Insegnamenti dei presidenti
Perdonare gli altri con tutto il cuore


Capitolo 9

Perdonare gli altri con tutto il cuore

Il Signore ci ha comandato di perdonare gli altri così da poter essere perdonati dei nostri peccati ed essere benedetti con pace e gioia.

Dalla vita di Spencer W. Kimball

Quando il presidente Spencer W. Kimball insegnò riguardo al ricercare il perdono, insegnò inoltre il principio vitale del perdonare gli altri. Nell’implorare l’umanità a sviluppare lo spirito del perdono, egli raccontò la seguente esperienza:

«Stavo lavorando per risolvere un grave problema in un piccolo rione… dove due uomini eminenti, entrambi dirigenti, erano divisi da un’acerrima inimicizia. Alcune incomprensioni li avevano portati a quel deprecabile punto. Col passare dei giorni, delle settimane e dei mesi, la loro inimicizia diventava sempre maggiore. Questi sentimenti ostili vennero piano piano condivisi dalle rispettive famiglie e infine da quasi tutti i componenti del rione. Essi diffondevano chiacchiere, litigavano, lanciavano insulti sanguinosi. Ben presto la comunità venne divisa da un profondo baratro. Venni mandato a risolvere questa spiacevole situazione… La domenica sera, verso le sei del pomeriggio, arrivai in quella comunità frustrata e tenni immediatamente una sessione con i principali responsabili.

Quanto dovemmo lottare! Quanto implorai, ammonii, chiesi e pregai! Non c’era nulla che sembrava avere effetto su quegli uomini. Ognuno di loro era così sicuro di essere nel giusto in quello che faceva, che era impossibile fargli cambiare idea.

Le ore passavano—si era ormai oltre la mezzanotte e la disperazione sembrava regnare in quel luogo; l’atmosfera era sempre piena di nervosismo e di inimicizia. Nessuno voleva cedere. Poi avvenne [il miracolo]. Aprii a caso… Dottrina e Alleanze e trovai davanti a me la risposta. Negli anni passati avevo letto quel passo molte volte, ma esso non aveva rivestito per me alcun particolare significato. Quella sera, invece, era proprio la risposta che stavo cercando. Era un appello, un’invocazione e una minaccia, che veniva direttamente dal Signore. Lessi [la sezione 64] dal settimo versetto in poi, ma le parti in causa non cedettero minimamente sino a quando arrivai al versetto nove. In quel momento li vidi trasalire, sorprendersi, meravigliarsi. Quel versetto non era diretto proprio a loro? Il Signore dice a noi, a tutti noi: «Pertanto, io vi dico che voi dovete perdonarvi l’un l’altro».

Questo è un obbligo. Essi avevano udito questo versetto in precedenza e lo avevano ripetuto spesso, quando dicevano la preghiera del Signore, ma ora sentivano che: «… colui che non perdona al suo fratello le sue trasgressioni sta condannato dinnanzi al Signore…»

Nei loro cuori forse quegli uomini stavano dicendo: «Bene, io perdonerò mio fratello se egli si pente e chiede il mio perdono; ma spetta a lui fare la prima mossa». Indi la giustezza dell’ultimo versetto sembrò penetrare profondamente in loro: «Perché resta in lui il peccato più grave».

Qual è il significato di queste parole? Significano che io devo perdonare anche se il mio antagonista rimane freddo e crudele? Non c’è alcuna possibilità di errore.

Un errore comune è quello di credere che l’offensore debba chiedere scusa e umiliarsi nella polvere prima di ottenere il perdono. Certamente, colui che commette un’offesa dovrebbe fare ammenda, ma per quanto riguarda la persona offesa, ella deve perdonare l’offensore a prescindere dal suo atteggiamento. Qualche volta gli uomini traggono grandi soddisfazioni nel vedere l’altra parte umiliarsi, ma questa non è la via prescritta dal Vangelo.

