2006
Sion nel mezzo di Babilonia
Maggio 2006


Sion nel mezzo di Babilonia

Non abbiamo bisogno di adottare gli standard, i costumi e la moralità di Babilonia. Possiamo creare Sion nel mezzo di Babilonia.

L’estate scorsa, io e mia moglie abbiamo avuto l’opportunità di andare a San Diego, in California, e vedere Macbeth, un’opera di Shakespeare, nell’Old Globe Theatre. Vedemmo due rappresentazioni, poiché nostra figlia Carolyn recitava la parte di una delle tre streghe nel dramma. Naturalmente fummo molto felici di vederla nella recita, e ancora più contenti quando, in un momento drammatico, disse queste parole famose: «Sento al pollice un prurito, giunge un tristo in questo sito» (Atto IV, Scena 1, versi 40–41).

Quando sentii quella frase, pensai a quanto sarebbe utile avere un sistema di allarme per avvisarci dell’avvicinarsi del male, e permetterci di essere preparati al suo arrivo. Perché il male viene verso di noi, che abbiamo o no un sistema d’allarme.

In un’altra occasione, una sera mia moglie e io viaggiavamo in auto nella campagna, e stavamo per raggiungere una grande città. Non appena raggiungemmo le colline e vedemmo le luci luminose all’orizzonte, svegliai mia moglie e dissi: «Ecco la città di Babilonia!»

Naturalmente, non esiste nessuna città oggi che rappresenti Babilonia. Babilonia, al tempo dell’antica Israele, era una città che diventò carnale, decadente e corrotta. L’edificio principale nella città era il tempio dedicato a un falso dio, al quale ci riferiamo spesso come Bel o Baal.

In ogni caso, la sensualità, la corruzione e la decadenza, e l’adorazione di falsi dei si può vedere in molte città, grandi e piccole, sparse per il mondo. Come il Signore ha detto: «Essi non cercano il Signore per stabilire la sua giustizia, ma ognuno cammina per la sua via e secondo l’immagine del suo proprio dio, immagine che è a somiglianza del mondo» (DeA 1:16).

Troppe persone del mondo assomigliano all’antica Babilonia, vanno per la loro strada e seguono un dio la cui immagine è a immagine del mondo.

Una delle più grandi difficoltà che incontreremo sarà quella di vivere in quel mondo ma, in qualche modo, non essere di quel mondo. Dobbiamo creare Sion nel mezzo di Babilonia.

Sion nel mezzo di Babilonia. Quale luminosa e brillante affermazione, è come una luce che splende nel mezzo dell’oscurità spirituale. Quale concetto da tenere vicino ai nostri cuori, mentre vediamo Babilonia diffondersi sempre di più. Vediamo Babilonia nelle nostre città, vediamo Babilonia nelle nostre comunità, la vediamo ovunque.

E con la crescita di Babilonia, dobbiamo creare Sion nel mezzo di essa. Non dovremmo permettere a noi stessi di essere sommersi dalle cattive influenze che ci circondano. Raramente ci rendiamo conto di quanto siamo influenzati dalla cultura, dal luogo e dal momento in cui viviamo.

Durante i giorni dell’antica Israele, il popolo del Signore era come un’isola dell’unico e vero Dio, circondata da un oceano di idolatria. Le onde di quell’oceano si riversavano senza posa sulle rive d’Israele. Nonostante il comandamento di non farsi immagini scolpite e prostrarsi davanti ad esse, a quanto pare Israele non poteva farne a meno, essendo influenzato dalla cultura del posto e di quel tempo. Ripetutamente, nonostante il comandamento del Signore, malgrado ciò che avessero detto i profeti e i sacerdoti, Israele andò in cerca di dei stranieri, e si prostrò dinanzi a loro.

Come poteva Israele aver dimenticato il Signore che li portò fuori dell’Egitto? Essi ricevevano una pressione continua da parte di ciò che era in voga nell’ambiente nel quale vivevano.

Quale cosa ingannevole è la cultura in mezzo alla quale viviamo. Essa penetra nel nostro ambiente, e pensiamo di essere ragionevoli e logici, quando, troppo spesso, siamo stati modellati dai costumi o dalla cultura del posto e del nostro tempo, ciò che i tedeschi chiamano zeitgeist.

