2006
Una combinazione unica
Settembre 2006


Una combinazione unica

Erano le cinque e mezza di un venerdì pomeriggio del giugno 2001 e io stavo lavorando a casa nel mio ufficio, quando squillò il telefono. Era mia moglie in preda al panico. Lei e le nostre tre figlie erano andate a fare un giro in bicicletta e si erano fermate a un supermercato per comprare delle bibite fresche e dei gelati. Dopo essere uscite dal supermercato, non erano riuscite a sbloccare il lucchetto delle biciclette. La combinazione era 3690, ma non faceva aprire il lucchetto, che assicurava le biciclette a un cancello metallico al di fuori dell’edificio.

Saltai sul nostro furgoncino e giunsi al supermercato, ma non ebbi più fortuna di loro. Accompagnai a casa mia moglie e le figlie, poi iniziai a pensare al da farsi. Il primo consigliere della presidenza del ramo riparava seghe, così gli telefonai e gli spiegai la situazione. Mi disse che la maggior parte dei lucchetti di quel tipo erano fatti di un acciaio temperato, assai difficile da tagliare con seghetti o tronchesi, ma aggiunse che almeno ci potevo provare.

Trovai la scatola con il seghetto elettrico e una prolunga. Telefonai al supermercato, chiedendo se potevo attaccarmi alla loro presa elettrica. Gentilmente acconsentirono. Quando arrivai erano oramai le otto meno un quarto e il negozio avrebbe chiuso alle otto. Ero sotto pressione e iniziai anch’io ad andare in panico.

Se le biciclette fossero rimaste lì di notte, sarebbero sicuramente state oggetto di vandalismo e, oltre a tutto, mia moglie, che a quel tempo non guidava, le utilizzava tutti i giorni per accompagnare i bambini a scuola e andarli a riprendere.

Quando arrivai sul posto presi la scatola di plastica del seghetto elettrico, l’aprii e mi accorsi di aver portato per errore il trapano a batteria. Entrambi gli utensili hanno la stessa scatola nera di plastica. A quel punto mancavano solo cinque minuti alle otto ed era troppo tardi per ritornare a casa.

Riprovai a vedere se riuscivo a far funzionare il lucchetto, tirando quanto più forte potessi per separare le due parti, ma senza successo. Un paio di persone si misero ad osservarmi e i dipendenti avevano iniziato a chiudere il supermercato.

Mi sedetti nel furgoncino e mi misi a colpire il volante, sentendomi profondamente frustrato. Udii poi nella mente una figlia che cantava l’inno «Hai lasciato all’alba il sonno» (Inni, 84).

In preda al panico non avevo pensato di fare la cosa più semplice: mi ero dimenticato di pregare. Chinai quindi il capo e spiegai la mia situazione al Padre celeste. Gli raccontai tutto, persino quanto mi sentissi sciocco per l’errore di prendere il trapano al posto del seghetto. In un istante mi sentii di provare di nuovo con la combinazione. Scesi dal veicolo e, appena iniziai a cambiare i numeri per poi impostare nuovamente il 3690, me ne fu suggerito un altro nell’orecchio: 2591. Mi guardai intorno, ma non c’era nessuno. Provai il 2591 e il lucchetto mi si aprì tra le mani.

Mai prima o dopo mi è stata data una risposta tanto chiara e veloce a una preghiera. Mentre caricavo sul furgoncino le biciclette, le lacrime scorrevano sul mio volto. Mi affrettai a casa e raccontai la storia a mia moglie e alle figlie.

Più tardi, quando impostai il numero 3690, i buchi tra i denti del cilindro non si allinearono, come mi aspettavo, così non potevo richiudere il lucchetto. Provai con il 2591, e neanche quello funzionò. Ogni volta che li giravo, era necessaria una nuova combinazione per aprire il lucchetto. Pertanto, considerando le migliaia di combinazioni possibili che avrei dovuto provare quel venerdì sera, solo il cielo poteva aiutarmi a trovare quella giusta. Tutto quello che dovetti fare era chiedere con fede.