2002
Joseph Smith, Il Profeta
Giugno 2002


Joseph Smith, Il Profeta

Giovane, senza cultura ma umile, Joseph Smith fu lo strumento che l’Onnipotente utilizzò per ristabilire la Sua opera in questi ultimi giorni.

I principi, le dottrine e le ordinanze del vangelo del nostro Signore Gesù Cristo sono state rivelate di nuovo, compresa la conoscenza della vera natura di Dio, un Padre Eterno personale ed amorevole, e di Gesù Cristo, il Figlio letterale di Dio, della cui divinità abbiamo un altro testimone nel Libro di Mormon. Le parole di Ezechiele, che dicono che il legno di Giuda (la Bibbia) sarà riunita con il legno di Giuseppe (il Libro di Mormon) come testimonianza di due nazioni, hanno trovato il loro adempimento (vedi Ezechiele 37:15-22). Questo io dichiaro solennemente.

Il santo sacerdozio, vale a dire l’autorità di agire nel nome di Dio, è stato conferito agli uomini nel nostro tempo da quegli stessi individui che lo detenevano anticamente, Pietro, Giacomo e Giovanni, apostoli del nostro Signore ordinati dal Salvatore stesso quando era sulla terra.

La Chiesa di Gesù Cristo è stata ristabilita. Il sacerdozio di Dio è di nuovo tra gli uomini. Dio si è rivelato nuovamente per il beneficio dei Suoi figli.

Questi eventi divini, con tutte le caratteristiche della Chiesa dei primi Apostoli, tra cui la guida personale di Gesù Cristo, la dottrina rivelata divinamente, i dirigenti scelti divinamente, la rivelazione continua e la testimonianza dello Spirito Santo a tutti gli obbedienti, sono meravigliosi e gioiosi da contemplare. Io testimonio che lo strumento tramite il quale venne fatta questa rivelazione divina fu un uomo che era stato preordinato, il giovane Joseph Smith, la cui fede e il cui desiderio dettero luogo ad «uno dei più importanti eventi religiosi nella storia dell’umanità» (Milton V. Backman Jr., «Il resoconto di Joseph Smith sulla Prima Visione», La Stella, dicembre 1985, 36).

Sin dalla mia prima giovinezza ho creduto e portato nella mia mente una vivida immagine di Joseph adolescente che trovava un angolo nascosto, si inginocchiava nel bosco silenzioso e, con la fede di un bambino, chiedeva ciò che il suo cuore desiderava. Doveva sentirsi sicuro che il Signore lo avrebbe udito e in qualche modo gli avrebbe risposto. In quel luogo gli apparvero due Personaggi gloriosi, la cui descrizione, disse, andava al di là della sua capacità di esprimersi.

Ho avuto l’occasione, nel corso degli anni, di fare esperienze non comuni con persone, luoghi ed eventi personali di natura intima e spirituale e, mediante il potere dello Spirito Santo, ho ricevuto una testimonianza e una conoscenza sempre più profonde di questa restaurazione, diretta dal cielo, del piano di salvezza del Signore. Gli eventi raccontati da Joseph Smith in merito alla Restaurazione sono veri.

La Visione

Ognuno di noi può sviluppare nel proprio cuore un sentimento edificante, santificante e glorificante della verità della Restaurazione. Lo Spirito Santo rivelerà e suggellerà su ognuno di noi questa conoscenza, se la desideriamo veramente. La nostra comprensione, il nostro credere e la nostra fede ne «la Visione» (come noi la chiamiamo) di Dio Padre e del Suo Unigenito Figliolo che appaiono a Joseph, aprendo le porte di questa dispensazione finale con le sue grandi e preziose verità, è essenziale alla nostra salvezza eterna. La salvezza viene soltanto tramite Cristo. Joseph Smith è lo strumento o il rivelatore di quella conoscenza, chiamato divinamente ad insegnare i termini e le condizioni del piano del Padre e dotato delle chiavi di salvezza per l’umanità intera.

