2015
L’essere genuini
Maggio 2015


L’essere genuini

Prego che resisteremo alla tentazione di attirare l’attenzione su noi stessi e che, invece, ci impegneremo a ottenere un onore più grande: diventare discepoli umili e genuini di Gesù Cristo.

Alla fine del diciottesimo secolo, Caterina la Grande di Russia annunciò che avrebbe visitato la parte meridionale dell’impero accompagnata da vari ambasciatori stranieri. Il governatore di quell’area, Grigory Potemkin, voleva disperatamente fare colpo su questi visitatori. Fece dunque salti mortali per mettere in risalto i risultati ottenuti dal paese.

Per parte del viaggio, Caterina navigò lungo il fiume Dnepr mostrando con fierezza agli ambasciatori i piccoli villaggi fiorenti lungo le sponde, pieni di persone industriose e felici. C’era solo un problema: era tutta apparenza. Si dice che Potemkin aveva creato finte case e negozi di cartapesta. Aveva persino posizionato dei finti contadini indaffarati per dare l’immagine di un’economia prospera. Non appena il gruppo di viaggiatori scompariva oltre la curva del fiume, gli uomini di Potemkin impacchettavano il finto villaggio e si precipitavano più avanti lungo il corso del fiume per prepararsi al successivo passaggio di Caterina.

Sebbene gli storici moderni abbiano messo in discussione la veridicità di questa storia, il termine “villaggio Potemkin” è entrato a far parte del vocabolario mondiale. Oggi viene usato per riferirsi a qualsiasi tentativo di far credere agli altri di essere migliori di ciò che siamo realmente.

Il nostro cuore è nel posto giusto?

Fa parte della natura umana voler apparire al meglio. Questo è il motivo per cui molti di noi si impegnano così tanto al di fuori delle proprie case e per cui i fratelli del Sacerdozio di Aaronne si assicurano che ogni capello sia a posto, nel caso in cui dovessero incontrare la ragazza giusta. Non c’è nulla di male nel lucidare le nostre scarpe, nell’essere profumati e neanche nel nascondere i piatti sporchi prima che arrivino gli insegnanti familiari. Tuttavia, quando viene portato all’estremo, questo desiderio di impressionare può passare da essere utile a essere ingannevole.

I profeti del Signore hanno sempre levato una voce di avvertimento contro chi “s’avvicina [al Signore] colla bocca e [Lo] onora con le labbra, mentre il suo cuore è lungi da [Lui]”1.

Il Salvatore era comprensivo e compassionevole con i peccatori il cui cuore era umile e sincero. Tuttavia, agì con retta indignazione contro gli ipocriti come gli scribi, i Farisei e i Sadducei – coloro che cercavano di apparire retti per ottenere le lodi, l’influenza e le ricchezze del mondo, mentre nel frattempo opprimevano la gente che avrebbero dovuto benedire. Il Salvatore li paragonò a “sepolcri imbiancati, che appaion belli di fuori, ma dentro son pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia”2.

Ai nostri giorni, il Signore ha detto parole altrettanto forti ai detentori del sacerdozio che cercano di “coprire i [propri] peccati, o [di] gratificare il [loro] orgoglio, [o la loro] vana ambizione”. Egli ha detto che, quando lo fanno, “i cieli si ritirano, lo Spirito del Signore è afflitto; e quando si è ritirato, amen al sacerdozio, ossia all’autorità di quell’uomo”3.

Perché accade questo? Perché a volte cerchiamo di apparire attivi, prosperi e devoti esteriormente quando interiormente – come disse il Rivelatore agli Efesini – abbiamo “lasciato il [nostro] primo amore”4?

In alcuni casi potremmo semplicemente aver perso di vista l’essenza del Vangelo, scambiando la “forma della divinità” per il “potere stesso”5. Questo è particolarmente pericoloso quando esterniamo le nostre espressioni di discepolato per fare colpo sugli altri al fine di ottenere guadagno personale o acquisire influenza. È allora che rischiamo di diventare come i Farisei, ed è questo il tempo di esaminare il nostro cuore per apportare immediatamente le modifiche necessarie al corso della nostra vita.

Programmi Potemkin

Questa tentazione di apparire migliori di quello che siamo non si trova soltanto nella nostra vita personale, ma si può trovare anche nei nostri incarichi nella Chiesa.

Per esempio, so di un palo in cui i dirigenti hanno stabilito alcune mete ambiziose da raggiungere durante l’anno. Nonostante le mete sembrassero tutte utili, esse si basavano su dichiarazioni elevate ed eclatanti o su numeri e percentuali.

