2003
I pastori d’Israele
Novembre 2003


I pastori d’Israele

Ringrazio il Signore per i bravi vescovi di questa chiesa… Possiate conoscere nel vostro cuore quella pace che proviene soltanto da Dio per coloro che Lo servono.

Fratelli, questa sera farò qualcosa di insolito. Intendo ripetere quasi alla lettera un discorso che tenni quindici anni fa durante la riunione generale del sacerdozio. Vi parlerò dei vescovi della Chiesa, questo meraviglioso corpo di uomini che sono, in senso molto reale, i pastori d’Israele.

Chiunque partecipi a questa conferenza è tenuto a render conto a un vescovo o presidente di ramo. Il peso che essi portano è enorme e io invito ogni membro della Chiesa a fare tutto ciò che può per sollevare il fardello che grava sul lavoro dei nostri vescovi e presidenti di ramo.

Dobbiamo pregare per loro. Hanno bisogno di aiuto nel portare il pesante carico. Noi possiamo sostenerli di più e dipendere da loro di meno. Possiamo assisterli in ogni maniera possibile. Possiamo ringraziarli per tutto ciò che fanno per noi. Essi si esauriscono in fretta a causa dei fardelli che poniamo su di loro.

Nella Chiesa abbiamo più di diciottomila vescovi. Ognuno di loro è un uomo che è stato chiamato attraverso lo spirito di profezia e di rivelazione, poi messo a parte e ordinato mediante l’imposizione delle mani. Ognuno di loro detiene le chiavi della presidenza del suo rione. Ognuno è un sommo sacerdote, il sommo sacerdote presiedente del suo rione. Ognuno porta sulle spalle immense responsabilità attinenti al suo ministero. Ognuno per i suoi fedeli è come un padre.

Nessuno riceve denaro in cambio del suo servizio. Nessun vescovo di rione è compensato dalla Chiesa per il suo lavoro di vescovo.

I requisiti imposti a un vescovo oggi sono uguali a quelli del tempo di Paolo, il quale scrisse a Timoteo:

«Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, costumato, ospitale, atto ad insegnare,

non dedito al vino né violento [il che significa non un prepotente o una persona violenta], non litigioso, non amante del danaro

che governi bene la propria famiglia e tenga i figliuoli in sottomissione e in tutta riverenza

(che se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?),

che non sia novizio, affinché, divenuto gonfio d’orgoglio, non cada nella condanna del diavolo» (1 Timoteo 3:2–6).

Nella sua lettera a Tito, Paolo aggiunge: «Il vescovo bisogna che sia irreprensibile, come economo di Dio…

attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contradittori» (Tito 1:7, 9).

Queste parole descrivono adeguatamente un vescovo oggi della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

Concedetemi ora di parlare direttamente alle migliaia di vescovi che mi ascoltano questa sera. Lasciatemi dire per prima cosa che vi voglio tanto bene per la vostra integrità e bontà. Voi dovete essere uomini integri. Dovete ergervi come esempi da emulare davanti alla congregazione alla quale presiedete. Dovete stare più in alto, in modo da poter innalzare gli altri. Dovete essere assolutamente onesti, poiché amministrate i fondi del Signore, le decime del popolo, le offerte che provengono dal digiuno e i contributi che la gente versa alla Chiesa attingendo da magre risorse. Com’è grande la fiducia che vi è concessa quali custodi del borsellino del Signore!

La vostra bontà deve essere come uno stendardo per i fedeli. La vostra moralità deve essere impeccabile. Senza dubbio sarete soggetti alle lusinghe dell’Avversario perché egli sa che se riesce a distruggervi può danneggiare un intero rione. Dovete usare saggezza in tutti i rapporti con gli altri, perché nessuno legga nelle vostre azioni la macchia di un peccato morale. Non potete soccombere alla tentazione di leggere pubblicazioni pornografiche o vedere film pornografici, neppure nel segreto della vostra stanza. La vostra forza morale deve essere tale che, se sarete chiamati a sedere in giudizio per trasgressioni morali commesse da altri, possiate farlo senza scendere a compromessi o provare imbarazzo.

Non potete usare il vostro ufficio di vescovo per favorire i vostri interessi privati, per evitare che coloro che possono subire la vostra influenza, a seguito di un danno economico, vi mettano sotto accusa.