Quei due uomini ascoltarono, rifletterono per un minuto, poi cominciarono a cedere. Questo passo delle Scritture unito a tutti gli altri che avevamo letto in precedenza li spinse a inginocchiarsi. Alle due del mattino, quegli acerrimi nemici si strinsero la mano, si sorrisero, perdonarono e chiesero di essere perdonati; quindi si abbracciarono sinceramente. Quella fu un’ora santa. Le vecchie amarezze e i vecchi risentimenti furono dimenticati e perdonati, e i due nemici diventarono nuovamente amici. Non venne più fatto alcun riferimento ai loro disaccordi. I ricordi furono sepolti, gli scheletri vennero chiusi negli armadi e la chiave venne gettata via, la pace ritornò nel rione».1

Durante il suo ministero, il presidente Kimball esortò i membri della Chiesa a perdonare: «Se vi sono dei problemi, risolveteli, perdonate e dimenticate, non lasciate che questi vecchi risentimenti cambino le vostre anime, fino a distruggere il vostro amore e la vostra vita. Mettete ordine nella vostra casa. Amatevi gli uni gli altri, amate il vostro prossimo, i vostri amici e coloro che vivono vicino a voi, man mano che il Signore vi accorda questo potere».2

Insegnamenti di Spencer W. Kimball

Dobbiamo perdonare per essere perdonati.

Poiché il perdono è un requisito indispensabile per ottenere la vita eterna, naturalmente l’uomo pensa: Come posso ottenere questo perdono? E immediatamente ci rendiamo conto di un fattore necessario e fondamentale: Si deve perdonare per essere perdonati.3

«Poiché se voi perdonate agli uomini i loro falli, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;

ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli» (Matteo 6:14–15).

Difficile da farsi? Naturalmente! Il Signore non ci ha mai promesso una via larga, un Vangelo semplice o norme facili da rispettare. Il prezzo è alto, ma i premi che si ottengono sono degni di ogni sforzo. Lo stesso Signore offrì l’altra guancia. Egli si lasciò insultare e battere senza protestare; Egli soffrì ogni indegnità, eppure non pronunciò alcuna parola di condanna. E la domanda che Egli rivolge a tutti noi è questa: «Dunque, che sorta di uomini dovreste essere?» E la risposta che Egli stesso ci fornisce è questa: «Così come sono io» (3 Nefi 27:27).4

Il nostro perdono deve essere sincero e completo.

Il comandamento di perdonare e la condanna che subiscono coloro che non osservano questo ammonimento, non potrebbero essere espressi più chiaramente di quanto lo sono in questa rivelazione data al profeta Joseph Smith:

«I miei discepoli, nei tempi antichi, cercavano pretesti l’un contro l’altro e non si perdonavano l’un l’altro nel loro cuore; e per questo male essi furono afflitti e dolorosamente castigati.

Pertanto, io vi dico che dovete perdonarvi l’un l’altro; poiché colui che non perdona al suo fratello le sue trasgressioni sta condannato dinnanzi al Signore, poiché resta in lui il peccato più grave.

Io, il Signore, perdonerò chi voglio perdonare, ma a voi è richiesto di perdonare tutti» (DeA 64:8–10)…

Questo è valido oggi per noi. Molta gente, quando arriva a conciliarsi con gli altri, dice di perdonare, ma poi continua ad avere pensieri cattivi, continua a sospettare l’altra parte, continua a non credere nella sincerità altrui. Questo è peccato, poiché quando si è avuta una riconciliazione, e quindi ci si è dichiarati pentiti, si dovrebbe perdonare e dimenticare, riallacciare i contatti e ritornare all’antica compatibilità.

Evidentemente i primi discepoli avevano espresso parole di perdono, e fatto superficialmente le mosse richieste, ma «non si perdonarono reciprocamente nei loro cuori». Questo non era perdono, ma aveva il sapore di ipocrisia, di inganno e di sotterfugio. Come è implicito nella preghiera modello di Cristo, il perdono deve essere un’azione del cuore, una purificazione della mente [vedere Matteo 6:12; vedere anche i versetti 14–15]. Perdonare significa dimenticare. Una donna che aveva fatto l’atto di riconciliazione, accompagnandolo con le giuste azioni e le giuste parole, disse poi con gli occhi fiammeggianti: «L’ho perdonata, ma ho buona memoria. Non dimenticherò mai». La sua pretesa riconciliazione non aveva alcun valore. Ella provava ancora amarezza verso l’altra sorella. Le sue parole di amicizia erano come la tela di un ragno; i ponti che asseriva di aver edificato erano assai fragili, ed ella stessa continuava a soffrire, senza sentire una pace di mente. E peggio ancora, ella era condannata agli occhi del Signore; il suo peccato era più grande di quello della donna che l’aveva offesa.