Dopo che queste mete sono state discusse e approvate qualcosa ha iniziato a preoccupare il presidente di palo. Ha pensato ai membri del suo palo – come la giovane madre con figli piccoli da poco rimasta vedova. Ha pensato ai membri che hanno difficoltà a causa dei dubbi, della solitudine o che hanno gravi problemi di salute e sono senza assicurazione sanitaria. Ha pensato ai membri che hanno a che fare con matrimoni falliti, dipendenze, disoccupazione e malattie mentali. Più ha pensato a loro e più si è fatto una domanda che lo ha reso umile: “Le nostre nuove mete faranno una differenza nella vita di questi membri?”

Ha iniziato a chiedersi in che modo le mete del palo avrebbero potuto essere diverse se si fossero chiesti come prima cosa: “Qual è il nostro ministero?”

Questo presidente di palo, dunque, ha parlato di nuovo con i suoi consiglieri e, insieme, hanno cambiato direzione. Hanno stabilito che non avrebbero permesso che “gli affamati, […] i bisognosi, […] gli ignudi […] gli ammalati e gli afflitti [passassero] accanto a [loro] e non li [notassero]”6.

Hanno stabilito nuove mete, riconoscendo che il successo di queste nuove mete non può sempre essere misurato, almeno non dall’uomo – poiché come può una persona misurare la testimonianza personale, l’amore di Dio o la compassione per gli altri?

Tuttavia, sanno anche che “molte delle cose che si possono contare, non contano. Molte delle cose che non si possono contare, contano davvero”7.

Mi chiedo se le nostre mete organizzative e personali siano a volte l’equivalente moderno di un villaggio Potemkin. Sembrano eclatanti da lontano, ma mancano di soddisfare i bisogni reali del nostro amato prossimo?

Miei cari amici e compagni detentori del sacerdozio, se Gesù Cristo si sedesse con noi e chiedesse un resoconto del nostro ministero, non credo che si concentrerebbe molto su programmi e statistiche. Ciò che il Salvatore vorrebbe sapere sarebbe la condizione del nostro cuore. Vorrebbe sapere in che modo amiamo e serviamo chi è affidato alle nostre cure, in che modo mostriamo amore al nostro coniuge e alla nostra famiglia e in che modo alleggeriamo il loro carico quotidiano. Inoltre, il Salvatore vorrebbe sapere in che modo ci avviciniamo a Lui e al nostro Padre Celeste.

Perché siamo qui?

Sarebbe bene esaminare il nostro cuore. Ad esempio, potremmo chiederci perché serviamo nella Chiesa di Gesù Cristo.

Potremmo persino chiederci perché siamo qui a questa riunione oggi.

Suppongo che, se dovessi rispondere a questa domanda in modo superficiale, direi che mi trovo qui perché il presidente Monson mi ha chiesto di fare un discorso.

Dunque, non ho avuto scelta.

Inoltre, mia moglie, che amo moltissimo, si aspetta che partecipi alle riunioni. Come posso dirle di no?

Tuttavia, noi tutti sappiamo che ci sono ragioni migliori per partecipare alle nostre riunioni e per vivere la nostra vita come discepoli devoti di Gesù Cristo.

Io sono qui perché desidero con tutto il mio cuore seguire il mio Maestro, Gesù Cristo. Anelo a fare tutto ciò che Egli mi chiede di fare in questa grande causa. Desidero ardentemente essere edificato dallo Spirito Santo e ascoltare la voce di Dio mentre parla attraverso i Suoi servitori ordinati. Sono qui per diventare un uomo migliore, per essere edificato dagli esempi ispirati dei miei fratelli e delle mie sorelle in Cristo, e per imparare a ministrare in maniera più efficace a coloro che sono nel bisogno.

In breve, sono qui perché amo il mio Padre Celeste e Suo Figlio, Gesù Cristo.

Sono sicuro che anche per voi questo sia il motivo. Questo è il motivo per cui siamo disposti a fare sacrifici e non soltanto dichiarazioni per seguire il Salvatore. Questo è il motivo per cui deteniamo con onore il Suo santo sacerdozio.

Dalla scintilla al gran falò

Che la vostra testimonianza sia ardente e in buona salute o che la vostra attività nella Chiesa assomigli più a un villaggio Potemkin, la buona notizia è che potete partire da ciò che avete per migliorare. Qui nella Chiesa di Gesù Cristo potete maturare spiritualmente e avvicinarvi al Salvatore mettendo in pratica i principi del Vangelo giorno dopo giorno.

