cuore al Padre celeste il benessere di ognuno dei Suoi figli e figlie, come nella parabola della pecorella smarrita (vedere Luca 15). Nella parabola del buon Samaritano, Egli insegnò che una chiave del vero apostolato è trattare gli altri con gentilezza e compassione a dispetto delle differenze politiche, razziali o religiose (vedere Luca 10:25-37). Egli denunciò l’intolleranza e la rivalità tra i gruppi religiosi e la tendenza ad inneggiare alle proprie virtù e sminuire la spiritualità degli altri. In una parabola rivolta a coloro che «confidavano in se stessi di esser giusti e disprezzavano gli altri», Gesù condannò l’orgoglio dei Farisei che pregavano in questo modo: «O Dio, ti ringrazio ch’io non sono come sono gli altri uomini» e lodò l’umiltà del pubblicano che implorava: «O dio, sii placato verso me peccatore!» (vedere Luca 18:9-14).

Il Libro di Mormon insegna che il Padre celeste «si rammenta di ogni popolo, in qualsiasi paese possa trovarsi;… e le sue viscere di misericordia sono su tutta la terra» (Alma 26:37; vedere anche 1 Nefi 1:14). Per il Suo grande amore per tutti i Suoi figli, il Signore ha dotato ognuno di essi di una luce spirituale che li guida e arricchisce la loro vita. L’anziano Orson F. Whitney (1855-1931), del Quorum dei Dodici Apostoli, ha notato che Dio «non usa soltanto il Suo popolo dell’alleanza, ma anche altre persone, per compiere un’opera stupenda e magnifica e troppo difficile perché possa essere compiuta soltanto da questo piccolo numero di santi».2

Anche l’anziano B. H. Roberts (1857-1933), membro dei Settanta, si è espresso in merito a questa dottrina: «La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni è stata istituita per l’istruzione degli uomini; ed essa è uno strumento che Dio usa per rendere nota la verita, sebbene Egli non sia in alcun modo limitato da tale contesto o scopo né da un punto di vista di tempo né di luogo. Dio suscita uomini saggi quà e là tra tutti i figli degli uomini, di lingua e nazionalità propria, e parla loro mediante un linguaggio che essi possono capire… Tutti i grandi insegnanti che il mondo ha avuto, in ogni nazione e in ogni epoca, sono servitori di Dio. Sono uomini ispirati, chiamati ad istruire i figli di Dio secondo l’epoca e il luogo in cui vivono».3

Il profeta Joseph Smith (1805-1844), si è espresso spesse volte sul tema dell’universalità dell’amore di Dio e della relativa necessità di essere ricettivi a tutte le fonti disponibili di luce divina e conoscenza. «Uno dei magnifici principi fondamentali del ‹Mormonismo› è quello di accettare la verità, qualunque sia la fonte da cui essa provenga».4Il Profeta esortò i membri della Chiesa a «riunire tutto il bene e tutti i principi di verità del mondo e farne tesoro».5

I dirigenti hanno incoraggiato di continuo i membri della Chiesa ad instaurare rapporti proficui con le persone di fede diversa riconoscendo le verità spirituali che gli altri possiedono, sottolineando le analogie tra i credi e gli stili di vita. I dirigenti della Chiesa ci insegnano ad essere cordiali e rispettosi e a non fare confronti anche quando dissentiamo. L’anziano Bruce R. McConkie (1915-1985), già membro del Quorum dei Dodici Apostoli, parlò di questo argomento ai Santi degli Ultimi Giorni e ai membri delle altre religioni durante una conferenza di area a Tahiti: «Mantenete tutta la verità e tutto il bene che già avete. Non voltate le spalle a nessuna norma del passato che sia buona, giusta e vera. Noi crediamo a ogni verità esistente in ogni chiesa del mondo. Ma diciamo anche questo a tutti gli uomini: venite e accettate l’ulteriore luce e verità che Dio ha restaurato ai nostri giorni. Più grande è la verità che abbiamo, più grande è la nostra gioia ora quaggiù; più verità accettiamo, più grande è la nostra ricompensa nell’eternità».6