Quella donna non si rendeva conto di non aver perdonato affatto. Ella aveva fatto soltanto l’atto, e questo non basta. Le sue ruote si muovevano, ma ella non stava andando da alcuna parte. Nella Scrittura che abbiamo citato in precedenza, l’espressione «nei loro cuori» ha un profondo significato. Perdonare significa liberarsi da sentimenti e da pensieri amari. Le sole parole non sono sufficienti.

«Poiché ecco, se un uomo che è malvagio fa un dono, lo fa a malincuore; pertanto gli è contato come se avesse trattenuto il dono; pertanto egli è considerato cattivo dinanzi a Dio» (Moroni 7:8).

Henry Ward Beecher ha così espresso questo concetto: «Dire posso perdonare, ma non posso dimenticare, è un altro modo di dire non posso perdonare».

Mi sia permesso aggiungere che colui che non perdona suo fratello con tutto il suo cuore, non è degno di ricevere il sacramento.5

Dovremmo lasciare il giudizio al Signore.

Per essere nel giusto noi dobbiamo perdonare, e dobbiamo farlo anche se il nostro antagonista non si è pentito, anche se la sua trasformazione non è sincera o anche se egli non ci chiede il perdono. Noi dobbiamo seguire gli insegnamenti del Maestro che disse: «… E dovete dire in cuor vostro: che Dio giudichi fra me e te, e ti ricompensi secondo i tuoi atti» (DeA 64:11). Ma spesso gli uomini non sono disposti a lasciare la vendetta al Signore, forse temendo che Egli possa essere troppo misericordioso e certamente meno severo di quanto il caso richieda.6

Alcune persone non possono e non vogliono perdonare le trasgressioni degli altri, ma arrivano al limite di perseguitare il presunto trasgressore. Ho ricevuto molte lettere e telefonate da individui decisi a farsi giustizia con le loro mani e ad esigere che il trasgressore sia punito. «Quell’uomo dovrebbe essere scomunicato», dichiarò una donna, «ed io non avrò pace sino a quando egli non riceverà quello che si merita». Un’altra disse: «Non avrò pace sino a quando quella persona sarà un membro della chiesa». Un’altra ancora disse: «Non entrerò in quella cappella sino a quando si permetterà a quella persona di frequentarla. Voglio che sia processata e privata della sua appartenenza alla Chiesa». Un uomo fece molti viaggi a Salt Lake City e scrisse lunghe lettere di protesta contro il vescovo ed il presidente del palo che non avevano preso provvedimenti disciplinari nei confronti di una persona che, egli asseriva, stava violando le leggi della Chiesa.

A coloro che vogliono farsi giustizia da soli, vorrei leggere nuovamente la dichiarazione del Signore: «… Perché resta in lui il peccato più grave» (DeA 64:9). La rivelazione continua: «… E dovete dire in cuor vostro: che Dio giudichi fra me e te, e ti ricompensi secondo i tuoi atti» (DeA 64:11). Quando le trasgressioni sono state debitamente riferite ai dirigenti ecclesiastici, l’individuo deve disinteressarsi del caso, e lasciare la responsabilità di ogni provvedimento disciplinare ai dirigenti della Chiesa. Se i dirigenti tollerano il peccato nelle loro file, si assumono una terribile responsabilità e saranno chiamati a renderne conto.7

Il Signore ci giudicherà con lo stesso metro con il quale giudichiamo. Se siamo duri, non possiamo che aspettarci durezza; se siamo misericordiosi con coloro che ci offendono, Egli lo sarà con noi quando giudicherà i nostri errori; se non perdoniamo, Egli lascerà che noi soffriremo nei nostri peccati.

Mentre le Scritture sono esplicite nel dichiarare che l’uomo verrà giudicato con lo stesso metro con il quale ha giudicato i suoi simili, occorre dire che il giudizio non è prerogativa dei membri della chiesa, ma soltanto delle debite autorità della Chiesa e dello Stato. In ultima analisi, sarà il Signore a giudicare…

Il Signore giudica gli uomini per i loro pensieri oltre che per quello che essi dicono e fanno, poiché egli conosce anche gli intendimenti più nascosti del loro cuore; ma gli uomini non possono farlo. Noi udiamo quello che la gente dice e vediamo quello che fa, ma, non potendo discernere quello che pensa, né le sue intenzioni, giudicheremmo erroneamente, se cerchiamo di indagare sul significato e sui motivi che si trovano dietro alle sue azioni, dandovi un’interpretazione del tutto personale.8

Anche se sembra difficile, possiamo perdonare.

