2012
Insegnare ai nostri figli a comprendere
Maggio 2012


Insegnare ai nostri figli a comprendere

Insegnare ai nostri figli a comprendere è qualcosa di più che trasmettere semplicemente delle informazioni. Significa aiutare i nostri figli ad acquisire la dottrina nel loro cuore.

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Cheryl A. Esplin

Col passare degli anni molti particolari della mia vita si offuscano sempre più, ma tra i ricordi che rimangono maggiormente vividi c’è la nascita di ognuno dei nostri figli. Il cielo sembrava vicinissimo e, se mi impegno, riesco quasi ad avvertire le stesse sensazioni di riverenza e meraviglia che ho provato ogni volta che uno di quei preziosi neonati è stato messo tra le mie braccia.

I nostri “figliuoli sono un’eredità che viene dall’Eterno” (Salmi 127:3). Egli conosce e ama ciascuno di loro con amore perfetto (vedere Moroni 8:17). Quale sacra responsabilità il Padre Celeste pone su noi genitori: quella di collaborare con Lui nell’aiutare i Suoi spiriti scelti a diventare ciò che Egli sa che possono diventare.

Il privilegio divino di allevare i nostri figli è una responsabilità così grande che non possiamo affrontarla senza l’aiuto del Signore. Egli sa esattamente ciò che i nostri figli hanno bisogno di sapere, ciò che devono fare e quello che devono essere per tornare alla Sua presenza. Egli dà alle madri e ai padri istruzioni specifiche e guida tramite le Scritture, i Suoi profeti e lo Spirito Santo.

In una rivelazione degli ultimi giorni data tramite il profeta Joseph Smith, il Signore comanda ai genitori di insegnare ai figli a comprendere la dottrina del pentimento, della fede in Cristo, del battesimo e del dono dello Spirito Santo. Fate attenzione, il Signore non dice solo che dobbiamo ‘insegnare la dottrina’; Egli ci istruisce di insegnare ai nostri figli a “comprendere la dottrina” (vedere DeA 68:25, 28; corsivo dell’autore).

Nei Salmi leggiamo: “Dammi intelletto e osserverò la tua legge; la praticherò con tutto il cuore” (Salmi 119:34).

Insegnare ai nostri figli a comprendere è qualcosa di più che trasmettere semplicemente delle informazioni. Significa aiutare i nostri figli ad acquisire la dottrina nel loro cuore in modo che essa diventi parte del loro essere e si rifletta, per tutta la vita, nel loro atteggiamento e comportamento.

Nefi insegnò che il compito dello Spirito Santo è di portare la verità “fino al cuore dei figlioli degli uomini” (2 Nefi 33:1). Il nostro compito di genitori è di fare tutto quello che possiamo per creare un’atmosfera in cui i nostri figli possano sentire l’influenza dello Spirito per poi aiutarli a riconoscere ciò che provano.

Questo mi ricorda una telefonata che ricevetti molti anni fa da nostra figlia, Michelle. Con tenera emozione disse: “Mamma, ho appena vissuto un’esperienza incredibile con Ashley”. Ashley è sua figlia e allora aveva cinque anni. Michelle descrisse la mattinata, una di quelle animate dai continui battibecchi tra Ashley e Andrew, di tre anni: uno dei due non voleva condividere e l’altro picchiava. Dopo che li ebbe aiutati a risolvere la questione, Michelle andò a controllare il bebè.

Presto Ashley corse da lei, arrabbiata per il fatto che Andrew non condividesse. Michelle ricordò ad Ashley l’impegno che avevano preso alla serata familiare, quello di essere più gentili gli uni con gli altri.

Domandò ad Ashley se volesse pregare e chiedere aiuto al Padre Celeste, ma Ashley, ancora molto arrabbiata, rispose di no. Quando le venne chiesto se credeva che il Padre Celeste avrebbe risposto alla sua preghiera, Ashley rispose che non lo sapeva. Sua madre le domandò di provare, le prese con dolcezza le mani e si inginocchiò con lei.

Michelle suggerì che Ashley poteva chiedere al Padre Celeste di aiutare Andrew a condividere, e di aiutare lei ad essere gentile. Il pensiero che il Padre Celeste potesse aiutare il suo fratellino a condividere suscitò probabilmente l’interesse di Ashley, che cominciò a pregare chiedendo prima di tutto al Padre Celeste di aiutare Andrew a condividere. Mentre Gli chiedeva di aiutare lei ad essere gentile, cominciò a piangere. Ashley terminò la preghiera e affondò il capo nella spalla della mamma. Michelle la strinse e le chiese perché piangesse. Ashley rispose che non lo sapeva.

Disse sua madre: “Penso di sapere perché stai piangendo. Ti senti bene dentro?” Ashley annuì e la mamma continuò: “È lo Spirito che ti aiuta a sentirti così. È il modo che ha il Padre Celeste per dirti che ti ama e che ti aiuterà”.

Chiese ad Ashley se ci credeva, se credeva che il Padre Celeste potesse aiutarla. Con gli occhietti pieni di lacrime, Ashley disse di sì.

