Istituto
Capitolo 18: Mosia 1–3


Capitolo 18

Mosia 1–3

Introduzione

Con l’aiuto dei santi profeti che erano tra il suo popolo, re Beniamino lavorò “con tutta la forza del suo corpo e tutte le facoltà della sua intera anima” per ristabilire “la pace nel paese” (Parole di Mormon 1:18). Verso la fine della sua vita, Beniamino chiamò a raccolta il suo popolo al tempio. Durante questa riunione egli fece rapporto sul suo regno in qualità di re, nominò suo figlio Mosia come suo successore, insegnò il vangelo di Gesù Cristo e l’Espiazione ed esortò i Nefiti a prendere su di loro il nome di Gesù Cristo. La parte del discorso di Beniamino trattata in questo capitolo del manuale dimostra gli ideali che lui abbracciava – la disponibilità a servire gli altri, la gratitudine per la divina provvidenza e la dipendenza dal Salvatore. Osservando i principi insegnati da re Beniamino, noi possiamo crescere in umiltà e rafforzare il nostro rapporto con Dio basato sull’alleanza .

Commentario

Mosia 1:1–2. Il passaggio dalla prima persona alla terza persona nel libro di Mosia

  • C’è un cambiamento tra i resoconti riportati in prima persona nei primi libri del Libro di Mormon e l’esposizione in terza persona del libro di Mosia. I libri da 1 Nefi a Omni furono tradotti dalle piccole tavole di Nefi e sono le opere degli scrittori originali; di conseguenza erano scritte in prima persona. I libri da Mosia a 4 Nefi fanno tutti parte del riassunto di Mormon delle grandi tavole di Nefi. Questi libri sono il riassunto di Mormon degli annali scritti dagli autori originali.

Mosia 1:3–10. I misteri di Dio

  • Il termine “misteri di Dio” così com’è utilizzato nel Libro di Mormon (Mosia 1:3) include i principi di salvezza del vangelo di Gesù Cristo. Vengono definiti misteri non perché siano misteriosi o difficili da capire, ma perché sono rivelati da Dio in base alla nostra fede e obbedienza. Hanno lo scopo di condurre i figli di Dio alla vita eterna. “Un mistero è una verità che non può essere conosciuta se non tramite rivelazione divina – un sacro segreto… Ai nostri giorni tali grandiose verità, come quelle inerenti alla restaurazione del sacerdozio, all’opera per i morti e al ristabilimento della Chiesa sono ‘misteri’ perché non potevano essere scoperti se non per rivelazione” (Hyrum M. Smith and Janne M. Sjodahl, The Doctrine and Covenants Commentary, ed. riv. [1972], 141).

Mosia 1:4–6. “La lingua degli Egiziani”

  • Beniamino, Nefi (vedere 1 Nefi 1:2) e Moroni (vedere Mormon 9:32) fecero tutti riferimento al linguaggio degli Egiziani. In Mosia 1:4–6, re Beniamino chiarisce che c’era un motivo per cui i suoi figli dovevano imparare “la lingua degli Egiziani”. Era necessario per poter studiare i comandamenti contenuti nelle tavole di bronzo e nelle tavole di Nefi (vedere Mosia 1:6). Dall’epoca di Nefi fino a Moroni, i Nefiti utilizzarono una forma del linguaggio egiziano (vedere il commentario per 1 Nefi 1:2 a pagina 11 e per Mormon 9:32–34 a pagina 372).

Mosia 1:10. Mosia sarebbe stato il nuovo re

  • Un approfondito esame del Libro di Mormon rivela numerose tradizioni e usanze che hanno le loro origini nell’antica Israele. C’è una sorprendente somiglianza tra l’ascesa al trono nefita di Mosia nei primi capitoli di Mosia e il modo in cui i re venivano incoronati nell’Antico Testamento (vedere Stephen D. Ricks, “King, Coronation, and Covenant in Mosiah 1–6”, John L. Sorenson e Melvin J. Thorne, ed., Rediscovering the Book of Mormon [1991], 209).

