2015
Un’estate con la prozia Rose
Novembre 2015


Un’estate con la prozia Rose

Mentre percorrete il vostro luminoso sentiero del discepolato, prego che la fede fortifichi ogni vostro passo lungo il cammino.

Mie amate sorelle e care amiche, sono molto felice di essere con voi; sono grato di essere alla presenza del nostro amato profeta, il presidente Thomas S. Monson. Presidente, le vogliamo bene. Siamo addolorati per la scomparsa dei nostri tre preziosi amici e veri apostoli del Signore. Ci mancano il presidente Packer, l’anziano Perry e l’anziano Scott; vogliamo loro bene. Preghiamo per le loro famiglie e per i loro amici.

Attendo sempre con ansia questa sessione della conferenza; la splendida musica e i consigli delle nostre sorelle ispirate portano lo Spirito in grande abbondanza. Sono una persona migliore dopo essere stato in vostra compagnia.

Nel meditare su ciò che avrei dovuto dirvi oggi, i miei pensieri si sono volti al modo in cui il Salvatore insegnava. È interessante notare come Egli fosse in grado di insegnare le verità più sublimi usando storie semplici. Le Sue parabole invitavano i Suoi discepoli ad accogliere le verità non soltanto con la mente, ma anche con il cuore, e a collegare i principi eterni alla loro vita quotidiana.1 Anche il nostro caro presidente Monson è un maestro nell’insegnare mediante esperienze personali che toccano il cuore.2

Oggi anche io presenterò il mio messaggio esprimendo pensieri e sentimenti sotto forma di una storia. Vi invito ad ascoltare con lo Spirito. Lo Spirito Santo vi aiuterà a trovare in questa parabola il messaggio rivolto in modo specifico a voi.

La prozia Rose

La storia riguarda una ragazza di nome Eva. Ci sono due cose importanti che dovreste sapere riguardo a Eva. Una è che in questa storia aveva soltanto undici anni. L’altra è che non voleva assolutamente, per nessun motivo, andare a vivere con la sua prozia Rose. Non voleva andarci affatto. Nemmeno per sogno.

Tuttavia, sua madre doveva sottoporsi a un intervento chirurgico che avrebbe richiesto una lunga convalescenza. Così, i genitori stavano per mandare Eva a trascorrere l’estate dalla prozia Rose.

Nella mente di Eva scorrevano mille motivi per cui quella non era una buona idea. In primo luogo, avrebbe significato stare lontana dalla madre. Avrebbe anche voluto dire lasciare la famiglia e gli amici. Inoltre, non conosceva neppure la prozia Rose. Eva stava molto bene dove stava, grazie lo stesso.

Tuttavia, nessuna discussione o sbuffo avrebbero potuto modificare la decisione presa. Pertanto, Eva preparò la valigia e affrontò il lungo viaggio in auto insieme a suo padre fino a casa della prozia Rose.

Sin dal primo momento in cui vi mise piede, Eva odiò quella casa.

Era tutto così vecchio! Ogni centimetro era colmo di vecchi libri, bottiglie dagli strani colori e contenitori di plastica traboccanti perline, nastri e bottoni.

La prozia Rose ci viveva da sola; non si era mai sposata. L’unico altro abitante della casa era un gatto grigio a cui piaceva trovare il punto più elevato di ogni stanza per appostarvisi come una tigre affamata e scrutare tutto quanto stava sotto.

Persino la casa stessa sembrava solitaria. Si trovava in campagna, dove le case sono distanti l’una dall’altra. Non c’era nessuno dell’età di Eva nel raggio di un chilometro. Anche questo la faceva sentire sola.

Inizialmente non prestò molta attenzione alla prozia Rose. Pensava principalmente a sua madre. A volte, restava alzata la notte pregando con tutta l’anima che la mamma potesse stare bene. Anche se non fu una cosa immediata, Eva cominciò a sentire che Dio stava vegliando su sua madre.

Alla fine giunse la notizia che l’operazione era andata bene; ora, Eva doveva solo portare pazienza fino alla fine dell’estate. Quanto odiava portare pazienza, però!