Io so che Dio si rivelò a Joseph, il Suo testimone di quest’ultima dispensazione. Noi sappiamo qualcosa della forma, delle caratteristiche e pure del carattere di quella potente Intelligenza la cui saggezza, creazione e potere controllano l’universo. Dio rese noto che Gesù Cristo è nell’immagine precisa del Padre.

Nelle parole di Joseph, lo splendore era superiore a qualsiasi cosa egli avesse mai visto. Alzò lo sguardo. Davanti a lui vi erano due Personaggi gloriosi. Uno di loro, indicando l’altro, disse, « Questo è il Mio Figlio Diletto. Ascoltalo!» (Joseph Smith—Storia 1:17; enfasi nell’originale).

Deve essere sembrato inconcepibile al giovane Joseph che egli stesse vedendo Dio, il nostro Padre Eterno e Suo Figlio – che il Signore fosse venuto a visitarlo e istruirlo.

Il Figlio, su richiesta del Padre, parlò al ragazzo inginocchiato. A Joseph fu detto che tutte le chiese erano nell’errore. Avevano corrotto la dottrina; avevano infranto le ordinanze e perduto l’autorità del sacerdozio di Dio. Gli fu detto che i dirigenti delle chiese fatte dall’uomo non erano graditi al Signore e che il tempo per la restaurazione di tutta la verità e autorità era giunto, compresa l’organizzazione della Chiesa. Quindi, con suo infinito stupore, gli fu detto che lui, Joseph Smith – giovane, senza cultura ma umile – doveva essere lo strumento mediante il quale l’Onnipotente avrebbe ristabilito la Sua opera in questi ultimi giorni, il Vangelo che non sarebbe più stato rimosso. Questo fu il glorioso inizio della restaurazione della Chiesa di Gesù Cristo.

Circa tre anni dopo, più maturo, Joseph Smith ebbe un’altra visita celeste. Questa volta l’angelo mandato dalla presenza di Dio informò Joseph di essere Moroni e rivelò al giovane il luogo in cui si trovavano delle tavole d’oro, sulle quali alcuni abitanti dell’antica America avevano trascritto la storia dei loro popoli. In seguito questi annali furono tradotti per dono e potere di Dio e pubblicati all’inizio del 1830.

Uno Scopo Preciso

Il Libro di Mormon è il libro più straordinario al mondo da un punto di vista dottrinale, storico, o filosofico. La sua integrità è stata attaccata con furia insensata per più di 170 anni, ciò nonostante la sua posizione e la sua influenza sono oggi più incrollabili che mai.

Il Libro di Mormon non venne portato alla luce per essere una rarità. Fu scritto con uno scopo preciso, uno scopo che doveva essere percepito da ogni lettore. Dalla pagina iniziale leggiamo che fu scritto «per convincere i Giudei e i Gentili che GESU’ è il CRISTO, l’ETERNO IDDIO che si manifesta a tutte le nazioni». Il messaggio che contiene è una testimonianza di Cristo e insegna l’amore di Dio per tutta l’umanità. Il suo scopo è quello di portare le persone ad accettare Gesù come il Cristo. Il libro racconta l’effettiva visita di Cristo nell’antica America e riporta gli insegnamenti e le istruzioni che Egli diede con chiarezza e grande potere al popolo. Il Libro di Mormon avalla la Bibbia nei suoi insegnamenti del Salvatore, parla di Cristo più che di qualsiasi altro argomento e insegna che il nostro Salvatore è il Redentore e l’Espiatore dell’umanità, ponendo costante enfasi sul fatto che Egli è la figura centrale del piano di salvezza di Dio. Questo scritto divino converte le persone grazie al messaggio che contiene e le porta alla chiesa di Dio, che insegna tale messaggio.

Mi sono meravigliato di fronte alla saggezza di Dio nel portare alla luce questo antico testo nel modo in cui è stato fatto, perché è anche divenuto il potente testimone della missione divina di Joseph Smith. Domenica 28 novembre 1841, il profeta Joseph Smith scrisse: «Ho passato il giorno in consiglio con i Dodici Apostoli alla casa del Presidente [Brigham] Young, conversando con loro su una varietà di argomenti. Il fratello Joseph Fielding era presente, di rientro da una missione in Inghilterra di quattro anni. Ho detto ai fratelli che il Libro di Mormon è il più giusto di tutti i libri sulla terra e la chiave di volta della nostra religione, e che un uomo si avvicina di più a Dio obbedendo ai suoi precetti, che a quelli di qualsiasi altro libro» ( History of the Church, 4:461).