    Alcune somiglianze rilevanti tra le cerimonie di incoronazione del Libro di Mormon e dell’Antico Testamento sono: (1) la convinzione che i re erano scelti dal cielo (vedere Mosia 1:9–10; 6:3, 5; 1 Re 2:15; 2 Re 15:5); (2) il santuario quale luogo dell’incoronazione (vedere Mosia 1:18; 1 Re 1:39–45); (3) il conferimento di sacre reliquie, manufatti e altri oggetti al momento dell’incoronazione (vedere Mosia 1:15–16; 2 Re 11:12); (4) l’unzione (vedere Mosia 6:3; 1 Re 1:33–34) (vedere Ricks, Rediscovering the Book of Mormon, 210, 213–214).

    “Inoltre, la condizione ideale era che il nuovo re assumesse il suo ufficio prima della morte di quello vecchio, e questo trasferimento di potere era collegato alla cerimonia in cui il popolo faceva o rinnovava la sua alleanza con Dio” (Ricks, Rediscovering the Book of Mormon, 216). Ciò avvenne un po’ dopo per il popolo di re Beniamino, quando proclamò: “Siamo disposti ad entrare in alleanza con il nostro Dio di fare la sua volontà e di essere obbedienti ai suoi comandamenti” (Mosia 5:5).

Mosia 1:11–12. Il nome che re Beniamino volle dare al suo popolo

  • Lo scopo principale per cui re Beniamino volle radunare il suo popolo fu per dargli un nome. Egli voleva edificarlo spiritualmente. Lui e molti altri santi profeti avevano trascorso anni a predicare al popolo e a prepararlo spiritualmente perché si assumesse il nome di Cristo (vedere Parole di Mormon 1:5–18). Nel suo discorso, re Beniamino parlò di come accettare degnamente il nome che desiderava dargli. Poi, in Mosia 5:8–11, egli identificò chiaramente il nome con quello di Gesù Cristo.

Mosia 2:17. Il servizio

    Immagine
    President Howard W. Hunter
  • Il presidente Howard W. Hunter (1907–1995) ha insegnato che la rettitudine dovrebbe essere il fulcro di tutto il servizio che rendiamo: “Continuate a cercare occasioni di servire gli altri. Non preoccupatevi eccessivamente della posizione… È importante essere apprezzati, ma il nostro obiettivo deve essere la rettitudine, non il riconoscimento; il servizio, non la posizione. La fedele insegnante visitatrice, che svolge in silenzio il suo lavoro un mese dopo l’altro, è tanto importante nel lavoro del Signore quanto coloro che occupano quelle che alcuni vedono come posizioni importanti nella Chiesa. Notorietà non è sinonimo di valore” (“Alle donne della Chiesa”, La Stella, gennaio 1993, 113).

  • L’anziano Robert J. Whetten, dei Settanta, ha spiegato in che modo il sevizio che rendiamo agli altri può essere usato per misurare la profondità della nostra conversione personale:

    “Convertirsi significa consacrare la vostra vita alla cura, al servizio di coloro che hanno bisogno del vostro aiuto, condividendo i vostri doni e le vostre benedizioni…

    Ogni atto altruistico di gentilezza e servizio accresce la vostra spiritualità. Dio si serve di voi per benedire gli altri. La vostra continua crescita spirituale e il vostro progresso dipendono grandemente dai vostri rapporti con gli altri, da come li trattate. Amate veramente gli altri e siete una benedizione nella loro vita? Non è forse il modo in cui trattate gli altri che indica il livello della vostra conversione? La persona nella Chiesa che fa solo le cose che concernono se stessa non raggiungerà mai la meta della perfezione. Il servizio altruistico è ciò che concerne il Vangelo e l’Esaltazione” (Conference Report, aprile 2005, 96; oppure Liahona, maggio 2005, 91).

  • L’anziano Dallin H. Oaks, del Quorum dei Dodici Apostoli, ci ha aiutato a comprendere che oltre al servizio che rendiamo, è molto importante il perché lo facciamo:

    “L’ultimo motivo… è a mio avviso la ragione più elevata di tutte. In rapporto al servizio è ciò che le Scritture chiamano ‘la via per eccellenza’ (1 Corinzi 12:31)…

    Se il nostro servizio vuole essere efficace deve essere compiuto per amore di Dio e per amore dei Suoi figli” (Conference Report, ottobre 1984, 16; oppure La Stella, gennaio 1985, 11).