Con la mente in pace riguardo a sua madre, Eva cominciò a notare un po’ di più la prozia Rose. Era una donna ‘grande’; tutto ciò che la riguardava era ‘grande’: la sua voce, il suo sorriso, la sua personalità. Per lei non era facile muoversi, ma cantava e rideva sempre mentre lavorava e il suono della sua risata riempiva la casa. Ogni sera si sedeva sul suo divano troppo morbido, tirava fuori le Scritture e leggeva ad alta voce, e mentre leggeva a volte faceva commenti come: “Oh, non avrebbe dovuto farlo!”, oppure “Che cosa non darei per essere stata lì presente!”, o “Non è la cosa più bella che tu abbia mai sentito?”. Inoltre, ogni sera, quando s’inginocchiavano di fianco al letto di Eva per pregare, la prozia Rose offriva delle preghiere meravigliose, ringraziando il suo Padre Celeste per le ghiandaie azzurre e per gli abeti, per i tramonti e per le stelle, e per “la meraviglia di essere viva”. A Eva sembrava che Rose conoscesse Dio come si conosce un amico.

Col passare del tempo, Eva fece una scoperta sorprendente: la prozia Rose era molto probabilmente la persona più felice che avesse mai conosciuto!

Ma com’era possibile?

Che motivo aveva di essere felice?

Non si era mai sposata, non aveva figli, non aveva nessuno che le facesse compagnia, tranne quel gatto che dava i brividi, e faceva fatica a compiere azioni semplici come allacciarsi le scarpe e salire le scale.

Quando andava in città, indossava cappelli esageratamente grandi e vistosi. Tuttavia, le persone non ridevano di lei. Piuttosto, le si accalcavano tutte attorno per parlare con lei. Rose era stata un’insegnante e non era insolito che i suoi ex-studenti — ora cresciuti e diventati genitori — si fermassero a parlare con lei. La ringraziavano perché era stata un’influenza positiva nella loro vita. Spesso ridevano; a volte piangevano anche.

Col passare dell’estate, Eva trascorreva sempre più tempo con Rose. Facevano lunghe passeggiate ed Eva imparò la differenza tra passeri e fringuelli. Raccoglieva bacche di sambuco selvatico e preparava marmellata di arance. Conobbe la storia della sua trisavola che aveva lasciato la sua amata terra d’origine, aveva attraversato un oceano e aveva percorso a piedi le praterie per stare insieme ai santi.

Ben presto, Eva fece un’altra scoperta sorprendente: non soltanto la prozia Rose era una delle persone più felici che conoscesse, ma Eva stessa era più felice quando era in sua compagnia.

Ora i giorni estivi scorrevano più in fretta. Prima che Eva potesse rendersene conto, la prozia Rose disse che presto sarebbe potuta tornare a casa. Sebbene Eva avesse atteso quel momento sin dal giorno del suo arrivo, ora non sapeva cosa pensare. Si rese conto che le sarebbe davvero mancata quella vecchia casa strana con il gatto furtivo e la sua amata prozia Rose.

Il giorno prima che suo padre venisse a riprenderla, Eva pose la domanda a cui aveva pensato per settimane: “Zia Rose, perché sei così felice?”.

La zia Rose la guardò attentamente e poi la condusse davanti a un dipinto appeso in soggiorno. Le era stato donato da un caro amico col talento della pittura.

“Che cosa vedi?”, le chiese la prozia.

Immagine
Giovane pioniera che saltella

Eva aveva già notato quel dipinto, ma non lo aveva osservato con grande attenzione. Una giovane in abiti da pioniera saltellava lungo un sentiero azzurro. L’erba e gli alberi erano di un verde vivo. Eva disse: “Il dipinto raffigura una giovane. Sembra che stia saltellando”.

“Sì, è una pioniera che saltella felice”, disse la zia Rose. “Immagino che i pionieri avessero molte giornate buie e tristi. La loro vita era molto dura; non ne abbiamo neppure idea. Ma in questo dipinto, tutto è luminoso e pieno di speranza. Questa giovane saltella piena di energia, muovendosi in avanti e verso l’alto”.

Eva rimase in silenzio, così la prozia Rose continuò: “Ci sono già troppe cose che non vanno nel verso giusto nella vita, quindi chiunque potrebbe gettarsi in una pozzanghera di pessimismo e in una palude di malinconia. Ma conosco persone che, anche quando le cose non vanno bene, si concentrano sulle meraviglie e sui miracoli della vita. Queste sono le persone più felici che conosco”.

“Ma — disse Eva — non basta semplicemente premere un interruttore e passare dalla tristezza alla felicità”.

“No, forse no”, sorrise gentilmente la zia Rose, “ma Dio non ci ha creati per essere tristi. Ci ha creati per provare gioia!3 Quindi, se confidiamo in Lui, Egli ci aiuterà ad accorgerci delle cose belle, luminose e positive della vita, e il mondo si farà sicuramente più radioso. No, non avviene subito; ma siamo sinceri, quante cose buone accadono in modo immediato? A me pare che le cose migliori, come il pane fatto in casa o la marmellata di arance, richiedano pazienza e impegno”.

