Storia della Chiesa
Ricordare il martirio


Ricordare il martirio

DeA 135

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Ricordare il martirio

Quando Joseph e Hyrum Smith partirono diretti a un carcere di Carthage, in Illinois, in attesa di un’udienza, in pochi sospettavano che i due stessero lasciando le rispettive case per l’ultima volta. Joseph aveva già affrontato il carcere, la violenza della plebaglia e le minacce di morte, e aveva sempre fatto ritorno per guidare i santi. Anche Hyrum aveva sopportato periodi di persecuzione insieme ai santi e ne era sempre venuto fuori pronto a ripartire e ad andare avanti.

Nel tardo pomeriggio del 27 giugno 1844, tuttavia, una plebaglia violenta assaltò il carcere di Carthage e li uccise entrambi.

I santi a Nauvoo furono scossi dalla notizia della morte violenta dei due fratelli. In un solo giorno, avevano perso il loro profeta e il loro patriarca. Per molti, Joseph e Hyrum erano anche degli amici e dei modelli di vita, uomini che li avevano aiutati e benedetti nei momenti di necessità. Nei giorni, nelle settimane e nei mesi seguenti il martirio, i santi cercarono di trovare un modo per descrivere la propria reazione a queste morti.1 Le loro lettere, i loro diari e i loro scritti pubblici si uniscono agli omaggi pubblicati in onore di Joseph e Hyrum, come quello ora canonizzato in Dottrina e Alleanze 135, quali testimoni della missione dei due uomini che servirono così fedelmente e che suggellarono quindi la propria testimonianza con il sangue.

Lettere

Molti santi degli ultimi giorni a Nauvoo avevano amici e familiari che vivevano lontano dalla città al tempo del martirio. Essi si trovarono con il difficile compito di dare la notizia ai propri cari.

“Non proverò a descrivere la scena a cui abbiamo assistito”, scrisse Vilate Kimball al marito, Heber, che si trovava negli Stati Uniti orientali per promuovere la campagna presidenziale di Joseph. “Dio non voglia che io debba mai assistere ad alcunché di simile. […] Ogni cuore è pieno di dolore e le strade stesse di Nauvoo sembrano fare cordoglio”. Come molti, anche lei espresse preoccupazione riguardo alla minaccia delle continue violenze contro i santi. “Solo il Signore sa dove questo avrà fine”, scrisse Vilate a Heber in tono di avvertimento.2

Almira Mack Covey, cugina dei fratelli Smith, scrisse alla propria famiglia riguardo all’esperienza vissuta nell’assistere al ritorno a Nauvoo dei corpi di Joseph e Hyrum. “Potete giudicare voi quali fossero i nostri sentimenti meglio di quanto io riesca a raccontarli”, scrisse, “ma posso dire questo: quel giorno, in mezzo a quella vasta assemblea di persone, piangevano tutti. Guardare due profeti del Signore che giacevano abbattuti avrebbe spezzato anche un cuore di pietra”3.

Anche Sarah M. Kimball, la quale aveva svolto un ruolo chiave nell’istituire la Società di Soccorso, era tra coloro che videro riportare i corpi in città. “È più facile immaginare la scena dell’accoglienza di quelle salme a Nauvoo piuttosto che descriverla”, scrisse a un’amica, “poiché la penna non è mai stata all’altezza di rendervi giustizia”. Anche se sarebbe stato impossibile cogliere il dolore dell’intera città, la sorella Kimball tentò di descrivere quello di una donna: il giorno dopo il martirio, ella andò a trovare Lucy Mack Smith. Sarah Kimball ricordò di aver tenuto la mano tremante di Lucy Mack Smith e di averle sentito chiedere tra un singhiozzo e l’altro: “Come hanno potuto uccidere i miei poveri ragazzi, oh, come hanno potuto ucciderli, quando erano così preziosi?”4.

Diari

Altri autori cercarono di fissare i dettagli relativi al martirio e le proprie reazioni al riguardo scrivendo delle annotazioni riflessive nel proprio diario. Piuttosto che concentrarsi sugli eventi del momento e sulle preoccupazioni immediate, come spesso avvenne nel caso delle lettere, le annotazioni riportate nei diari cercarono spesso di estrapolare dettagli preziosi per le generazioni future e di dare un senso spirituale alla tragedia. Nel cercare una spiegazione o un precedente alla perdita dei loro dirigenti, i santi si volsero spesso alla Bibbia. Molti paragonarono l’assassinio di Joseph e Hyrum a eventi biblici, dall’uccisione di Abele alla crocifissione di Gesù Cristo, e annoverarono spesso Joseph e Hyrum tra i molti martiri “uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa” di cui si parla nel libro dell’Apocalisse. Di conseguenza, essi credevano che i due fratelli fossero annoverati tra coloro che supplicavano al cielo: “Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?”5.