Mosia 2:21–24, 34. “Gli siete debitori”

  • L’anziano Joseph B. Wirthlin (1917–2008), del Quorum dei Dodici Apostoli, insegnò che dovremmo trascorrere tutti i nostri giorni alla ricerca della vita eterna come mezzo per mostrare gratitudine per il debito che Gesù Cristo ha pagato per noi:

    “Come potremo mai ripagare il debito che abbiamo con il Salvatore? Egli pagò un debito che non aveva contratto per liberarci da qualcosa che non avremmo mai potuto ripagare. Grazie a Lui, noi vivremo per sempre. Grazie alla Sua infinita Espiazione, i nostri peccati possono essere cancellati, permettendoci di avere il più grande di tutti i doni di Dio: la vita eterna [vedere DeA 14:7].

    Tale dono può avere un prezzo? Potremo mai ricompensarLo per questo? Il profeta del Libro di Mormon re Beniamino insegnò: ‘Se voi rendeste tutto il ringraziamento e tutte le lodi che la vostra anima ha facoltà di possedere… [e] se lo serviste con tutta quanta la vostra anima, non sareste tuttavia che dei servitori inutili [Mosia 2:20–21]” (Conference Report, aprile 2004, 44; oppure Liahona, maggio 2004, 43).

  • Uno dei modi migliori che abbiamo a disposizione per dimostrare gratitudine per ciò che il Padre Celeste e Gesù Cristo ci danno è di osservare i comandamenti. Il presidente Joseph Fielding Smith (1876–1972) insegnò:

    “Noi siamo estremamente ingrati verso nostro Padre e il Suo diletto Figlio allorché ci rifiutiamo di osservare i comandamenti in tutta umiltà, con ‘cuore spezzato e spirito contrito’. La violazione di qualsiasi comandamento divino è una dimostrazione di estrema ingratitudine ove si consideri tutto quello che fu fatto per noi attraverso l’Espiazione del nostro Salvatore.

    Noi non potremo mai pagare il debito. La gratitudine del nostro cuore dovrebbe consistere in un grandissimo amore ed obbedienza per la Sua grande e dolce misericordia. Per quello che Egli fece, noi non dovremmo mai mancare verso di Lui. Egli ci comprò ad un prezzo, il prezzo del Suo grande dolore e dello spargimento del Suo sangue nel sacrificio sulla croce.

    Ora Egli ci ha chiesto di osservare i Suoi comandamenti. Egli dice che essi non sono gravosi, eppure tanti tra noi non sono disposti a farlo. Parlo ora in generale dei popoli della terra. Noi non siamo disposti a farlo. Questa è certamente ingratitudine. Noi siamo ingrati.

    Ogni membro di questa Chiesa che violi il giorno del riposo, che non sia onesto nel pagamento della decima, che non osservi la parola di Saggezza, che intenzionalmente trasgredisca uno qualunque degli altri comandamenti datici dal Signore, è ingrato verso il Figlio di Dio e di conseguenza anche verso il Padre che Lo volle sulla terra” (Dottrine di Salvezza, Bruce R. McConkie, 3 voll. [1954–56], 1:131–32).

Mosia 2:25. Il vostro corpo “appartiene a Colui che vi creò”

  • Mosia 2:25 è la risposta a coloro che pretendono di poter dire “È il mio corpo e ci faccio quello che voglio”. Il principio espresso da re Beniamino che il nostro corpo appartiene a Dio è coerente con gli insegnamenti di Paolo quando scrisse: “Poiché foste comprati a prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1 Corinzi 6:20).

Mosia 2:34–41. Ribellarsi volontariamente contro Dio

  • Quando una persona sa che cosa è giusto e non lo fa, non solo viola la legge vera e propria, ma si mette in uno stato di opposizione a Dio – di per sé una grave offesa. Il presidente Gordon B. Hinckley (1910–2008) fece questo semplice esempio per illustrare tale ribellione: “Ricordo che un vescovo una volta mi parlò di una donna che era andata da lui per avere una raccomandazione. Quando le fu chiesto se osservava la Parola di Saggezza, ella disse che di tanto in tanto prendeva una tazza di caffè. Ella disse poi: ‘Ora, vescovo, non lascerà che ciò mi impedisca di andare al tempio, non è vero?’ Al che egli rispose: ‘Sorella, sicuramente lei non lascerà che una tazza di caffè si interponga tra lei e la casa del Signore’” (Conference Report, aprile 1990, 67; oppure La Stella, luglio 1990, 46).