Durante la conferenza di ottobre 1991, il presidente Howard W. Hunter, allora presidente del Quorum dei Dodici Apostoli, disse: «Come membri della Chiesa di Gesù Cristo, noi cerchiamo di riunire tutta la verità. Cerchiamo di diffondere l’amore e la conoscenza tra tutti i popoli della terra. Così ci sforziamo di stabilire la pace e la felicità non soltanto nell’ambito del cristianesimo, ma tra tutta l’umanità».7

Allo stesso modo, l’anziano Russell M. Nelson, membro del Quorum dei Dodici Apostoli, ha citato una dichiarazione pubblica emanata dalla Prima Presidenza e dal Quorum dei Dodici Apostoli nell’ottobre 1992, che chiamava «tutti gli abitanti della terra a rinnovare il loro impegno agli antichi ideali della tolleranza e del rispetto reciproco. Crediamo sinceramente che se ci trattiamo gli uni gli altri con considerazione e compassione, scopriremo che tutti possiamo coesistere pacificamente nonostante le più profonde differenze». Egli ha poi aggiunto: «Questa dichiarazione è una riconferma fatta ai nostri giorni dell’invito alla tolleranza fatto dal profeta Joseph il secolo scorso. Uniti possiamo rispondere. Insieme possiamo resistere, intolleranti verso le trasgressioni ma tolleranti verso il nostro prossimo per quanto riguarda le diversità che esso considera sacra. I nostri amati fratelli e sorelle di tutto il mondo sono tutti figli di Dio».8

L’interesse Suscitato Nei Santi Degli Ultimi Giorni Da Maometto

Un esempio degno di nota dell’impegno dei Santi degli Ultimi Giorni a far tesoro dei principi di verità, è l’ammirazione espressa dai dirigenti della Chiesa nel corso degli anni per i contributi spirituali di Maometto.

Già nel lontano 1855, in un periodo in cui la letteratura cristiana ridicolizzava generalmente Maometto, gli anziani George A. Smith (1817-1875) e Parley P. Pratt (1807-1857), membri del Quorum dei Dodici Apostoli, tennero lunghi sermoni che evidenziavano un’accurata ed equilibrata comprensione della storia islamica ed esprimevano un alto concetto della guida di Maometto. L’anziano Smith notò che Maometto era «discendente di Abrahamo e che fu indubbiamente suscitato da Dio allo scopo» di predicare contro l’idolatria. Egli espresse simpatia per la condizione dei Musulmani, i quali, come i Santi degli Ultimi Giorni, ottennero con grande difficoltà che si scrivesse una loro «giusta storia». Parlando successivamente, l’anziano Pratt espresse la sua ammirazione per gli insegnamenti di Maometto, asserendo che «in generale,… [i Musulmani] hanno leggi morali e istituzioni migliori di quelle di molte nazioni cristiane».9

L’apprezzamento dei Santi degli Ultimi Giorni per il ruolo svolto da Maometto nella storia si può riscontrare anche nella dichiarazione del 1978 della Prima Presidenza riguardante l’amore che Dio nutre per tutto il genere umano. Questa dichiarazione indica espressamente Maometto come uno dei «grandi capi religiosi del mondo», il quale ha ricevuto «una parte della luce di Dio» e afferma che «Dio rivelò loro delle verità morali perché illuminassero intere nazioni e portassero gli individui a un più alto livello di conoscenza».10

Negli ultimi anni, il rispetto per il retaggio spirituale lasciato da Maometto e per i valori religiosi della comunità islamica hanno portato a sempre più frequenti contatti e collaborazione tra Santi degli Ultimi Giorni e Musulmani in tutto il mondo. Questa collaborazione è dovuta in parte alla presenza di congregazioni di Santi degli Ultimi Giorni sulle sponde orientali del Mediterraneo, Nordafrica, Golfo Persico e Asia sudorientale. La Chiesa ha rispettato le leggi e le tradizioni islamiche, che proibiscono ai Musulmani di convertirsi ad altre religioni, adottando una linea di condotta che vieta il lavoro di proselitismo nei Paesi islamici del Medio Oriente.