Poiché mia moglie e io abbiamo avuto la possibilità di vivere in dieci paesi diversi, abbiamo notato l’effetto che le tradizioni hanno sul comportamento. I costumi che sono perfettamente accettabili in una cultura sono visti come inaccettabili in un’altra; il linguaggio considerato educato in alcuni luoghi è considerato ripugnante in altri. Le persone in ogni cultura si muovono dentro a un bozzolo di auto soddisfazione ingannevole, pienamente convinti che il modo in cui percepiscono le cose è il modo in cui sono realmente.

La nostra cultura tende a decidere quale cibo ci piace, come dobbiamo vestirci, da cosa è costituito un comportamento educato, quale sport dobbiamo seguire, quali dovrebbero essere i nostri gusti musicali, l’importanza dell’istruzione, e il nostro atteggiamento in merito all’onestà. Essa influenza gli uomini anche riguardo all’importanza del divertimento o della religione, influenza le donne circa le priorità di avere una carriera o allevare dei figli, e ha un effetto potente su come affrontiamo il tema della procreazione e delle questioni morali. Troppo spesso siamo come delle marionette legate ad un filo, in quanto la nostra cultura determina che cos’è «forte».

C’è ovviamente uno zeitgeist al quale dovremmo fare attenzione, e questo è il modo di vivere del Signore, la cultura del popolo di Dio. Come Pietro afferma: «Ma voi siete una generazione eletta, un real sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio s’è acquistato, affinché proclamiate le virtù di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua maravigliosa luce» (1 Pietro 2:9).

Esso è il modo di vivere di coloro che osservano i comandamenti del Signore, che camminano nelle Sue vie e che «viv[ono] di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (DeA 84:44). Se questo ci rende particolari, così sia.

Il mio coinvolgimento nella costruzione del Tempio di Manhattan mi ha dato la possibilità di stare spesso dentro al tempio prima della dedicazione. È stato meraviglioso sedersi nella sala celeste, ed essere lì in un silenzio perfetto, senza sentire neanche un suono provenire dalle strade trafficate di New York. Com’era possibile che il tempio potesse essere così riverentemente silenzioso, quando il trambusto e la confusione della metropoli era giusto a pochi metri di distanza?

La risposta era nel modello della costruzione del tempio. Il tempio è stato costruito entro le mura di un edificio già esistente, e i muri interni del tempio erano collegati a quelli esterni solamente in pochi punti di congiungimento. Quello è il modo in cui il tempio (Sion) limitava gli effetti di Babilonia, o del mondo esterno.

Qui possiamo trovare una lezione per noi. Possiamo creare la vera Sion tra noi, limitando la misura con cui Babilonia influenzerà la nostra vita.

Quando, 600 anni prima di Cristo, Nebucadnetsar venne da Babilonia e conquistò Giuda, portò in schiavitù il popolo del Signore. Nebucadnetsar scelse alcuni giovani uomini perché avessero un’istruzione e addestramento speciale.

Tra di loro vi erano Daniele, Hanania, Mishael e Azaria. Essi dovevano essere quelli privilegiati tra tutti i giovani portati a Babilonia. I servi del re li istruirono dicendo loro che si dovevano nutrire della carne del re, e bere il vino del re.

Cerchiamo di capire più chiaramente la pressione alla quale erano sottoposti quei quattro giovani. Erano stati condotti in schiavitù da parte di potenti conquistatori, e si trovavano nella casa di un re che aveva su di loro il potere di vita o di morte. E nonostante ciò Daniele e i suoi fratelli rifiutarono di fare ciò che credevano essere sbagliato, anche se buona parte della cultura babilonese sosteneva che quelle cose erano giuste. E per quella fedeltà e coraggio, il Signore li benedisse e «dette [loro] conoscenza e intelligenza in tutta la letteratura, e sapienza» (Daniele 1:17).

Sedotti dalla nostra cultura, spesso riconosciamo difficilmente la nostra idolatria, mentre veniamo manipolati da ciò che è in voga nel mondo babilonese. Certamente, come disse il poeta Wordsworth: «Facciamo troppo parte del mondo» («The World Is Too Much with Us; Late and Soon», The Complete Poetical Works of William Wordsworth [1924], 353).