Joseph Smith fu preordinato per essere la guida, opportunamente chiamata, di quest’ultima e più grande di tutte le dispensazioni. Dopo la visita dell’angelo Moroni, altri messaggeri divini conferirono su Joseph l’autorità del santo sacerdozio, le chiavi divine, il potere e le rivelazioni da Dio.

Non solo fu la Chiesa organizzata sotto ispirazione e direzione divine, ma venne dato in rivelazione l’insieme delle dottrine necessario per la guida della Chiesa. La fede e la luce erano nuovamente disponibili per dissipare l’oscurità che avvolgeva la terra. Joseph Smith, dopo aver cercato e aver ricevuto gli insegnamenti dell’Autore della Verità, imparò che:

  1. Dio ha la forma di un uomo la cui gloria supera ogni descrizione.

  2. Egli ha una voce; Egli parla.

  3. Egli è amorevole e gentile.

  4. Egli risponde alle preghiere.

  5. Il Suo Figliolo è obbediente al Padre ed è il Mediatore tra Dio e l’uomo.

  6. «Il Padre ha un corpo di carne ed ossa tanto tangibile quanto quello dell’uomo; il Figlio pure; ma lo Spirito Santo non ha un corpo di carne ed ossa, ma è un personaggio di Spirito» (DeA 130:22).

Sebbene le antiche Scritture facessero riferimento ai templi e al battesimo per i morti, Joseph Smith fu il primo a ricevere, per rivelazione, conoscenza sullo scopo dei templi e sulla salvezza per tutti – compresi coloro che sono trapassati senza aver ricevuto una conoscenza del Vangelo – nonché sull’eterna alleanza del matrimonio e il suggellamento di uomo e donna come fondamenta per l’esaltazione.

Joseph Smith, scrivendo in merito alla prima conferenza della Chiesa nel giugno 1830, parlò della grande felicità «di trovarci impegnati nello stesso ordine delle cose osservato dai santi Apostoli dell’antichità» ( History of the Church, 1:85).

Un Profeta del Signore

Sotto l’ispirazione di Dio Onnipotente, la Chiesa cominciò a fiorire. La promessa del Signore che «un’opera meravigliosa sta per sorgere» stava per essere adempiuta in modo miracoloso (vedi DeA 4:1). Il messaggio del Vangelo si sparse rapidamente. Lo spirito missionario iniziò a toccare i cuori. Il Libro di Mormon venne letto sempre più. Decine, poi centinaia, poi migliaia di persone si unirono alla Chiesa. Il Signore, parlando attraverso Joseph, proclamò:

«Poiché in verità la voce del Signore è per tutti gli uomini, e non v’è nessuno che sfugga; e non v’è occhio che non vedrà, nè orecchio che non udrà, nè cuore che non sarà penetrato».

«Le cose deboli del mondo usciranno ed abbatteranno le potenti e le forti, affinchè l’uomo non dia consigli al suo prossimo, nè confidi nel braccio di carne –

Ma che ognuno parli nel nome di Dio, il Signore, sì il Salvatore del mondo;

Affinché la pienezza del mio vangelo sia proclamata dai deboli e dai semplici fino alle estremità del mondo dinanzi ai re ed ai governanti» (DeA 1:2, 19-20, 23).

I politici cominciarono a preoccuparsi di questo nuovo fenomeno. I nemici si organizzarono e la vita del Profeta cominciò ad essere in pericolo. Dopo mesi di prigionia nella buia e umida prigione conosciuta come carcere di Liberty Joseph, scoraggiato, gridò al Signore:

«O Dio, dove sei? E dov’è il padiglione che copre il tuo nascondiglio?