Gli esempi di dialogo e collaborazione non mancano, comprese le visite dei dignitari musulmani presso la sede della Chiesa a Salt Lake City; l’uso da parte dei Musulmani degli impianti di inscatolamento della Chiesa per la produzione di alimenti halal (puri); gli aiuti umanitari e il soccorso in tempi di calamità messi in atto dalla Chiesa inviati prevalentemente nelle zone di religione musulmana tra cui Giordania, Kossovo e Turchia; riconoscimenti accademici tra l’Università Brigham Young e i vari istituti del governo per l’istruzione del mondo islamico; l’esistenza della Associazione Studenti Musulmani presso la BYU; e l’estensione della collaborazione tra la Chiesa e le organizzazioni islamiche per la salvaguardia dei valori familiari tradizionali in tutto il mondo.11Il recente inizio della traduzione delle Islamic Translation Series, cosponsorizzato dalla BYU e dalla Chiesa, ha dato luogo a diversi scambi tra i dirigenti musulmani e i dirigenti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Un ambasciatore musulmano presso le Nazioni Unite ha predetto che la traduzione di questa serie «rivestirà un ruolo positivo nel desiderio di maggiore comprensione dell’Islam da parte dell’Occidente».12

Questi esempi di scambi tra Santi degli Ultimi Giorni e Musulmani, coadiuvati dall’istituzione nel 1989, da parte della Chiesa, di due grandi centri di scambi educazionali e culturali in Medio Oriente (Gerusalemme e Amman), riflettono il rispetto tradizionale per l’Islam che i dirigenti della Chiesa hanno dimostrato sin dall’inizio. Queste attività rappresentano la tangibile evidenza dell’impegno dei Santi degli Ultimi Giorni a promuovere una maggiore comprensione del mondo musulmano e testimoniano il ruolo emergente della Chiesa nel contribuire a superare le differenze culturali storiche esistenti tra Musulmani e Cristiani. Un rappresentante del governo egiziano, cosciente delle analogie esistenti tra Musulmani e Santi degli Ultimi Giorni, una volta fece notare al presidente Howard W. Hunter, quando era membro del Quorum dei Dodici Apostoli che «se mai sarà costruito un ponte tra la cristianità e l’islam, a farlo dovrà essere la Chiesa Mormone».13

La Vita Di Maometto

Chi era, dunque, Maometto, e che cosa della sua vita e dei suoi insegnamenti ha suscitato l’interesse e l’ammirazione dei dirigenti della Chiesa? Quali punti di forza e virtù troviamo nell’esperienza musulmana che, come ha suggerito il presidente Hinckley, possono aiutarci nell’aspetto spirituale della nostra vita?

All’alba del 21mo secolo, l’Islam è una religione tra le più estese e di rapida crescita del mondo. I Musulmani oggi sono più di un miliardo (quasi un quinto della popolazione mondiale). I Musulmani vivono prevalentemente nell’Asia sudorientale, India, Medio Oriente e Nordafrica, e ne esistono comunità importanti in Europa e Nordamerica. Alcune proiezioni indicano che l’Islam diventerà la popolazione religiosa più numerosa del mondo nel corso della prima metà di questo nuovo secolo. Le radici di questo dinamico e incompreso (per alcune persone) movimento religioso possono risalire fino a 14 secoli fa, agli umili inizi e all’opera di fondazione di Maometto, che i Musulmani considerano essere l’ultimo di una lunga linea di profeti mandati da Dio per insegnare l’Islam al mondo.