Giovanni scrive nella sua prima epistola:

«V’ho scritto perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi, e avete vinto il maligno.

Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo» (1 Giovanni 2:14–15).

Non abbiamo bisogno di adottare gli standard, i costumi e la moralità di Babilonia. Possiamo creare Sion nel mezzo di Babilonia. Possiamo avere i nostri standard per quanto riguarda la musica, la letteratura, la danza, i film e il linguaggio. Possiamo avere i nostri standard per quanto riguarda l’abbigliamento e il comportamento, per l’educazione e il rispetto. Possiamo vivere in armonia con le leggi morali del Signore. Possiamo limitare la quantità di Babilonia a cui permettiamo di entrare nelle nostre case attraverso i diversi mezzi di comunicazione.

Possiamo vivere come un popolo di Sion, se lo desideriamo. Sarà difficile? Naturalmente lo sarà, in quanto le onde della cultura babilonese si riversano continuamente sulle nostre rive. Ci vorrà coraggio? Di certo ce ne vorrà.

Rimaniamo sempre affascinati dai racconti di coraggio di coloro che fecero fronte a prove impossibili e le vinsero. Il coraggio è la base e il fondamento di tutte le altre nostre virtù; e la mancanza di coraggio diminuisce ogni altra virtù che possediamo. Se dobbiamo avere Sion nel mezzo di Babilonia, avremo bisogno del coraggio.

Avete mai immaginato di trovarvi di fronte a una situazione difficile e di compiere qualche atto di coraggio? Io so di averlo fatto, quando ero bambino. Mi immaginavo che qualcuno fosse in pericolo e che, a costo della mia vita, io lo salvavo. Oppure che in un combattimento contro uno spaventoso avversario avevo il coraggio di batterlo. Queste sono le nostre immaginazioni di gioventù!

Quasi settant’anni di vita mi hanno insegnato che queste opportunità eroiche sono davvero rare, se mai arrivano.

Ma le occasioni di sostenere ciò che è giusto, quando le pressioni sono subdole, e quando persino i nostri amici ci incoraggiano a cedere all’idolatria del momento, si presentano molto più spesso. Nessun fotografo è lì per registrare l’eroismo, nessun giornalista lo scriverà sulla prima pagina del giornale. Solo nella calma contemplazione della nostra coscienza sapremo che abbiamo affrontato la prova di coraggio: Sion o Babilonia?

Non lasciatevi ingannare. Parte di Babilonia, se non la maggior parte, è malvagia. E non avremo il prurito al pollice per avvisarci. Ma un’onda dopo l’altra, si riversa sulle nostre rive. Sceglieremo Sion, o sceglieremo Babilonia?

Se Babilonia è la città del mondo, Sion è la città di Dio. Il Signore ha detto di Sion: «Sion non può essere edificata se non mediante i principi della legge del regno celeste» (DeA 105:5). E «Poiché questa è Sion, la pura di cuore» (DeA 97:21).

Eppure, ovunque siamo, qualsiasi sia la città in cui viviamo, possiamo costruire la nostra Sion in base ai principi della legge del regno celeste, e cercare continuamente di diventare puri di cuore. Sion è la bella, e il Signore la tiene nelle Sue mani. Le nostre case possono essere un luogo di rifugio, di riparo e protezione, come lo è Sion.

Non abbiamo bisogno di diventare burattini nelle mani della cultura del luogo e del momento. Possiamo essere coraggiosi, possiamo camminare nelle vie del Signore, e seguire le Sue orme. Se lo faremo, saremo chiamati Sion e saremo il popolo del Signore.

Prego affinché possiamo essere rafforzati per resistere agli attacchi di Babilonia, e affinché possiamo creare Sion nelle nostre case e comunità. Invero, che possiamo avere «Sion nel mezzo di Babilonia».

Cerchiamo Sion poiché essa è la dimora del nostro Signore, che è Gesù Cristo, il nostro Salvatore e Redentore. A Sion e da Sion, la Sua luce luminosa e incandescente brillerà, ed Egli regnerà per sempre. Vi porto la mia testimonianza che Egli vive e ci ama, e ci proteggerà.

Nel nome di Gesù Cristo. Amen.