Nel contesto dello spirito del perdono, un buon fratello una volta mi chiese: «Sì, questo è ciò che dovremmo fare, ma come si può farlo? Bisognerebbe essere dei superuomini».

«Certo» gli risposi, «ma ci è stato comandato di essere superuomini. Il Signore ha detto:«Voi dunque siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Matteo 5:48). Noi siamo dèi in embrione e il Signore ci chiede la perfezione».

«Sì, Cristo perdonò a coloro che Gli avevano fatto del male, ma Egli era più che umano», disse a sua volta.

Ma io risposi nuovamente: «Ma vi sono molti esseri umani che sono riusciti a fare questa cosa divina».

Ci sono molte persone, come questo buon fratello, che credono nella comoda teoria che lo spirito del perdono… sia più o meno monopolio di personaggi biblici o immaginari, e che questo comportamento non si possa richiedere agli uomini di oggi, che vivono in un mondo così pratico. Questo non è affatto vero.9

C’era una giovane madre che aveva perduto il marito. La famiglia non aveva molti mezzi e la polizza di assicurazione fruttò soltanto duemila dollari. Non appena venne fornita prova dell’avvenuta morte dell’uomo, la compagnia d’assicurazione pagò immediatamente quell’ammontare. La giovane vedova concluse che doveva mettere da parte quella somma per casi di emergenza, e di conseguenza la depositò nella banca locale. Altre persone seppero dei suoi risparmi, ed un parente la convinse ad imprestargli i duemila dollari ad un alto tasso d’interesse.

Passarono gli anni senza che la vedova ricevesse un soldo di tali interessi, e il parente che aveva preso in prestito il denaro cominciò ad evitarla. Quando venne messo alle strette fece delle promesse evasive. La donna cominciò a turbarsi; si trovava ad avere necessità del denaro e non poteva averlo.

«Quanto lo odio», mi disse, e la sua voce rivelava il veleno e l’amarezza che aveva in cuore. Come poteva un uomo sano e forte, frodare una giovane vedova con una famiglia da mantenere? «Quanto lo odio» ripeteva continuamente. Poi le narrai [una storia], nella quale un uomo aveva perdonato l’assassino del padre. Ella ascoltò attentamente e vidi che ne era rimasta colpita. Alla fine ella aveva gli occhi bagnati di lacrime. «Grazie, grazie sinceramente» ella sussurrò, «ora so che anch’io devo perdonare al mio nemico. Ora libererò il mio cuore da ogni amarezza. Non mi aspetto di ricever mai quel denaro, ma lascio colui che mi ha fatto questo male nelle mani del Signore».

Qualche settimana dopo rividi questa donna, ed ella confessò che quei giorni erano stati i più felici della sua vita. Nel suo cuore era entrata una nuova pace, ed ora ella era in grado di pregare per colui che l’aveva imbrogliata, e di perdonarlo, anche se non avrebbe mai più avuto indietro un solo dollaro.10

Quando perdoniamo gli altri, liberiamo noi stessi dall’odio e dall’amarezza.

Perché il Signore vi chiede di amare i vostri nemici e di restituire bene al male? Affinché voi ne possiate trarre beneficio. Se non perdonate, ciò non danneggia colui che odiate, specialmente se egli è lontano e non viene in contatto con voi, ma l’odio e l’amarezza corrodono il vostro cuore incapace di perdonare…

Probabilmente Pietro aveva incontrato persone che continuavano a peccare contro di lui e quindi chiese:

«Signore, quante volte, peccando il mio fratello contro di me, gli perdonerò io?…»

E il Signore disse:

«Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Matteo 18:21–22)…

Quando essi si pentono e vengono in ginocchio a chiedere il perdono, la maggior parte di noi può perdonare, ma il Signore ha richiesto che noi perdoniamo, anche se essi non si pentono né se chiedono il nostro perdono…

Ciò deve essere per noi molto chiaro, che noi dobbiamo perdonare senza rivalsa o desiderio di vendetta, poiché il Signore farà ciò che è giusto… L’amarezza distrugge colui che la porta con sé; essa indurisce, logora e corrode.11

Accade frequentemente che colui che offende non si rende neppur conto di ciò che ha fatto. Qualcosa che egli ha detto o fatto viene male interpretato. Colui che viene offeso porta nel suo cuore il torto, aggiungendo altre cose che possono esser successe e così trarre le sue conclusioni. Forse, questa è una delle ragioni per le quali il Signore richiede che, colui che viene offeso, faccia il primo passo verso la riconciliazione.