Non potete scendere a compromessi su ciò che vi rende degni di sedere come giudice comune in Israele. Essere un giudice della gente è una responsabilità tremenda e terribile. In alcuni casi dovrete essere il loro giudice per quanto riguarda la dignità di continuare a far parte della Chiesa, la dignità di entrare nella casa del Signore, la dignità di essere battezzati, la dignità di ricevere il sacerdozio, la dignità di svolgere una missione, la dignità di insegnare e di servire come dirigenti nelle varie organizzazioni. Dovete essere il giudice del loro diritto a ricevere, in tempi di ristrettezze, l’aiuto dei fondi delle offerte di digiuno dei fedeli e i beni di consumo del magazzino del Signore. Nessuno di coloro di cui siete responsabili deve soffrire la fame o rimanere senza vestiti o senza un tetto, anche quando esita a chiedere. Dovete essere informati delle situazioni in cui vivono le pecorelle del gregge al quale presiedete.

Dovete essere loro consigliere, consolatore, sostegno in tempi di dolore e di scoraggiamento. Dovete essere forti della forza che proviene dal Signore. Dovete essere saggi della saggezza che giunge dal Signore. La vostra porta deve essere aperta per udire le loro grida e le vostre spalle devono essere forti per portare i loro fardelli, il vostro cuore sensibile per giudicare le loro necessità, il vostro divino amore abbastanza grande e abbastanza forte da abbracciare anche il malfattore e il critico. Dovete essere uomini pieni di pazienza, disposti ad ascoltare e a sforzarvi di comprendere. Siete l’unico a cui alcune persone possono rivolgersi. Dovete essere presenti quando ogni altra fonte di aiuto è venuta meno. Permettetemi di leggere alcune righe di una lettera mandata a un vescovo:

«Caro vescovo,

sono trascorsi quasi due anni dal giorno in cui le telefonai disperato, invocando aiuto. A quel tempo ero pronto a togliermi la vita. Non avevo nessun altro cui rivolgermi: non avevo denaro, né lavoro, né amici. La mia casa era stata pignorata e non avevo un posto dove andare. La Chiesa era la mia ultima speranza.

Come lei sa avevo lasciato la Chiesa all’età di diciassette anni e avevo violato quasi ogni regola e comandamento nella mia ricerca della felicità e del successo. Invece che di felicità, la mia vita si era riempita di miseria, angoscia e disperazione. Per me non c’erano più né speranza né futuro. Arrivai a implorare Dio di farmi morire, di togliermi dalla mia disperazione. Neppure Lui mi voleva! Sentivo che anche Lui mi aveva respinto.

Fu allora che mi rivolsi a lei e alla Chiesa…

Lei mi ascoltò con comprensione, mi consigliò, mi guidò, mi aiutò.

Cominciai a progredire e a crescere nella comprensione e conoscenza del Vangelo. Scoprii che dovevo effettuare alcuni cambiamenti fondamentali nella mia vita, che erano terribilmente difficili, ma che dentro di me avevo il potere e la forza di fare.

Imparai che, mettendo in pratica il Vangelo e pentendomi, non avevo più motivo di temere. Ho provato una grande pace interiore. Le nuvole dell’angoscia e della disperazione sono svanite. Grazie all’espiazione di Gesù Cristo e al Suo amore per me, le mie debolezze e i miei peccati erano stati perdonati.

Egli mi ha benedetto e rafforzato. Ha aperto davanti a me la via da seguire, mi ha dato una direzione, mi ha tenuto lontano dal male. Ho scoperto che a mano a mano che superavo ogni ostacolo, i miei affari miglioravano sempre più permettendomi di provvedere alla mia famiglia e facendomi sentire soddisfatto di quanto avevo fatto.

Vescovo, lei mi ha dato comprensione e sostegno durante questi due anni. Se non fosse stato per il suo affetto e la sua pazienza non sarei mai arrivato dove mi trovo oggi. Grazie per ciò che ha fatto come servo del Signore per aiutare me, un Suo figlio traviato».

Vescovi, voi siete come sentinelle sulla torre del rione al quale presiedete. In quel rione vi sono molti insegnanti, ma voi dovete essere il più grande insegnante tra loro. Dovete assicurarvi che tra i fedeli non si insinuino false dottrine. Dovete assicurarvi che essi crescano nella fede e nella testimonianza, nell’integrità e nella rettitudine, come pure nella consapevolezza di dover servire. Dovete assicurarvi che il loro amore per il Signore si rafforzi e si manifesti sotto forma di un maggiore amore reciproco.