Mosia 3:5, 17–18. Che cosa significa il termine Signore Onnipotente?

  • Di tutti i profeti del Libro di Mormon, re Beniamino è l’unico che utilizza il termine onnipotente, che l’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985), del Quorum dei Dodici Apostoli, definì in questo modo: “Cristo è il Signore Onnipotente (Mosia 3:5, 17–18, 21; 5:2, 15; Apocalisse 19:6), intendendo che come Signore di tutto Egli ha tutto il potere” (Mormon Doctrine, 2a ed. [1966], 452).

Mosia 3:7. Sì grande fu la Sua angoscia

  • L’anziano Neal A. Maxwell (1926–2004), del Quorum dei Dodici Apostoli, fece riferimento alle sofferenze patite da Gesù Cristo come “terribile aritmetica dell’Espiazione”:

    “Immaginate Geova, il Creatore di questo ed altri mondi, ‘angosciato’! Gesù sapeva conoscitivamente ciò che doveva fare, ma non sperimentalmente. Egli non aveva mai personalmente conosciuto lo straziante e doloroso processo di un’espiazione. Pertanto, quando venne l’angoscia nella sua pienezza, essa risulta molto, molto peggiore di quanto Egli, con il Suo straordinario intelletto, avesse mai immaginato. Non stupiamoci quindi se un angelo apparve per sostenerLo (vedere Luca 22:43).

    Immagine
    Christ praying in Gethsemane

    Il peso cumulativo di tutti i peccati mortali passati, presenti e futuri opprimeva quell’anima perfetta, innocente e sensibile. Tutte le nostre infermità e malattie facevano in qualche modo parte della terribile aritmetica dell’Espiazione (vedere Alma 7:11–12; Isaia 53:3–5; Matteo 8:17). L’angosciato Gesù non soltanto pregò il Padre perché l’ora e la coppa passassero oltre, ma lo fece con queste stupende parole: ‘Abba, Padre! ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! (Marco 14:35–36).

    Non aveva Gesù, allora conosciuto come Geova, detto ad Abrahamo: ‘V’ha egli cosa che sia troppo difficile per l’Eterno?’ (Genesi 18:14). Non aveva il Suo angelo detto a una perplessa Maria: ‘Nessuna parola di Dio rimarrà inefficace’? (Luca 1:37; vedere anche Matteo 19:28; Marco 10:27; Luca 18:27).

    La richiesta di Gesù non era teatro!

    In quella situazione Egli sperava forse di essere sostituito da un montone intrappolato nei pruni? Non lo sappiamo. La Sua sofferenza, enormità moltiplicata all’infinito – fece esplodere dalla Sua anima ancora racchiusa nel corpo pendente dalla croce il lamento di chi si sente abbandonato (vedere Matteo 27:46).

    Nonostante ciò, Gesù conservò questa sublime sottomissione, come Egli aveva fatto nel Getsemani: ‘Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi’ (Matteo 26:39)” (Conference Report, aprile 1985, 92; oppure La Stella, luglio 1985, 66).

  • Un commentatore ha scritto che le sofferenze del Salvatore furono il peso totale delle conseguenze della Caduta: “Gesù sapeva che la terribile ora della Sua più profonda umiliazione era arrivata – che da quel momento fino allo sfogo di quel grande grido con cui spirò, non rimaneva più nulla per Lui sulla terra che non fosse la tortura del dolore fisico e l’intensità dell’angoscia mentale. Tutto ciò che il corpo umano può tollerare di soffrire sarebbe stato posto sul Suo corpo contratto, ogni tormento che il crudele e schiacciante insulto può infliggere stava per pesare grandemente sulla Sua anima; e in quel tormento del corpo e agonia dell’anima anche la radiosa serenità del Suo spirito divino stava per patire una breve ma terribile eclissi. Il dolore nella sua più acuta manifestazione, l’infamia nella sua peggiore brutalità, tutti i fardelli del peccato e i misteri dell’esistenza dell’uomo nella sua apostasia e caduta – era tutto ciò che Egli doveva affrontare nel suo accumulo più inesplicabile” (F. W. Farrar, The Life of Christ [London: Cassell and Co., 1874], pagine 622–623; citato da Bruce R. McConkie, The Mortal Messiah, Book 4 [1981], 126).