«E se tuo fratello, o tua sorella, ti offende, prendilo in disparte tra lui e te soli; e se confessa, riconciliati» (DeA 42:88)…

Seguiamo quel comandamento oppure ci crogioliamo nell’amarezza, aspettando che sia colui che ci ha offeso, ad accorgersene e supplicarci in ginocchio per il rimorso?12

Possiamo irritarci nei confronti dei nostri genitori, insegnanti e vescovi; possiamo cercare il rifugio dell’anonimato, quando ci lasciamo sopraffare dal veleno dell’amarezza e dell’odio. Mentre la persona odiata continua la sua vita indisturbata, affatto cosciente della sofferenza di chi la odia, questa imbroglia se stessa…

Terminare ogni nostra attività nella chiesa, soltanto per dispetto nei confronti di qualche dirigente, oppure dare voci ai nostri sentimenti offesi, significa imbrogliare noi stessi13.

Nel mezzo di queste voci discordanti di odio, di amarezza e di vendetta, così spesso espresse oggi, la dolce nota del perdono è come un balsamo guaritore; e l’effetto è maggiore su chi perdona.14

Quando perdoniamo gli altri, siamo benedetti con gioia e pace.

Ispirato dal Signore Gesù Cristo, Paolo ci ha dato la soluzione ai problemi della vita che richiedono comprensione o perdono. «Siate invece gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo» (Efesini 4:32). Se questo spirito dolce e tenero del perdono del prossimo riesce ad entrare in ogni casa, l’egoismo, la mancanza di fiducia e l’amarezza che causano così tante divisioni, presto sparirebbero e gli uomini vivrebbero in pace.15

Il perdono è quell’ingrediente meraviglioso che assicura l’armonia e l’amore nella casa o nel rione. Senza di esso vi è contesa; senza comprensione e perdono vi sono dissensi, seguiti dalla mancanza di armonia, e questo porta alla mancanza di lealtà nella casa, nei rioni e nei rami. D’altronde il perdono è in armonia con lo Spirito del Vangelo, con lo Spirito di Cristo. Questo è lo spirito che tutti dobbiamo possedere, se vogliamo ricevere il perdono dei peccati ed essere senza colpa davanti a Dio.16

Frequentemente, l’orgoglio si insinua nel nostro cuore, diventando il maggior ostacolo. Ma ognuno di noi deve porre a se stesso questa domanda: «Il mio orgoglio è più importante della mia pace?»

Troppo spesso, colui che ha fatto molte cose splendide e ha portato un eccellente contributo al benessere degli uomini, lascia che l’orgoglio lo privi della ricca ricompensa alla quale egli avrebbe altrimenti diritto. Noi dovremmo sempre indossare il vestito di sacco e avere il capo coperto di cenere; avere un cuore pronto al perdono e uno spirito contrito; essere sempre disposti ad esercitare una sincera umiltà, come fece il pubblicano [vedere Luca 18:9–14], e chiedere al Signore di aiutarci a perdonare in ogni momento.17

Finché dura il periodo terreno, vivremo e lavoreremo con persone imperfette; e ci saranno incomprensioni, offese e gravi ferite ai nostri sentimenti. I migliori motivi, spesso, non vengono compresi. È gratificante incontrare persone che, con grande amore per gli altri, hanno cambiato il loro modo di pensare, ingoiando l’orgoglio, perdonando gli insulti a loro rivolti. Molti altri che hanno camminato lungo i sentieri della critica, solitari e difficili in totale infelicità, hanno finalmente accettato le correzioni, riconosciuto gli errori, purificato i loro cuori dall’amarezza e hanno riottenuto la pace, quella pace che si nota ancora di più quando essa non c’è. La frustrazione derivante dalle critiche, dall’amarezza e il conseguente allontanamento, sono state sostituite da una calda e dolce pace.18

Si può fare! L’uomo può conquistare se stesso, può superare le sue debolezze, può perdonare tutti coloro che lo offendono, e andare a ricevere la pace in questa vita e la vita eterna nel mondo a venire.19