Con pazienza e perseveranza, persino il più piccolo atto di discepolato o la più piccola quantità di credo possono diventare il falò ardente di una vita consacrata. Infatti, è proprio da qui che la maggior parte dei falò ha origine: una semplice scintilla.

Dunque, se vi sentite piccoli e deboli, per favore – semplicemente – venite a Cristo, che rende forti le cose deboli.8 Il più debole tra noi, tramite la grazia di Dio, può diventare forte spiritualmente, perché Dio “non ha riguardo alla qualità delle persone”9. Egli è il nostro “Iddio fedele, che mantiene il suo patto e la sua benignità […] a quelli che l’amano e osservano i suoi comandamenti”10.

È mia convinzione che se Dio può raggiungere e sostenere un povero rifugiato tedesco di famiglia umile, in un paese straziato dalla guerra dall’altra parte del mondo rispetto alla sede centrale della Chiesa, allora può raggiungere anche voi.

Miei cari fratelli in Cristo, il Dio della Creazione, che ha dato vita all’universo, sicuramente ha il potere di dare vita a voi. Sicuramente può fare di voi l’essere genuino e spirituale di luce e verità che desiderate essere.

Le promesse di Dio sono sicure e certe. Possiamo essere perdonati dei nostri peccati e purificati da ogni iniquità.11 Se continuiamo, dunque, ad accettare pienamente i principi veritieri e a vivere in base a essi nelle nostre circostanze personali e nella nostra famiglia, infine giungeremo al punto in cui “non [avremo] più fame e non [avremo] più sete, […] perché l’Agnello che è in mezzo al trono [ci] pasturerà e [ci] guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Iddio asciugherà ogni lagrima dagli occhi [nostri]”12.

La Chiesa è un luogo in cui guarire, non in cui nascondersi

Tuttavia, questo non può avvenire se ci nascondiamo dietro facciate personali, dogmatiche od organizzative. Tale discepolato artificiale non solo ci impedisce di vedere noi stessi per quello che siamo realmente, ma anche di cambiare davvero grazie al miracolo dell’Espiazione del Salvatore.

La Chiesa non è una concessionaria di automobili, ovvero un luogo in cui ci mettiamo in mostra affinché gli altri ammirino la nostra spiritualità, le nostre capacità o la nostra prosperità. È più un centro assistenza, dove i veicoli che hanno bisogno di riparazioni vengono per ricevere manutenzione ed essere riabilitati.

Non abbiamo tutti, proprio tutti, bisogno di riparazioni, manutenzione e riabilitazione?

Non veniamo in chiesa per nascondere i nostri problemi, ma per guarirli.

Inoltre, in veste di detentori del sacerdozio, abbiamo un’ulteriore responsabilità – “[pascere] il gregge di Dio […] non forzatamente, ma volenterosamente […] non per un [guadagno personale], ma di buon animo; e non come signoreggiando quelli che [ci] son toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge”13.

Ricordate, fratelli, “Iddio resiste ai superbi e dà grazia agli umili”14.

L’uomo più grande, più capace e più completo che abbia mai camminato su questa terra era anche il più umile. Svolse alcuni dei Suoi più importanti atti di servizio in privato, in presenza di pochi, ai quali Egli chiese di “non dire ad alcuno” ciò che aveva fatto.15 Quando qualcuno lo chiamò “buono”, Egli prontamente reindirizzò il complimento, insistendo che soltanto Dio è davvero buono.16 Era chiaro che le lodi del mondo non significavano nulla per Lui; il Suo unico scopo era quello di servire Suo Padre e di “[fare] del continuo le cose che gli piacciono”17. Faremmo bene a seguire l’esempio del nostro Maestro.

Spero che possiamo amare come Egli ha amato

Fratelli, questa è la nostra somma e sacra chiamata: essere rappresentanti di Gesù Cristo, amare come Egli ha amato, servire come Egli ha servito, “[alzare] le mani cadenti e [rafforzare] le ginocchia fiacche”18, “[prendersi cura dei] poveri e [dei] bisognosi”19, e provvedere alle vedove e agli orfani20.

Fratelli, prego che mentre serviamo in famiglia, nei quorum, nei rioni, nei pali, nelle comunità e nelle nazioni, resisteremo alla tentazione di attirare l’attenzione su noi stessi e che, invece, ci impegneremo a ottenere un onore più grande: diventare discepoli umili e genuini del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo. Nel farlo, ci ritroveremo a camminare sul sentiero che conduce al nostro io migliore, più genuino e più nobile. Di questo rendo testimonianza nel nome del nostro Maestro, Gesù Cristo. Amen.