Mosia 3:17. “Non sarà dato alcun altro nome”

  • La Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli hanno affermato che la salvezza giunge tramite Gesù Cristo: “Noi portiamo testimonianza, come apostoli da Lui debitamente ordinati, che Gesù è il Cristo vivente, l’immortale Figlio di Dio. Egli è il grande Re Emmanuele che oggi sta alla destra di Suo Padre. Egli è la luce, la vita e la speranza del mondo. La Sua via è la strada che conduce alla felicità in questa vita e alla vita eterna nel mondo a venire” (“Il Cristo vivente: la testimonianza degli apostoli”, Liahona, aprile 2000, 3).

Mosia 3:19. L’uomo naturale

  • I termini naturale o per natura, come vengono comunemente usati, indicano una parte innata della nostra identità, qualcosa con cui siamo nati. Tuttavia nelle Scritture naturale significa caduto o peccaminoso. Per quanto nascono innocenti (vedere DeA 93:38), tutti gli uomini, tramite la Caduta di Adamo, vengono in un mondo decaduto e in uno stato di morte spirituale (vedere Alma 42:9), separati dalla presenza di Dio. Conoscendo il bene e il male (vedere Mosè 4:11; 5:11) e vivendo in questo stato imperfetto, tutti gli uomini peccano (vedere Romani 3:23; 1 Giovanni 1:8, 10) e provano personalmente la “caduta” che ne deriva (vedere Mosè 6:49, 55). In altre parole, è tramite la trasgressione alle leggi di Dio che una persona diventa un “uomo naturale” (vedere Alma 42:10, 12; DeA 20:20). Pertanto, un uomo naturale è nemico di Dio (vedere Mosia 3:19) finché non si qualifica per l’influenza purificatrice dell’Espiazione osservando i comandamenti di Dio (vedere Mosia 3:11–12, 19).

  • Re Beniamino insegnò che per spogliarsi dell’uomo naturale noi dobbiamo cedere ai suggerimenti dello Spirito Santo (vedere Mosia 3:19). Durante un discorso tenuto a una conferenza generale l’anziano Neal A. Maxwell parlò di come possiamo dedicarci a questo compito: “La rettitudine personale, l’adorazione, la preghiera e lo studio delle Scritture sono tanto cruciali per poter abbandonare ‘l’uomo naturale’ (Mosia 3:19)” (Conference Report, ottobre 2000, 46; oppure vedere Liahona, gennaio 2001, 44).

    In un discorso precedente l’anziano Maxwell suggerì un altro strumento, da usare con cautela, per spogliarsi dell’uomo naturale: “La speranza è particolarmente necessaria nel combattimento corpo a corpo che dobbiamo intraprendere per liberarci dell’uomo naturale (vedere Mosia 3:19). Rinunciare a Dio e a se stessi costituisce la simultanea resa all’uomo naturale” (Conference Report, ottobre 1994, 46; oppure La Stella, gennaio 1995, 40).

Mosia 3:19. Diventare santi

  • Mentre parlava di che cosa significa essere un santo, l’anziano Quentin L. Cook, del Quorum dei Dodici Apostoli, citò questa definizione e poi fornì degli esempi di cose da cui dobbiamo allontanarci:

    “Il termine santo in greco significa ‘messo a parte, separato, [e] sacro’ [Daniel H. Ludlow, ed., Encyclopedia of Mormonism, 5 voll. (1992), 3:1249]. Oggi se vogliamo essere santi dobbiamo allontanarci da una condotta malvagia e dalle mete distruttive che prevalgono nel mondo.

    Siamo bombardati da immagini visive di violenza e immoralità. La musica inappropriata e la pornografia vengono sempre maggiormente tollerate. L’uso di droga e alcol dilaga. Si dà sempre meno valore all’onestà e alla forza di carattere. Si reclamano i diritti individuali, ma vengono trascurati doveri, responsabilità e obblighi. C’è stato un involgarimento del linguaggio e si è sempre più esposti alle cose brutte e rozze. L’avversario si è instancabilmente impegnato a minare il piano di felicità. Se stiamo alla larga da questa condotta mondana, avremo la compagnia dello Spirito nella nostra vita e sperimenteremo la gioia di essere degni Santi degli Ultimi Giorni” (Conference Report, ottobre 2003, 100–101; oppure Liahona, novembre 2003, 96).