Maometto (che in arabo significa «lodato») nacque nel 570 d.C.14a La Mecca, città prosperosa, crocevia importante per le carovane di commercianti e per i pellegrini religiosi nella parte nordoccidentale della penisola arabica. Rimasto orfano nella prima infanzia, egli visse una adolescenza in povertà, lavorando come mandriano per la sua famiglia e i suoi vicini, occupazione che gli permetteva di trascorrere molto tempo in solitudine meditando sui profondi interrogativi della vita. Maometto si guadagnò nella comunità la reputazione di giudice e conciliatore di fiducia, come indicato nel seguente estratto:

«In una circostanza il Quraish [tribù di Maometto] decise di ricostruire la Ka`ba [urna sacra], di riposizionare le pietre sopra le fondamenta. In uno degli angoli volevano collocare la pietra nera, ma non riuscivano a decidere chi dovesse avere l’onore di farlo. Avrebbero discusso violentemente se [Maometto], il giovane che tutti ammiravano e stimavano, non fosse sopraggiunto. Gli chiesero… di sedare la discussione. Egli disse loro di stendere un largo telo e di mettervi al centro la pietra nera. Così fecero. Poi, egli chiese a un rappresentante di ognuno dei quattro clan che erano in disputa di prendere un angolo del telo. In questo modo ebbero tutti l’onore di trasportare la pietra».15

All’età di 25 anni, Maometto sposò Khadija, una vedova più grande di lui di 15 anni e ricca mercante di carovane. Ella conosceva la sua reputazione di persona onesta e dedita al lavoro, e fece la proposta di matri-monio che si rivelò una felice unione dalla quale nacquero quattro figlie e due figli. Per i 15 anni successivi Maometto fu impegnato insieme a Khadija ad amministrare gli affari della famiglia e a crescere i loro figli. In quel periodo si ritirò spesso in solitudine nel deserto per pregare, meditare e rendere il culto. Era diventato insoddisfatto per la corruzione, l’idolatria e le iniquità sociali che affliggevano La Mecca; egli cercò una verità superiore che potesse portare pace, giustizia e adempimento spirituale per sé e il suo popolo.

Nel 610 d.C., all’età di 40 anni, la sua ricerca e la sua preparazione spirituale sono arrivate al culmine. Secondo la storia islamica, una notte, mentre Maometto si trovava in preghiera e meditazione sul Monte Hira, vicino a La Mecca, l’angelo Gabriele gli apparve per consegnargli un messaggio di Dio (in arabo, Allah ).16L’angelo chiese a Maometto per ben tre volte: «Recita: Nel nome del Signore che creò, creò l’uomo da un coagulo di sangue. Recita: E il tuo Signore è l’Essere più generoso, che ha insegnato mediante la lettera, ha insegnato all’uomo quello che l’uomo non sapeva» (Corano 96:1-5).17

Per un periodo di 22 anni, dal 610 d.C. fino alla sua morte nel 632, Maometto ha ricevuto delle comuni-cazioni che egli disse provenire da Allah, mediante l’angelo Gabriele, e che egli memorizzava e recitava oralmente ai suoi discepoli. Queste recite orali del pensiero e della volontà di Allah sono conosciute alla collettività musulmana come Corano («recita»). Tuttavia, le prediche di Maometto contro l’idolatria, il politeismo, l’uccisione delle neonate femmine ed altre forme di corruzione religiosa e sociale incontrarono una durissima opposizione a La Mecca. Nel primo periodo di permanenza in quella città, il suo messaggio fu rigettato, e Maometto e il gruppo di convertiti di nuova costituzione, in prevalenza pochi membri della sua famiglia e amici intimi, fu cacciato, perseguitato ed anche torturato.

Poi, un gruppo di uomini arrivò dalla città di Yathrib e chiese a Maometto di fare da giudice nelle diatribe che imperversavano nella loro città. Maometto vide in questo la possibilità di alleviare le sofferenze inflitte ai suoi seguaci e accettò di lasciare La Mecca. Egli chiese ai suoi seguaci di andare per primi; poi si recò anch’egli nella città, che da quel momento sarebbe stata conosciuta come Madinat an-Nabi («Città del Profeta»), o semplicemente Medina. Questa emigrazione (in arabo, hijra ) da La Mecca a Medina ebbe luogo nel 622 d.C., anno in cui viene riconosciuto il punto di partenza e inizio del calendario musulmano Hijri. I Musulmani videro con la Hijra una svolta nella vita del profeta e nella natura della comunità musulmana. Da predicatore emarginato e rigettato, Maometto diventò uomo di stato, legislatore, giudice, educatore e dirigente militare. A Medina, i Musulmani erano liberi di stabilirsi in sicurezza, di istituire gli organismi di governo e dell’istruzione, e di diventare una comunità prosperosa, in contrapposizione alla condizione di minorità religiosa perseguitata che avevano conosciuto a La Mecca.