Eva ci pensò su un momento e disse: “Forse non è così semplice per le persone per cui non è tutto perfetto nella vita”.

“Cara Eva, pensi davvero che la mia vita sia perfetta?”. La zia Rose si sedette con Eva sul divano troppo morbido. “C’è stato un periodo in cui ero così scoraggiata che non volevo più andare avanti”.

“Chi, tu?”, domandò Eva.

La zia Rose annuì. “C’erano così tante cose che desideravo nella mia vita”. Mentre parlava, dalla sua voce trapelò una tristezza che Eva non aveva mai udito prima. “La maggior parte non si sono mai realizzate. Era un dolore dopo l’altro. Un giorno, mi resi conto che la mia vita non sarebbe mai stata come avevo sperato. Fu un giorno deprimente. Ero pronta a gettare la spugna e ad arrendermi all’infelicità”.

“Quindi che cosa hai fatto?”

“Per un po’ di tempo, nulla. Ero solo arrabbiata. Ero di pessima compagnia”. Poi rise un poco, ma non era la sua solita risata sonora che riempiva la stanza. “‘Non è giusto’ era il titolo della canzone che cantavo continuamente nella mia testa. Alla fine, però, ho scoperto qualcosa che ha determinato una svolta completa nella mia vita”.

“Che cosa?”

“La fede”, disse sorridendo la zia Rose. “Ho scoperto la fede, e la fede ha portato alla speranza, e la fede e la speranza mi hanno trasmesso la fiducia che un giorno tutto avrebbe avuto un senso, che grazie al Salvatore tutti i torti sarebbero stati raddrizzati. Dopo quella scoperta, vidi che il cammino dinanzi a me non era così triste e polveroso come avevo pensato. Cominciai a notare gli azzurri luminosi, i verdi lussureggianti e i rossi accesi, e decisi che potevo scegliere: potevo chinare il capo e trascinarmi lungo il sentiero polveroso dell’autocommiserazione, oppure potevo avere un po’ di fede, indossare un abito dai colori vivaci, mettere le mie scarpe da ballo e saltellare canticchiando lungo il sentiero della vita”. Ora la sua voce saltellava piena di energia come la giovane nel dipinto.

La zia Rose allungò la mano verso il tavolino e prese le sue Scritture consumate dall’uso. “Non credo che fossi clinicamente depressa; non sono certa che si possa uscirne da soli cambiando semplicemente atteggiamento, ma di sicuro mi ero convinta da sola di essere infelice! Sì, avevo giorni difficili, ma tutti i miei rimuginamenti e le mie preoccupazioni non avrebbero cambiato la situazione; peggioravano soltanto le cose. La fede nel Salvatore mi ha insegnato che, a prescindere da ciò che era successo in passato, la mia storia poteva avere un lieto fine”.

“Come lo sai?”, domandò Eva.

La zia Rose girò una pagina nella sua Bibbia e disse: “Lo spiega proprio qui:

‘Dio […] abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio;

e asciugherà ogni lagrima dagli occhi loro e la morte non sarà più; né ci saran più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate’”.4

La prozia Rose guardò Eva. Con un grande sorriso, sussurrò con voce leggermente tremante: “Non è la cosa più bella che tu abbia mai sentito?”.

Sembrava davvero meraviglioso, pensò Eva.

La zia Rose girò alcune pagine e indicò un versetto a Eva perché lo leggesse: “Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano”.5

“Con un simile futuro glorioso”, disse la zia Rose, “perché farsi sommergere dal passato o dalle cose presenti che non vanno nel modo in cui avevamo previsto?”

Eva aggrottò le sopracciglia, confusa. “Ma, aspetta un attimo”, disse. “Stai dicendo che essere felici significa semplicemente attendere la felicità futura? Tutta la nostra felicità si trova nell’eternità? Non può essercene un po’ adesso?”.

“Certo che può!”, esclamò la zia Rose. “Cara mia, il momento presente fa parte dell’eternità. L’eternità non ha inizio soltanto dopo la morte! La fede e la speranza apriranno i tuoi occhi alla felicità che ti viene posta dinanzi.

Conosco una poesia che dice: “‘Per sempre’ è composto da tanti ‘ora’”.6 Non volevo che il mio ‘per sempre’ fosse composto da momenti bui e pieni di paura; e non volevo vivere in un tetro isolamento, digrignando i denti, chiudendo gli occhi e perseverando con rancore fino all’amara fine. La fede mi ha dato la speranza di cui avevo bisogno per vivere con gioia adesso!”.