Gli avvenimenti di Carthage portarono Joseph Fielding a riempire molte pagine del suo diario con dei commenti sulla vita, sulla missione e sulla morte di Joseph Smith. Fielding scrisse che l’arrivo dei corpi dei due martiri “fu la vista più solenne che i [suoi] occhi avessero mai veduto”. Sebbene egli “[avesse] spesso letto dei martiri antichi”, Fielding scrisse che in quel momento egli stesso era un testimone di “due dei più grandi tra gli uomini che hanno suggellato con il proprio sangue la verità che possedevano e che avevano insegnato”. Egli credeva che, alla fine, Joseph e Hyrum sarebbero stati giustamente “annoverati tra i martiri di Gesù Cristo”.

Oltre a guardare ai martiri del passato per ottenere una comprensione degli eventi presenti, Fielding aveva un occhio rivolto al futuro dell’opera del Signore. “Joseph e Hyrum avevano fatto tutto quello che potevano”, scrisse, “e le fondamenta della grande opera degli ultimi giorni furono poste”. Fielding era sicuro che, a partire da tali fondamenta, l’opera per cui Joseph e Hyrum erano vissuti ed erano morti “avrebbe potuto essere completata dai 12 apostoli che erano stati istruiti in ogni cosa relativa al regno di Dio sulla terra”6.

Zina Huntington Jacobs, che era stata suggellata a Joseph Smith come moglie plurima, espresse il proprio sgomento alla vista “dei corpi senza vita e muti dei [due] martiri” scrivendo: “Il mio cuore non aveva mai neppure immaginato che i miei occhi sarebbero stati testimoni di tale orrenda scena”7. Nel suo diario, la sorella Jacobs valutò il costo del martirio per le famiglie dei due uomini, per la comunità e per l’umanità, oltre che per la Chiesa, descrivendo Joseph e Hyrum non soltanto come “il Profeta e il Patriarca della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni”, ma anche come “mariti gentili”, “padri affettuosi”, “statisti venerabili” e “amici dell’umanità”.

Per la sorella Jacobs, l’assassinio di Joseph e Hyrum era una dimostrazione della malvagità del mondo. Nel suo diario, ella pregò affinché Dio prendesse atto del “sangue innocente che è stato versato” e chiese: “Quanto a lungo le vedove devono fare cordoglio e gli orfani piangere prima che tu renda giustizia alla terra e faccia cessare la malvagità?”8. Il 4 luglio, una settimana circa dopo il martirio, la sorella Jacobs osservò che quello era il Giorno dell’Indipendenza per gli Stati Uniti e contrappose la promessa della libertà e della giustizia americane con il brutale assassinio dei due fratelli. “Lo stendardo della libertà, un tempo nobile, è caduto”, scrisse. “La decantata terra della libertà è ora macchiata di sangue innocente”9.

William Clayton, un immigrato britannico nonché uno degli scrivani di Joseph Smith, scrisse nel proprio diario un resoconto meticoloso di come erano stati uccisi Joseph e Hyrum, un resoconto costruito a partire da interviste fatte a Willard Richards, John Taylor e altri che erano stati presenti al martirio. Dopo aver esaminato le prove, Clayton attribuì gran parte della colpa degli omicidi ai funzionari governativi, compreso il governatore dell’Illinois, Thomas Ford. “Egli aveva giurato sulla propria fede e sulla fede dello Stato che essi sarebbero stati protetti da ogni male”, osservò Clayton. Eppure, la milizia che avrebbe dovuto proteggere Joseph e Hyrum aveva collaborato con la plebaglia. Come Zina Jacobs, Clayton notò un grande contrasto tra gli ideali americani relativi alla libertà di religione e la realtà che i santi stavano vivendo. “La libertà si è dileguata”, scrisse, aggiungendo freddamente che non vi fu “alcuna celebrazione pubblica a Nauvoo” il 4 luglio.10 Distrutta la propria fede nella nazione, Clayton si volse a Dio. “Noi guardiamo a te per aver giustizia”,11 scrisse.