Per quanto tempo fermerai la tua mano, e i tuoi occhi… guarderanno dai cieli eterni i torti contro il tuo popolo e contro i tuoi servitori?

Sì, o Signore, per quanto tempo subiranno questi torti e queste illegittime oppressioni, prima che il tuo cuore si intenerisca verso di loro?» (DeA 121:1-3).

Poi un amorevole Salvatore che risponde alle preghiere promise a Joseph:

«Le estremità della terra chiederanno del tuo nome, e gli stolti ti tratteranno con derisione, e l’inferno si scatenerà contro di te;

Mentre i puri di cuore, e i saggi, e i nobili, e i virtuosi, cercheranno costantemente consiglio, e autorità, e benedizioni sotto le tue mani.

E il tuo popolo non si volgerà mai contro di te per la testimonianza di traditori…

Tu sarai tenuto in onore… e la tua voce sarà più terribile in mezzo ai tuoi nemici del leone feroce, a motivo della tua rettitudine; e il tuo Dio ti sarà vicino per sempre e in eterno» (DeA 122:1-4).

Nel suo ultimo discorso pubblico ad una grande congregazione a Nauvoo, Joseph disse:

«Io non stimo la mia propria vita. Sono pronto ad essere offerto come sacrificio per questo popolo; poiché, cosa possono fare i nostri nemici? Solo uccidere il corpo, e il loro potere è finito. Rimanete incrollabili, amici miei; non temete mai. Non cercate di salvare le vostre vite, poiché chi ha paura di morire per la verità, perderà la vita eterna…

Dio vi ha messi alla prova. Voi siete un popolo buono; quindi vi amo con tutto il mio cuore. Nessun uomo ha amore più grande che quello di dare la sua vita per i suoi amici. Voi siete stati con me nell’ora delle afflizioni, ed io sono disposto a sacrificare la mia vita per preservare la vostra» ( History of the Church, 6:500).

Questa affermazione è ancora più straordinaria considerando che il Profeta era ancora nel mattino della vita – aveva solo 38 anni – e per quanto grande fosse diventato, il culmine dei suoi poteri mentali e spirituali non era ancora stato raggiunto. La vita era per lui preziosa, con tutte le sue possibilità di conseguimenti futuri. Eppure era disposto a rinunciarvi.

«Un profeta», scrisse Truman Madsen, «è uno che, nell’adempimento della sua missione, sostiene grandi sofferenze, eppure nell’attraversarle tutte, rimane radioso. Un Profeta, in breve, è un santo» ( Joseph Smith Among the Prophets [1965], 21).

«Se a [Joseph Smith] fosse stato risparmiato il destino di martire fino ad un’età più matura… », disse l’anziano Parley P. Pratt del Quorum dei Dodici Apostoli, «egli sarebbe certamente stato dotato di poteri e capacità in grado di influenzare il mondo sotto molti aspetti» ( Autobiography of Parley P. Pratt [1985], 32).

Una persona può analizzare gli eventi della vita di Joseph Smith e trovare sofferenza, sia sua che dei discepoli intorno a lui.

«Sii Paziente Nelle Afflizioni»

La Chiesa stava mostrando di diventare, come dicono le Scritture, come una pietra staccata dalla montagna senza opera di mano che rotolerà finché avrà riempito la terra intera (vedi Daniele 2:44-45; DeA 65:2). Le autorità politiche si preoccuparono della sua espansione al di fuori dell’immediato contesto locale, furono lanciate accuse illegali, vennero emanati documenti giudiziari e citazioni, e fu riunita una milizia armata di facinorosi a Carthage, sede della Contea. Joseph e Hyrum dovevano comparire per rispondere alle accuse a loro carico.

Mentre Joseph Smith lasciava Nauvoo, diretto a Carthage, quel 24 giugno, guardò per l’ultima volta la città con il magnifico tempio che era quasi completato. Sapeva che non l’avrebbe mai più rivista.