Qualche anno dopo la Hijra, Maometto potè tornare a La Mecca dove i suoi insegnamenti furono gradualmente adottati. Oggi La Mecca è considerata dai Musulmani il centro spirituale dell’Islam e la più sacra delle città, con Medina come seconda e Gerusalemme come terza città più sacra.

Nel 632, all’età di 62 anni, Maometto morì inaspettatamente dopo un breve attacco di febbre. Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, Maometto è stato un uomo dal successo fenomenale, sebbene il suo nome e gli obiettivi conseguiti siano stati oggetto di controversie per la civiltà occidentale. Durante la seconda metà del 20mo secolo, tuttavia, gli storici non musulmani diventarono più obiettivi e simpatizzanti, riconoscendo il fatto che i conseguimenti di Maometto sia in campo politico che in quello religioso gli conferiscono un posto tra le figure di maggiore impatto della storia.

Contrariamente allo stereotipo di Maometto che la civiltà occidentale vede come nemico dei cristiani, le fonti musulmane lo ritraggono come un uomo infallibilmente umile, gentile, dal bel carattere, generoso e dai gusti semplici. Sebbene sorridesse spesso, si dice che ridesse raramente perché affermava, come indica un famoso hadith (rapporto sulle dichiarazioni e azioni di Maometto), «Se conosceste quello che conosco io piangereste molto e ridereste poco». È evidente il suo buonumore nella seguente storia: «Un giorno, una vecchietta venne da lui per chiedergli se anche le donne vecchie e miserabili fossero andate in paradiso. ‹No›, rispose Maometto, ‹non ci sono donne vecchie in paradiso!› Poi, vedendo il suo sguardo sconsolato, disse sorridendo: ‹In paradiso tutti subiranno una trasformazione, poiché lassù avremo tutti la stessa giovane età!›»

Egli elargiva consigli saggi e pratici ai suoi seguaci. Quando un uomo gli chiese se fosse necessario legare il suo cammello, visto che confidava nell’aiuto e nella protezione di Dio, Maometto gli rispose: «Prima legalo, e poi abbi fiducia in Dio». Alcuni testi riportano che la famiglia di Maometto era povera e spesso soffriva la fame, in grado soltanto di permettersi qualche volta del pane raffermo. La sua dichiarazione faqri fakhri, «La mia povertà è il mio orgoglio», rivela la sua gioia nei piaceri semplici, e questa espressione fu più tardi adottata come slogan dai Musulmani ascetici. Maometto amava particolarmente i bambini e lasciava che i suoi due nipoti gli salissero sulla schiena mentre pronunciava le sue preghiere. Una volta un uomo lo criticò per aver baciato suo nipote Hasan, dicendo «Io ho 10 figli maschi ma non ne ho mai baciato alcuno». Maometto rispose: «Colui che non mostra misericordia, non riceverà misericordia».18

Nel suo ultimo discorso tenuto nella moschea di Medina, proferito il giorno in cui morì, Maometto mostrò grande umiltà e magnanimità rivolgendo un saluto di addio ai suoi discepoli, dopo più di 30 anni di sacrifici per loro: «Se vi è alcun uomo il cui onore possa aver ferito, sono pronto a risponderne. Se ho ingiustificatamente inflitto pene fisiche a chiunque, sono qui per pagarne il prezzo. Se sono in debito di qualsiasi cosa verso chiunque, questi sono i miei averi e questa persona può appropriarsene… Nessuno deve dire: ‹Temo l’inimicizia e la rabbia del Messaggero di Dio›. Non nutro risentimento alcuno verso nessuno. Queste cose mi ripugnano per mia natura e carattere. Le aborrisco».19

Con questo quadro di Maometto in mente, si può facilmente capire perché i Musulmani benedicono il suo nome, lo invocano nelle loro conversazioni e festeggiano nella ricorrenza della sua nascita. I Musulmani devoti si impegnano ad emulare il suo esempio in ogni aspetto della vita: modo di vestire, cura della persona, maniere a tavola, riti religiosi e benevolenza nei confronti degli altri.