A volte il modo più efficace per insegnare ai nostri figli a comprendere una dottrina è di istruirli nel contesto di ciò che stanno vivendo in un dato momento. Questi momenti sono spontanei, non vengono pianificati e capitano nel corso del normale svolgimento della vita familiare. Vanno e vengono rapidamente, quindi dobbiamo essere vigili e riconoscere il momento per insegnare ai nostri figli quando vengono da noi con una domanda o una preoccupazione, quando fanno fatica ad andare d’accordo coi fratelli e gli amici, quando hanno bisogno di controllare la rabbia, quando commettono un errore o quando devono prendere una decisione. (Vedere Insegnare: non c’è chiamata più grande — Manuale sussidiario per insegnare il Vangelo [2000], 127–128; Il matrimonio e i rapporti familiari Manuale dell’insegnante [2000], 65).

Se siamo pronti e lasciamo che in queste situazioni sia lo Spirito a guidarci, i nostri figli saranno istruiti con maggior efficacia e capiranno di più.

Altrettanto importanti sono i momenti d’insegnamento che giungono quando programmiamo con attenzione eventi regolari come la preghiera familiare, lo studio familiare delle Scritture, la serata familiare e altre attività di famiglia.

In ogni situazione in cui si può insegnare, sia l’apprendimento che la comprensione, nel loro complesso, sono meglio coltivati in un’atmosfera di calore e amore in cui sia presente lo Spirito.

Ogni volta che i suoi figli compivano otto anni, a partire da circa due mesi prima, un padre si prendeva del tempo, ogni settimana, per prepararli al battesimo. Sua figlia disse che quando fu il suo turno, egli le regalò un diario. Poi si sedettero insieme, solo loro due, a parlare e a condividere i loro sentimenti sui principi del Vangelo. Durante questi incontri egli le fece disegnare un sussidio visivo che mostrava l’esistenza pre-terrena, questa vita mortale e ogni passo che lei avrebbe dovuto compiere per tornare a vivere col Padre Celeste. Mentre la istruiva, egli rendeva testimonianza di ogni porzione del piano di salvezza.

Quando, da adulta, la figlia ricordò quest’esperienza, disse: “Non dimenticherò mai quanto amore sentii da parte di mio padre mentre stavo a tu per tu con lui… Penso che quell’esperienza fu il motivo principale per cui, quando fui battezzata, avevo già una forte testimonianza del Vangelo” (vedere Insegnare: non c’è chiamata più grande, 129).

Insegnare per far comprendere richiede un impegno determinato e costante. Richiede che insegniamo col precetto e con l’esempio e, soprattutto, che aiutiamo i nostri figli a mettere in pratica ciò che imparano.

Il presidente Harold B. Lee ha insegnato: “Se i giovani non vedono messo in pratica un principio del Vangelo, trovano assai difficile crederci” (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa: Harold B. Lee (2000), 121).

All’inizio ho imparato a pregare inginocchiandomi con la mia famiglia per la preghiera familiare. Mi è stato insegnato il linguaggio della preghiera mentre ascoltavo i miei genitori pregare e mentre essi mi aiutavano a dire le mie prime preghiere. Ho imparato che posso parlare col Padre Celeste e chiedere la Sua guida.

Ogni mattina, senza alcuna eccezione, prima di colazione mia madre e mio padre ci riunivano intorno al tavolo della cucina, dove ci inginocchiavamo per pregare. Pregavamo ad ogni pasto. La sera, prima di andare a letto, ci inginocchiavamo insieme nel soggiorno e concludevamo la giornata con la preghiera familiare.

Sebbene, quand’ero bambina, ci fossero molte cose che non capivo della preghiera, essa è diventata una parte talmente importante della mia vita da rimanere con me. Continuo ancora ad imparare e la mia comprensione del potere della preghiera cresce continuamente.

L’anziano Jeffrey R. Holland ha detto: “Tutti capiamo che il successo del messaggio evangelico dipende dal fatto che esso viene insegnato e poi compreso e poi vissuto in modo tale che la sua promessa di felicità e salvezza possa realizzarsi” (“L’insegnamento e l’apprendimento nella Chiesa” [riunione di addestramento dei dirigenti a livello mondiale, 10 febbraio 2007], Liahona, giugno 2007, 57).

Imparare a comprendere pienamente le dottrine del Vangelo è un processo che dura una vita e avviene “linea su linea, precetto su precetto, qui un poco e là un poco” (2 Nefi 28:30). Quando i bambini imparano e agiscono in base a quanto appreso, la loro comprensione viene ampliata e ciò li porta ad imparare di più, ad agire di più e ad ottenere una comprensione più ampia e duratura.

Possiamo sapere se i nostri figli stanno cominciando a comprendere la dottrina quando questa si rivela nel loro atteggiamento e nelle loro azioni, senza bisogno di minacce o ricompense esterne. Man mano che imparano a comprendere le dottrine del Vangelo, i nostri figli diventano più autosufficienti e responsabili. Prendono parte alla soluzione dei problemi della nostra famiglia e danno un contributo positivo all’ambiente familiare e al successo della famiglia.

Insegniamo ai nostri figli a comprendere quando sfruttiamo ogni occasione d’insegnamento, invitiamo lo Spirito, diamo l’esempio e li aiutiamo a mettere in pratica ciò che hanno imparato.

Quando guardiamo un piccolo neonato negli occhi, ci viene in mente quest’inno:

Sono un figlio di Dio;

bisogno ho del Suo amor;

la Sua parola mi sostien,

io so ch’è verità.

Guidami, aiutami,

cammina insieme a me;

dimmi quel che devo far

per ritornare a Te.

(“Sono un figlio di Dio”, Inni, 190; corsivo dell’autore).

Possiamo anche noi fare lo stesso. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.