«Sii paziente nelle afflizioni», gli venne detto, «poiché ne avrai molte» (DeA 24:8). Più tardi, egli disse che l’avversità era diventata per lui «una seconda natura» (vedi DeA 127:2) ma lo aveva soltanto «portato molto più vicino alla Divinità» (citato in B. H. Roberts, The Gospel and Man’s Relationship to Deity [1965], 279). Il presidente Brigham Young (1801-1877) disse che se Joseph fosse vissuto 1.000 anni senza afflizioni, non sarebbe stato perfezionato come lo era stato nei suoi 38 anni (vedi Deseret News, 3 ggosto 1854, 72).

Ai suoi amici che lo stavano accompagnando a Carthage, il profeta Joseph rivolse queste parole profetiche: «Vado come un agnello al mattatoio, ma sono calmo come un mattino d’estate; ho la coscienza priva di offese verso Dio e verso tutti gli uomini… E SI DIRÀ DI ME: FU UCCISO A SANGUE FREDDO» (DeA 135:4).

Perché non tornò indietro? C’era tempo per fuggire. Non era ancora nelle mani dei suoi nemici. C’erano amici al suo fianco che sarebbero morti per lui, se necessario. Alcuni gli suggerirono di scappare attraversando il Mississippi, dove sarebbe stato al sicuro. Ma egli proseguì per Carthage.

Joseph deve aver ricordato alcuni dei pericoli attraverso i quali era passato, come quella notte d’inverno in cui la plebaglia era entrata in casa sua e con maledizioni e bestemmie l’aveva strappato dal fianco di sua moglie a letto e dai suoi bambini ammalati e trascinato fuori, stringendogli la gola finché non perse conoscenza. Quando tornò in sé, gli strapparono i vestiti e coprirono il suo corpo nudo di catrame e piume, aprendogli la bocca a forza per introdurvi la stessa sostanza, lasciandolo poi sul terreno gelato a morire per il freddo e le intemperie.

Cavalcando verso Carthage, potrebbe aver ricordato quella volta nel Missouri in cui lui e alcuni dei suoi fratelli erano stati traditi nelle mani dei loro nemici. Il capo della plebaglia improvvisò un tribunale; Joseph ed i suoi compagni furono processati con la prospettiva della pena di morte. Furono condannati ad essere fucilati la mattina successiva alle otto nella pubblica piazza della cittadina di Far West. Un disaccordo tra i facinorosi li salvò.

Furono portati di luogo in luogo ed esibiti alle folle che li schernivano, mentre ai Santi veniva detto che non avrebbero mai più visto i loro dirigenti. Ma Joseph rallegrò i suoi compagni di prigionia annunciando che nessuno di loro avrebbe sofferto la morte.

«Siate di buon animo, fratelli», disse; « mi è giunta la parola del Signore la notte scorsa che le nostre vite saranno risparmiate,… non una delle nostre vite verrà presa » (citato in Autobiography of Parley P. Pratt, 164; enfasi dell’originale).

Mentre Joseph ripensava a quei terribili mesi di prigionia nel Missouri, deve aver ricordato la notte in cui, confinato in una prigione, rimproverò le guardie. Lui e i fratelli stavano cercando di prendere sonno ma venivano tenuti svegli dalle terribili bestemmie e dalle oscene beffe dei carcerieri che stavano raccontando le spaventose azioni di saccheggio e omicidio che avevano commesso tra i Mormoni. Non erano vuote vanterie, poiché quelle terribili atrocità erano effettivamente state commesse. All’improvviso, Joseph si alzò in piedi e, con voce che sembrò scuotere l’intero edificio, gridò: « SILENZIO, voi demoni dell’abisso infernale! Nel nome di Gesù Cristo io vi rimprovero, e vi comando di stare fermi; non vivrò un altro minuto per sopportare un tale linguaggio. Cessate questo parlare, oppure io o voi moriremo IN QUESTO ISTANTE!» (citato in Autobiography of Parley P. Pratt, 180; enfasi dell’originale).

L’effetto dev’essere stato sconvolgente nella sua immediatezza. Alcuni implorarono il suo perdono, altri si ritirarono negli angoli bui della prigione per nascondere la loro vergogna.