Gli Insegnamenti Di Maometto

La vita islamica ruota intorno a cinque principi di base che sono indicati a grandi linee nel Corano e commentati negli insegnamenti e tradizioni (in arabo, sunna ) di Maometto. Questi cinque pilastri sono il testimone di fede, preghiera, carità, digiuno e pellegrinaggio a La Mecca. Alcuni esempi degli insegnamenti di Maometto in merito alla carità e al digiuno sono rappresentativi del suo modo di insegnare e del suo ruolo centrale nella vita dei Musulmani.

Il principio della carità mira all’assistenza ai poveri e alla salvaguardia dell’empatia nella comunità dei credenti. Il Corano indica che la carità e la compassione, non la meccanica osservanza dei riti, determina la dignità di una persona agli occhi di Dio (2:177). Gli insegnamenti di Maometto prevedono chiaramente la pratica della carità:

«Nessuno di voi crede [veramente] finché non desidera per suo fratello quello che desidera per se stesso».

«Ogni persona con tutta se stessa deve compiere un gesto di carità ogni giorno che si alza il sole: agire in giustizia tra due persone è un gesto di carità; aiutare un uomo a salire a dorso dell’animale che cavalca, issando lui o i suoi effetti personali, è un gesto di carità; una parola gentile è un atto di carità; ogni passo che fai verso la preghiera è un atto di carità; rimuovere un oggetto pericoloso dalla strada è un atto di carità».

«La carità cancella il peccato come l’acqua spegne il fuoco».

«Sorridere ad un’altra persona è un atto di carità».

«Colui che dorme con lo stomaco pieno sapendo che il suo prossimo ha fame [non è un credente]».20

I Musulmani vedono nel digiuno un duplice scopo: favorire uno stato di umiltà e di abbandono dell’anima a Dio e assicurare carità e assistenza ai poveri della comunità. Perciò, il digiuno e la carità vanno di pari passo: l’abnegazione di sé non è completa senza il dono di sé.

Mi è stato ricordato questo principio esistente tra i Musulmani e la profonda influenza dell’esempio di Maometto sulla loro vita, quando mi trovavo al Cairo, in Egitto, durante il Ramadan, mese sacro di digiuno.21Nabil, un nostro amico musulmano, aveva invitato me e la mia famiglia a cena a casa sua, ad interruzione del loro digiuno. Entrando nel loro modesto appartamento situato in uno dei quartieri più poveri del Cairo, notai che una delle stanze era occupata da numerose donne e bambini. Sedevano tutti sul pavimento con il cibo sparso davanti a loro su una tovaglia, aspettando silenziosamente la chiamata alla preghiera che segna il termine del digiuno ogni giorno. Quando gli chiesi se fossero suoi familiari, Nabil rispose: «No, non conosco nessuna di esse. È nostra consuetudine invitare coloro che vagano nella strada e non possono permettersi di mangiare cibi buoni e condividere con loro il pasto del nostro Ramadan. Facciamo questo perché era una delle abitudini del nostro profeta. Maometto».

Fui molto commosso dall’altruismo del mio amico musulmano e dalla sua compassione per i poveri; mi sentii profondamente umile davanti al grande esempio che dava nell’attuare un principio che avevo imparato io stesso dalla Bibbia molti anni prima, ma che raramente avevo osservato: «Quando fai un desinare o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi;… ma quando fai un convito, chiama i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di rendertene il contraccambio» (Luca 14:12-14).