Se ricercassimo la pace, prendendo l’iniziativa nel ristabilire le differenze, se potessimo perdonare e dimenticare con tutto il nostro cuore, se potessimo purificare la nostra anima dal peccato, dalle accuse, dall’amarezza e dalla colpa prima di scagliare una pietra sugli altri, se perdonassimo tutte le offese, reali o immaginarie, prima di chiedere perdono per i nostri peccati, se pagassimo i nostri debiti, grandi o piccoli, prima di far fretta ai nostri debitori, se ci preoccupassimo di togliere la trave che abbiamo nell’occhio prima di ingrandire il bruscolo nell’occhio degli altri, che mondo meraviglioso sarebbe! I divorzi si ridurrebbero al minimo; i tribunali sarebbero privi di quelle tristi procedure; la vita in famiglia sarebbe paradisiaca; la costruzione del regno andrebbe innanzi più velocemente; e quella pace che sorpassa la comprensione [vedere Filippesi 4:7] porterebbe a tutti noi una gioia e una felicità che è difficilmente «entrata nel cuore degli uomini» [vedere 1 Corinzi 2:9].20

Possa il Signore benedirci tutti, così da poter continuamente tenere nei nostri cuori il vero spirito del pentimento e del perdono fino a che avremo perfezionato noi stessi, mirando alle glorie dell’esaltazione che attendono i più fedeli.21

Suggerimenti per lo studio e l’insegnamento

Quando studi il capitolo o ti prepari a insegnare, rifletti sulle seguenti idee. Per avere ulteriori suggerimenti, consulta le pagine V–IX.

  • Ripassate le storie alle pagine 98–101. Perché è a volte così difficile perdonarsi l’un l’altro? Cosa significano per voi le parole «perché resta in lui il peccato più grave?» (DeA 64:9).

  • Rileggete Matteo 6:14–15, citato dal presidente Kimball a pagina 101. Perché pensate che per noi sia necessario perdonare gli altri per poter ricevere il perdono del Signore?

  • Quali sono alcuni atteggiamenti e azioni che mostrano che il nostro perdono nei confronti di un’altra persona è sincero e completo? (Vedere pagine 101–103). Perché il perdono è «un’azione del cuore»?

  • Ripassate la sezione che inizia a pagina 103. Quali insegnamenti del Vangelo possono aiutarci a decidere di lasciare il giudizio al Signore?

  • Mentre leggete la storia della giovane madre alle pagine 105–106, cercate di capire che cosa all’inizio le impediva di perdonare, e cosa alla fine la mise in grado di farlo. Come possiamo superare gli ostacoli che interferiscono con i nostri desideri e sforzi di perdonare gli altri?

  • Quali sono alcune conseguenze del rifiutarsi di perdonare? (vedere pagine 108–110). Quali benedizioni avete ricevuto quando avete perdonato qualcuno? Considerate come potete mettere in atto lo spirito del perdono nei vostri rapporti con gli altri.

Ulteriori versetti di riferimento: Matteo 5:43–48; Luca 6:36–38; Colossesi 3:12–15; DeA 82:23

Note

  1. Vedere Il miracolo del perdono (1969), 260.

  2. The Teachings of Spencer W. Kimball, ed. Edward L. Kimball (1982), 243.

  3. Il miracolo del perdono, 243.

  4. In Conference Report, ottobre 1977, 71; o La Stella, aprile 1978, 74.

  5. Vedere Il miracolo del perdono, 244–245.

  6. Vedere Il miracolo del perdono, 262.

  7. Il miracolo del perdono, 245–246.

  8. Il miracolo del perdono, 248–249.

  9. Il miracolo del perdono, 265.

  10. In Conference Report, ottobre 1977, 68–69; o vedere La Stella, aprile 1978, 71–72. Vedere anche Il miracolo del perdono, 271.

  11. Faith Precedes the Miracle (1972), 191, 192.

  12. Faith Precedes the Miracle, 194, 195.

  13. «Non imbrogliate voi stessi», La Stella, gennaio 1973, 14–15.

  14. Il miracolo del perdono, 247.

  15. Il miracolo del perdono, 275–276.

  16. Il miracolo del perdono, 255.

  17. Il miracolo del perdono, 275.

  18. Conference Report, aprile 1955, 98.

  19. Il miracolo del perdono, 278.

  20. Faith Precedes the Miracle, 195–96.

  21. Conference Report, ottobre 1949, 134.