Il potere di Gesù Cristo, il cui nome egli aveva invocato nel suo rimprovero, era su di lui. Le sue mani e i suoi piedi erano in catene, ma le guardie non le videro. Videro soltanto la giusta rabbia nel suo viso splendente e sentirono il potere divino nella sua voce mentre li sgridava.

Ma se la voce di Joseph era terribile come il leone ruggente nel suo rimprovero ai malvagi, era dolce come quella di una madre nel confortare i giusti. Nello stesso nome e con la stessa autorità con cui aveva messo a tacere le oscenità delle guardie, aveva benedetto i piccoli, battezzato peccatori penitenti, conferito lo Spirito Santo, guarito gli ammalati ed espresso parole di conforto e di consolazione a migliaia di persone.

«Hai Paura di Morire?»

Era mezzanotte quando il viaggio da Nauvoo finì. Joseph e i fratelli entrarono a Carthage e il suo destino fu suggellato. I suoi nemici avevano atteso il loro arrivo con ansia. Il governatore, che era presente, persuase la plebaglia a disperdersi quella sera promettendo loro che avrebbero avuto piena soddisfazione.

Il giorno successivo, dopo un’udienza, Joseph fu rilasciato su cauzione ma arrestato di nuovo con un’accusa di tradimento inventata sul momento. Venne rifiutata la cauzione e Joseph ed Hyrum furono rinchiusi nel Carcere di Carthage.

Nell’ultima notte della sua vita sulla terra, Joseph portò una potente testimonianza, alle guardie e alle altre persone che si erano assembrate alla porta della prigione, in merito alla divinità del Libro di Mormon, dichiarando anche che il Vangelo era stato restaurato e il regno di Dio stabilito sulla terra. Era per questo motivo che era stato incarcerato, non per aver violato alcuna legge di Dio o dell’uomo.

Era tarda notte quando i prigionieri cercarono di concedersi un po’ di riposo. All’inizio Joseph e Hyrum occuparono l’unico letto della stanza, ma un colpo di pistola durante la notte e altre azioni di disturbo portarono gli amici di Joseph ad insistere che lui prendesse posto tra due di loro sul pavimento. Lo avrebbero protetto con i loro corpi. Joseph chiese a John S. Fullmer di poter usare il suo braccio come cuscino mentre conversavano; poi si voltò verso Dan Jones, dall’altra parte, e gli sussurrò: «Hai paura di morire?» E questo amico fedele rispose: «Credi sia arrivato quel momento? Impegnato in questa causa, non credo che la morte possa far molta paura».

Joseph replicò: «Tu vedrai ancora il Galles, e adempierai la missione alla quale sarai chiamato, prima di morire» ( History of the Church, 6:601).

Il giorno successivo, il fatale 27 giugno 1844, tutti eccetto due degli amici di Joseph furono costretti a lasciare la prigione, cosicché rimanevano ora solo quattro fratelli: Joseph, Hyrum e due degli apostoli, i quali si offrirono entrambi, durante il giorno, di morire per lui. Essi trascorsero il giorno scrivendo lettere alle loro mogli, conversando sui princìpi del Vangelo e cantando. Tra le tre e le quattro del pomeriggio il Profeta chiese all’anziano John Taylor di cantare le parole di «Un povero viandante».

Quest’inno di conforto esprime in ogni riga lo spirito e il messaggio del Cristo. Solo una persona che amava il suo Salvatore e il suo prossimo avrebbe richiesto di ascoltare quelle parole in un tale momento.

Quando l’anziano Taylor ebbe finito di cantare, gli occhi del Profeta erano bagnati di lacrime, e disse: «Cantalo ancora; ti dispiace, John?» (citato in Claire Noall, Intimate Disciple: A Portrait of Willard Richards, Apostle to Joseph Smith – Cousin of Brigham Young [1957], 440).

John «replicò che non se la sentiva più di cantare. Era oppresso dalla sensazione di un disastro imminente» (George Q. Cannon, Life of Joseph Smith the Prophet [1986],524).

«Ti sentirai meglio una volta iniziato, e pure io», rispose Joseph (citato in Noall, Intimate Disciple, 440).