Dovete essere il loro confessore, il depositario dei loro segreti più intimi, rispettando nel modo più scrupoloso le confidenze che vi vengono fatte. Le comunicazioni private che intercorrono tra voi e loro devono essere salvaguardate e protette contro ogni intrusione. A volte potrete sentire la tentazione di parlare, ma non potete soccombere.

Tranne in specifici casi imposti dalla legge in caso di maltrattamento, ciò che vi viene detto in confidenza deve rimanere tale. La Chiesa gestisce un servizio telefonico al quale potete rivolgervi nel caso di maltrattamenti dei quali potete venire a conoscenza.

Voi personalmente presiedete al Sacerdozio di Aaronne del rione. Siete il dirigente dei giovani, il loro insegnante, il loro esempio, che lo vogliate o no. Siete il sommo sacerdote presiedente, il padre della famiglia del rione al quale i fedeli si rivolgono come arbitro nei disaccordi, come difensore degli accusati.

Voi presiedete alle riunioni nelle quali viene insegnata la dottrina. Siete responsabili dell’aspetto spirituale di queste riunioni; avete il compito di amministrare il sacramento ai santi affinché tutti possano ricordare le sacre alleanze e i sacri obblighi che competono a coloro che hanno preso su di sé il nome del Signore.

Dovete ergervi come grande amico della vedova e dell’orfano, del debole e dell’afflitto, della vittima e dell’inerme.

Il suono della vostra tromba deve essere sicuro e inequivocabile. Nel vostro rione state a capo dell’esercito del Signore per guidarlo alla vittoria nella lotta contro il peccato, l’indifferenza e l’apostasia.

So che a volte il lavoro è duro. Non vi sono mai abbastanza ore per portarlo a termine. Le telefonate sono numerose e frequenti. Avete altre cose da fare. Questo è vero. Non dovete derubare il vostro datore di lavoro del tempo e dell’energia che giustamente gli appartengono. Non dovete derubare la vostra famiglia del tempo che le appartiene. Ma, come la maggior parte di voi è arrivata a sapere, se cercate la guida divina otterrete una saggezza superiore alla vostra e una forza e una capacità che non sapevate di possedere. È possibile distribuire il vostro tempo in modo da non trascurare né il datore di lavoro, né la famiglia, né il gregge.

Dio benedica i buoni vescovi della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. In qualche occasione sentirete la tentazione di lamentarvi riguardo ai fardelli del vostro ufficio; ma voi conoscete anche le gioie del vostro servizio. Per quanto il vostro fardello possa essere pesante, sapete che è la cosa più dolce, più gratificante e più importante che abbiate mai fatto fuori delle mura di casa vostra.

Ringrazio il Signore per voi. Ringrazio il Signore per i bravi vescovi di questa chiesa in tutto il mondo. Prego per voi, per tutti i diciottomila vescovi. Vi imploro di essere forti, vi imploro di essere fedeli, vi imploro di non scendere ad alcun compromesso nella vostra vita né per quanto riguarda gli obiettivi che stabilite per gli altri. Anche se i vostri giorni sono lunghi e faticosi, possa il vostro riposo essere dolce e possiate conoscere nel vostro cuore quella pace che proviene soltanto da Dio per coloro che Lo servono.

Porto testimonianza della forza e della bontà dei vescovi di questa chiesa. Lodo i consiglieri che li aiutano e tutti coloro che servono sotto la loro direzione, in risposta alle chiamate che essi fanno.

Non ci aspettiamo l’impossibile da voi. Vi chiediamo di fare del vostro meglio. Delegate ad altri ogni aspetto del lavoro che vi è consentito delegare, poi rimettete la questione nelle mani del Signore.

Un giorno sarete rilasciati. Per voi sarà un momento di tristezza, ma vi sarà anche di grande conforto il ringraziamento dei vostri fedeli. Essi non vi dimenticheranno mai, vi ricorderanno e parleranno con gratitudine di voi durante gli anni a venire perché tra tutti i dirigenti della Chiesa siete quelli a loro più vicini. Siete stati chiamati, ordinati e messi a parte come pastori del gregge. Siete stati dotati di discernimento, giudizio nonché capacità di amare e benedire i vostri fedeli. Nell’adempiere la vostra chiamata riceverete voi stessi delle benedizioni.

Porto testimonianza della divina natura della vostra chiamata e del modo stupendo in cui l’assolvete. Prego umilmente affinché voi, i vostri consiglieri, vostra moglie e i vostri figli possiate essere benedetti per il servizio che rendete ai figli del Signore. Nel sacro nome di Gesù Cristo. Amen.