2009
Non dimenticare mai che sei un mormone
Gennaio 2008


Non dimenticare mai che sei un mormone

Quando cadiamo, quando facciamo meno di quanto dovremmo fare, praticamente ci dimentichiamo di nostra madre», dichiarò il presidente Thomas S. Monson. Aggiunse poi: «Gli uomini volgono le spalle al male e cedono all’impulso dei loro migliori sentimenti quando ricordano la loro madre».1

Il messaggio del presidente Monson mi ha dato forza, tanto che quando lessi per la prima volta le sue parole, queste mi riportarono alla mente mia madre e i saggi consigli che anni fa mi dava, poco dopo che mi unii alla Chiesa.

Mia madre apparteneva a un’altra chiesa cristiana, ma era gentile verso i missionari che m’insegnavano il Vangelo. Una volta che decisi di diventare un Santo degli Ultimi Giorni, mi ha sempre sostenuto.

Tutto andava benissimo nella mia nuova vita da membro della Chiesa, sino a quando nel mio paese, il Perú, partecipai alla celebrazione del giorno del giornalismo. Alla festa cui partecipai l’aria era satura di discorsi e di complimenti. Seguì poi un brindisi. L’atmosfera divenne sempre più festosa e con essa aumentò la tentazione di bere con gli amici.

I cambiamenti che i nuovi convertiti apportano quando accettano il Vangelo spesso implicano che devono trovarsi nuovi amici. In alcune circostanze, come ho imparato, i vecchi amici possono essere uno strumento nelle mani dell’avversario per tentarci a infrangere i comandamenti e a ritornare alle vecchie abitudini.

Quando i colleghi di lavoro mi offrirono un bicchiere di birra, lo accettai, lo bevvi, poi ne presi un altro e così via. Alla fine della festa la mia coscienza mi condannò. Ero caduto. Che cosa avrebbe detto mia madre?

Quando rincasai, entrai in silenzio e andai subito a letto. Mia madre non si pronunciò, ma provai vergogna e decisi di smettere di andare in chiesa. Una settimana dopo, mentre stavamo pranzando a tavola, mi guardò dritto negli occhi e disse: «Figlio, non dimenticarti mai che sei un mormone».

Per andare e ritornare dal lavoro, passavo in bicicletta davanti alla casa di riunione. Ogni volta che la vedevo la mia coscienza si faceva sentire. Una sera, decisi che non potevo più vivere con la colpa addosso. Parcheggiai la bicicletta davanti all’ufficio del presidente del ramo, entrai e richiesi un’intervista.

Raccontai al presidente del ramo che cosa avevo fatto e chiesi perdono, dopo di che egli mi diede dei consigli. Da allora ho sempre osservato la Parola di Saggezza.

Mia madre morì più di vent’anni fa, ma ho sempre cercato di ricordare quello che mi aveva detto per non dimenticarmi mai che sono un membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

Nota

  1. «Ecco tua madre», La Stella, aprile 1998, 4; «Behold Thy Mother»Ensign, aprile 1998, 2, 4.