Anche Hyrum lo pregò di ripetere il canto e l’anziano Taylor li accontentò.

Questa volta la sua voce fu persino più triste e più dolce di prima, e quando finì di cantare tutti rimasero in silenzio, ma quattro cuori battevano più rapidamente, perché avevano ascoltato attentamente le significative parole:

Provando la mia fedeltà,

mi chiese di morir per lui.

Vincendo il mio timor

risposi «Sì, per te or morirò!»

(Inni, numero 20)

Gli altri tre sentirono Joseph mormorare come eco all’inno: «Sì, per te or morirò!»

L’amore di Cristo era nell’inno; l’amore dell’uomo era in quella stanza del carcere di Carthage.

Mentre questo spirito di amore e servizio per gli uomini espresso nell’inno e nella preghiera riempiva i cuori di tutti all’interno della prigione, la plebaglia si stava radunando. I dettagli finali li conoscete.

Solo L’amore Genera Amore

Quando la notizia del terribile crimine raggiunse Nauvoo, i cittadini furono sopraffatti dal lutto e dall’orrore. Un tale dolore non si era mai conosciuto prima a Nauvoo. Il caldo sole estivo li lasciò freddi e agghiacciati. Il loro Profeta e il loro Patriarca erano morti. Cos’altro importava?

Quando i carri che trasportavano i corpi erano ancora molto lontani, l’intera popolazione di Nauvoo andò loro incontro. Nessun tributo più grande potè essere pagato di quello che fu recato quel giorno a Joseph e Hyrum Smith. Un tale amore universale da parte di coloro che li conoscevano meglio non sarebbe stato conquistato da uomini egoisti e con secondi fini. Solo l’amore genera amore. Una volta, quando a Joseph fu chiesto come aveva fatto a guadagnarsi così tanti seguaci e a tenerli con sé, lui rispose, «È perché io possiedo il principio dell’amore. Tutto ciò che posso offrire al mondo è un buon cuore e una buona mano» ( History of the Church, 5:498).

Sariah Workman, una delle prime immigranti, scrisse: «Ho sempre sentito un’influenza divina quand’ero alla sua presenza» («Joseph Smith, the Prophet», Young Woman’s Journal, dicembre 1906, 542).

John Taylor, che fu ferito a Carthage e più tardi divenne profeta, disse di lui: «Joseph Smith, il Profeta e Veggente del Signore, ha fatto di più, a parte solo Gesù, per la salvezza degli uomini in questo mondo, di qualsiasi altro uomo che vi abbia mai vissuto. Nel breve spazio di vent’anni egli portò alla luce il Libro di Mormon, che tradusse per dono e potere di Dio, e per suo mezzo fu pubblicato in due continenti; mandò ai quattro canti della terra la pienezza del Vangelo che esso conteneva; portò alla luce le rivelazioni e i comandamenti che compongono questo libro di Dottrina e Alleanze, e molti altri saggi documenti e istruzioni per il beneficio dei figliuoli degli uomini; radunò molte migliaia di Santi degli Ultimi Giorni, fondò una grande città e lasciò una fama e un nome che non possono essere uccisi. Visse da grande e morì da grande agli occhi di Dio e del suo popolo; e come la maggior parte degli unti del Signore nei tempi antichi, ha suggellato la sua missione e le sue opere col suo sangue» (DeA 135:3).

Io dò il mio amore e il mio testamento che Dio nostro Padre vive, che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, crocifisso per i peccati del mondo «per purificarlo da ogni ingiustizia; affinché tramite lui tutti possano essere salvati» (DeA 76:41-42). Egli è il nostro Redentore, il nostro Signore, il nostro Re. Il Suo regno è stabilito di nuovo sulla terra. Nell’anno 1820 Dio, il nostro Eterno Padre e Suo Figlio, Gesù Cristo, apparvero a Joseph Smith, che era stato preordinato per essere lo strumento della Restaurazione, che è la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Questa chiesa, per direzione divina, sta preparando il mondo per la Sua Seconda Venuta: perché Egli verrà di nuovo. Questo io dichiaro umilmente nel Suo santo nome.