Una Prospettiva Dei Santi Degli Ultimi Giorni

In che modo, dunque, possono i Santi degli Ultimi Giorni guardare alla comunità musulmana? L’approccio più indicato è di riconoscere le verità e i valori che condividiamo con i nostri fratelli e sorelle musulmani, anche se confermiamo educatamente che esistono delle differenze tra noi. Certamente, i Santi degli Ultimi Giorni non concordano con gli insegnamenti islamici che negano la divinità di Gesù Cristo, la necessità di profeti moderni, o il principio del progresso eterno. Ma con un atteggiamento umile e ricettivo alla luce spirituale dovunque essa si possa trovare, siamo in grado di trarre beneficio dagli approfondimenti religiosi dei Musulmani e di ribadire le analogie che ci accomunano come la fede, la preghiera, il digiuno, il pentimento, la carità, la modestia e la solidità della famiglia: principi questi che rappresentano le pietre angolari della spiritualità individuale e della vita comunitaria.22

In un incontro con i dignitari musulmani, l’anziano Neal A. Maxwell, del Quorum dei Dodici Apostoli, si concentrò sull’eredità spirituale comune a Mormoni e Musulmani. Dopo aver citato un verso dal Corano, egli osservò: «Dio è la fonte di luce in cielo e sulla terra. Condividiamo il vostro stesso credo. Resistiamo alla secolarità del mondo. Noi crediamo insieme a voi che la vita ha un significato e uno scopo… Noi riveriamo l’istituzione della famiglia… Noi onoriamo la vostra preoccupazione per l’istituzione della famiglia… Rispetto reciproco, amici-zia e amore sono cose preziose nel mondo odierno. Noi proviamo questi sentimenti per i nostri fratelli e sorelle musulmani. L’amore non ha mai bisogno di un visto. Riesce a superare tutte le frontiere e unisce le generazoni e le culture».23

Il profeta Joseph Smith, in uno dei suoi più eloquenti discorsi sulla tolleranza e la carità, ha incoraggiato i santi ad allargare la loro visione della famiglia umana, a vedere le persone di religioni e culture diverse come le vede il nostro Padre celeste, e non secondo «le ristrette e meschine nozioni degli uomini». Egli ha insegnato che il Padre prenderà in considerazione tutte le circostanze personali, politiche e sociali e che, all’ultimo giorno, Egli renderà il Suo giudizio finale basato su una prospettiva divina e misericordiosa che supera ogni limite della nostra comprensione umana:

«Ma mentre una parte della razza umana giudica e condanna l’altra senza misericordia, il Grande Genitore dell’universo guarda tutta l’umana famiglia con affetto paterno; Egli la considera la Sua progenie e, senza alcuni dei meschini sentimenti che influenzano i figli degli uomini, ‹fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti›. Egli tiene le redini del giudizio nelle Sue mani, è un legislatore saggio e giudicherà tutti gli uomini non secondo le ristrette e meschine nozioni degli uomini, ma ‹secondo le azioni compiute quand’erano nel corpo, siano esse buone o cattive›, sia che queste azioni siano state compiute in Inghilterra, in America, in Spagna, in Turchia o in India. Egli li giudicherà ‹non secondo quello che non hanno, ma secondo quello che hanno›: coloro che son vissuti senza legge saranno giudicati senza legge, e coloro che hanno una legge saranno giudicati secondo quella legge. Non dobbiamo dubitare della saggezza ed intelligenza del grande Geova. Egli darà castighi ed elargirà misericordia a tutte le nazioni secondo i meriti, i loro mezzi per ottenere l’intelligenza, le leggi con cui sono governate, le agevolazioni offerte loro per ottenere le informazioni giuste e i Suoi inscrutabili disegni in relazione all’umana famiglia. E quando tali disegni saranno resi manifesti, e il sipario della vita futura sarà alzato, tutti noi dovremo confessare che il Giudice di tutta la terra ha agito bene».24

In risposta alle domande concernenti i rapporti con le persone di religioni diverse, sono grato di poter dichiarare che apparteniamo a una chiesa che conferma le verità insegnate da Maometto e da altri grandi insegnanti, riformatori e fondatori religiosi. Noi riconosciamo quanto vi sia di buono e giusto nella vita di coloro che appartengono ad altri gruppi religiosi. Se, da una parte, non scendiamo a compromessi sulle verità eterne rivelate del vangelo restaurato, dall’altra evitiamo gli antagonismi con le altre religioni. Piuttosto, in sintonia con il consiglio dei profeti moderni, cerchiamo di far tesoro delle cose virtuose e degne di lode appartenenti alle altre religioni e di coltivare un atteggiamento di «gratitudine» nei loro confronti. Come Santi degli Ultimi Giorni, possiamo rispettare e beneficiare della luce spirituale che illumina le altre religioni, cercando umilmente di condividere quella misura in più di verità eterna ricevuta grazie alla rivelazione moderna.