“Quindi che cosa hai fatto?”, domandò Eva.

“Ho esercitato la fede nelle promesse di Dio riempiendo la mia vita di cose piene di significato: sono andata a scuola; ho acquisito un’istruzione. Questo mi ha permesso di svolgere una professione che ho amato”.

Eva pensò per un attimo a quelle parole e disse: “Ma sicuramente non è stato l’essere piena d’impegni a renderti felice. Ci sono molte persone indaffarate che non sono felici”.

“Come fai a essere così saggia, alla tua giovane età?”, domandò la zia Rose. “Hai perfettamente ragione. La maggior parte di queste persone indaffarate e infelici ha dimenticato ciò che conta di più al mondo, ciò che Gesù definì il cuore del Suo vangelo”.

“E che cos’è?”, domandò Eva.

“L’amore, il puro amore di Cristo”, disse Rose. “Vedi, tutti gli altri aspetti del Vangelo — tutti i dovresti e i devi e i farai — portano all’amore. Quando amiamo Dio, vogliamo servirLo. Vogliamo essere come Lui. Quando amiamo il nostro prossimo, smettiamo di concentrarci così tanto sui nostri problemi e aiutiamo gli altri a risolvere i loro”.7

“Ed è questo a renderci felici?”, domandò Eva.

La prozia Rose annuì e sorrise; gli occhi le si riempirono di lacrime. “Sì, mia cara. Questo è ciò che ci rende felici”.

Mai più la stessa persona

Il giorno seguente Eva abbracciò la sua prozia Rose e la ringraziò per tutto quello che aveva fatto. Tornò dalla sua famiglia, dai suoi amici, nella sua casa e nel suo vicinato,

ma non fu mai più la stessa persona.

Crescendo, Eva pensò spesso alle parole della sua prozia Rose. Eva si sposò, crebbe dei figli e visse una vita lunga e meravigliosa,

e un giorno, in casa sua, mentre ammirava un dipinto raffigurante una giovane con abiti da pioniera che saltellava lungo un sentiero azzurro, si rese conto che in qualche modo aveva raggiunto la stessa età che aveva la prozia Rose al tempo di quell’estate indimenticabile.

Immagine
Giovane pioniera che saltella

Quando se ne accorse, Eva sentì nascere nel suo cuore una preghiera speciale e si sentì grata per la propria vita, per la propria famiglia, per il vangelo restaurato di Gesù Cristo e per quell’estate di tanti anni prima in cui la prozia Rose8 le aveva insegnato la fede, la speranza e l’amore.9

Una benedizione

Mie amate sorelle, mie care amiche in Cristo, spero e prego che qualcosa in questa storia abbia toccato il vostro cuore e abbia ispirato la vostra anima. So che Dio vive e che ama ciascuna di voi.

Mentre percorrete il vostro luminoso sentiero del discepolato, prego che la fede fortifichi ogni vostro passo lungo il cammino, che la speranza apra i vostri occhi alle glorie che il Padre Celeste ha in serbo per voi e che l’amore nei confronti di Dio e di tutti i Suoi figli riempia il vostro cuore. Quale apostolo del Signore, vi lascio questa mia testimonianza e benedizione nel nome di Gesù Cristo. Amen.

Note

  1. Vedere ad esempio Matteo 13:24–30; 18:23–35; 20:1–16; 22:1–14; 25; Luca 10:25–37; 15:11–32.

  2. Vedere ad esempio Thomas S. Monson, “Guidati in sicurezza verso casa”, Liahona, novembre 2014, 67–69; “L’amore: l’essenza del Vangelo”, Liahona, maggio 2014, 91–94; “Non siamo mai soli”, Liahona, novembre 2013, 121–124; “L’obbedienza porta le benedizioni”, Liahona, maggio 2013, 89–92.

  3. Vedere 2 Nefi 2:25.

  4. Apocalisse 21:3–4.

  5. 1 Corinzi 2:9.

  6. “Forever—is composed of Nows”, in Final Harvest: Emily Dickinson’s Poems, selezionate da Thomas H. Johnson (1961), 158; vedere anche poetryfoundation.org/poem/182912.

  7. Vedere Luca 9:24.

  8. “Spesso l’aguzza spina produce dolci rose” (Ovidio, Epistulae ex ponto, libro 2, epistola 2, riga 34; “Saepe creat molles aspera spina rosas”).

  9. Vedere Moroni 7:42.