Mosia 3:19. “Come un fanciullo”

  • Il presidente Henry B. Eyring, della Prima Presidenza, ha insegnato in che modo diventare “come un fanciullo” (Mosia 3:19) ci porta alla sicurezza spirituale:

    “Re Beniamino ci spiega bene in che modo possiamo ottenere… [che] la nostra natura cambi grazie all’Espiazione di Gesù Cristo. Questa è l’unica maniera in cui possiamo edificare sulle fondamenta sicure e rimanere saldi nella rettitudine, anche durante le tempeste delle tentazioni.

    Re Beniamino descrive tale cambiamento con un paragone bellissimo, usato per millenni dai profeti e dal Signore stesso. Eccolo: che possiamo e dobbiamo diventare come un fanciullo.

    Per alcuni potrebbe non essere facile capire o accettare questo principio. La maggior parte di noi vuole essere forte e potrebbe ritenere l’essere come un fanciullo un segno di debolezza…

    Immagine
    Christ with children

    Re Beniamino, tuttavia, che come tutti sapeva che cosa significa essere un uomo forte e coraggioso, precisa che essere come un fanciullo non significa essere infantile, bensì essere come il Salvatore, che si rivolse a Suo Padre in preghiera al fine di avere la forza per fare la Sua volontà, cosa che poi fece. La nostra natura deve cambiare, affinché possiamo diventare come fanciulli e ottenere quella forza che dobbiamo possedere per essere al sicuro nei momenti di pericolo morale…

    Noi siamo al sicuro sulla roccia del Salvatore, dopo che con fede ci siamo consegnati a Lui, abbiamo risposto all’invito dello Spirito Santo di osservare abbastanza a lungo e fedelmente i comandamenti, che il potere dell’Espiazione ha cambiato il nostro cuore. Quando, tramite questa esperienza, siamo diventati come un fanciullo nella capacità di amare e obbedire, allora abbiamo eretto fondamenta sicure.

    Da re Beniamino apprendiamo che cosa possiamo fare per arrivare a questo luogo sicuro, ma ricordate: le cose che facciamo sono il mezzo, non l’obiettivo che perseguiamo. Quello che compiamo consente all’Espiazione di Gesù Cristo di farci diventare ciò che dobbiamo essere. La nostra fede in Gesù Cristo ci porta al pentimento e a osservare i Suoi comandamenti. Seguendo i suggerimenti dello Spirito Santo, siamo obbedienti e resistiamo alle tentazioni. Col tempo, la nostra natura cambia e diventeremo come fanciulli, obbedienti a Dio e più affettuosi. Questo cambiamento, se compiremo tutto ciò che dobbiamo fare per mantenerlo, ci qualificherà per i doni che giungono tramite lo Spirito Santo. A questo punto, saremo salvi sulla sola roccia sicura” (Conference Report, aprile 2006, 14–15; o Liahona, maggio 2006, 15–16).

Punti su cui riflettere

  • In che modo servire gli altri ti ha aiutato ad avvicinarti a Dio?

  • In che modo l’Espiazione ti consente di vincere l’uomo naturale? Perché è solo tramite l’Espiazione di Gesù Cristo che puoi divenire santo? (Vedere Mosia 3:19).

  • Mosia 1:5–6 spiega che avere le Scritture “dinanzi [agli] occhi” salvò i Nefiti dal cadere nell’incredulità. Perché per te è importante avere l’abitudine quotidiana di studiare le Scritture?

Compiti suggeriti

  • Re Beniamino spiegò che quando ci viene insegnata la parola di Dio non saremo “più trovati senza colpa” ai Suoi occhi (Mosia 3:22). Scrivi una risposta al seguente ragionamento: se ascoltare la parola di Dio ci rende più responsabili, perché è un vantaggio studiare il Vangelo e saperne di più? (Vedere DeA 130:18–19; 131:6). Trova ed elenca almeno tre passi scritturali che descrivano le benedizioni derivanti dallo studio del Vangelo.

  • Basandoti su Mosia 3 fai uno schema che dimostri e spieghi la missione del Salvatore nella mortalità e nella vita dopo la morte.