*I Musulmani seguono la religione dell’Islam (che significa «sottomissione a Dio»). Le Scritture islamiche sono contenute nel Corano..

James A. Toronto è professore di studi islamici e di religione comparata presso l’Università Brigham Young.

Note

  1. Citato in Sheri L. Dew, Go Forward with Faith: The Biography of Gordon B. Hinckley (1996), 536, 576.

  2. Conference Report, aprile 1921, 32-33.

  3. Defense of the Faith and the Saints, 2 volumi (1907), 1:512-513.

  4. Insegnamenti del profeta Joseph Smith, compilati da Joseph Fielding Smith (1976), 248.

  5. Insegnamenti, 250.

  6. Citato da Russell M. Nelson, «Insegnaci la tolleranza e l’amore», La Stella, luglio 1994, 77.

  7. «Il Vangelo: Una fede globale», La Stella, gennaio 1992, 21.

  8. La Stella, luglio 1994, 78; corsivo dell’autore.

  9. Vedere Deseret News, 10 ottobre 1855, 242, 245.

  10. Dichiarazione della Prima Presidenza, 15 febbraio 1978.

  11. Le attività riguardanti la famiglia sono coordinate dal World Family Policy Center presso l’Università Brigham Young. Il centro cosponsorizza una coalizione internazionale di religioni diverse, il World Congress of Families, che comprende rappresentanti di molti Paesi di religione musulmana.

  12. Vedere Michael R. Leonard, «Islamic diplomats hosted in New York», Church News, 3 aprile 1999, 6.

  13. Howard W. Hunter, «‹All Are Alike unto God›», Ensign, giugno 1979, 74.

  14. Le date vengono riportate secondo il calendario accettato comunemente nel mondo.

  15. Iqbal Ahmad Azami, Muhammad the Beloved Prophet (1990), 14-15. La Ka`ba è il sacro tabernacolo che si trova a La Mecca che i Musulmani ritengono sia stato costruito da Abrahamo e da suo figlio Ismaele.

  16. Allah è una contrazione di al-ilah, che significa «il Dio». È il termine usato da tutti i Musulmani e gli Arabi cristiani per rivolgersi a Dio; viene impiegato anche nelle Scritture e nella letteratura dei Santi degli Ultimi Giorni in lingua araba.

  17. A. J. Arberry, traduttore, The Koran Interpreted (1955), 344.

  18. Questi aneddoti sulla personalità di Maometto si trovano in Annemarie Schimmel, And Muhammad Is His Messenger: The Veneration of the Prophet in Islamic Piety (1985), 46-49.

  19. Ja`far Qasimi, «The Life of the Prophet», in Islamic Spirituality, ed. Seyyed Hossein Nasr (1991), 92.

  20. I primi tre hadith citati qui sono tratti da al-Arba`in al-Nawawiyya [I quaranta hadith di Nawawi] (1976), 56, 88, 98. Gli ultimi due hadith furono registrati dall’autore durante delle conversazioni tenute con amici e conoscenti musulmani.

  21. Durante il Ramadan, i Musulmani digiunano dall’alba al tramonto per 30 giorni consecutivi, astenendosi dal mangiare, dal bere, dal tabacco e altre gratificazioni fisiche.

  22. Per ulteriori informazioni sul mondo musulmano o analogie e differenze dottrinali, vedere Daniel C. Peterson, Abraham Divided: An LDS Perspective on the Middle East (1995), oppure James A. Toronto, «Islam», in Spencer J. Palmer and Roger R. Keller, Religions of the World: A Latter-day Saint View (1997), 213-241.

  23. Church News, 3 aprile 1999, 6, con osservazioni e note personali dell’autore.

  24. Insegnamenti, 170.