Poesie

Alcuni santi degli ultimi giorni condivisero la propria reazione pubblicando delle poesie nel Times and Seasons, un giornale edito dalla Chiesa. Tra gli autori figuravano poeti esperti come Eliza R. Snow, William W. Phelps, John Taylor e Parley P. Pratt, oltre a santi degli ultimi giorni anonimi.12 Autori diversi si concentrarono su emozioni diverse. “Praise to the Man” [Lode all’uomo], poesia composta da William W. Phelps, rifletteva sull’eredità lasciata da Joseph e anticipava la sua opera dall’altro lato del velo. “O Give Me Back My Prophet Dear” [Oh, ridatemi il mio caro profeta], di John Taylor, parlava con nostalgia della perdita di due amati dirigenti. Queste e altre poesie furono pubblicate come testi che venivano associati a melodie popolari suggerite. Alcune furono incluse in seguito negli innari dei Santi degli Ultimi Giorni e continuano a essere cantate oggi.13

Molte delle poesie mescolano dolore e indignazione per gli assassinii facendo riferimento a martiri del passato, finanche a Gesù Cristo. Nella sua poesia pubblicata nel numero del 1° luglio 1844 del Times and Seasons, che annunciava l’omicidio, Eliza R. Snow scrisse:

[Ora Sion fa cordoglio — dei suoi capi terreni piange le sorti:

Il Profeta e il Patriarca sono morti!

L’atto più oscuro che uomini o demoni han conosciuto

Dopo il Calvario, anche i fratelli ha seppellito!

Uniti in vita, uniti in morte — essi seppero dimostrare

Qual grande amicizia li unisse e quanto sapessero amare:

Seppero fino alla morte fedeli alla loro missione rimanere,

E infine, con il sangue, la loro testimonianza suggellare].14

Editoriali

Dato che molti dei santi formularono e condivisero le proprie reazioni personali alla tragedia in lettere, diari e poesie, i dirigenti e i rappresentanti della Chiesa si sentirono in dovere di riferire e commentare in merito alle morti all’interno di editoriali, cercando in questo modo di fornire notizie e di portare conforto ai Santi degli Ultimi Giorni ovunque fossero. Il 1° luglio, gli apostoli Willard Richards e John Taylor, che erano stati con i fratelli nel carcere di Carthage quando la plebaglia li attaccò, associarono il proprio nome a un avviso pubblicato nel Times and Seasons dall’editore del giornale, William W. Phelps. Il loro editoriale esortava i Santi degli Ultimi Giorni a “tenersi stretti alla fede che è stata consegnata loro negli ultimi giorni” e inseriva Joseph e Hyrum all’interno di una lunga serie di martiri biblici. I tre autori rammentarono ai Santi degli Ultimi Giorni quanto segue: “L’assassinio di Abele; l’assassinio di centinaia; il sangue retto di tutti i santi profeti, da Abele a Joseph, cosparso con il sangue migliore del Figlio di Dio quale segno scarlatto di remissione, non fa che trasmettere alle azioni e al cuore di ogni carne la convinzione che la causa è giusta e che continuerà, e benedetti sono coloro che si mantengono fedeli fino alla fine”15.

Nel numero successivo del Times and Seasons Phelps pubblicò un editoriale più lungo sugli assassinii che includeva un resoconto delle parole pronunciate da Joseph quando stava per recarsi a Carthage. “Vado come un agnello al mattatoio”, aveva detto il Profeta, “ma sono calmo come un mattino d’estate; ho la coscienza priva di offese verso Dio e verso tutti gli uomini. Morirò innocente”. Phelps riportò inoltre che “l’ultima esclamazione di Joseph fu ‘O Signore, mio Dio!’”16. Pressoché in contemporanea alla pubblicazione dell’editoriale di Phelps, Willard Richards scrisse il proprio resoconto dettagliato degli assassinii, che conteneva per la prima volta un riferimento alle ultime parole di Hyrum: “Sono un uomo morto!”. Il resoconto di Richards venne pubblicato il 24 luglio 1844 nel giornale locale di Nauvoo.17

Dottrina e Alleanze

Sebbene molti osservatori esterni si aspettassero il collasso della Chiesa in seguito agli assassinii di Joseph e Hyrum, l’opera di quest’ultima proseguì nonostante la loro morte. Durante gli ultimi due anni della vita di Joseph, i dirigenti della Chiesa avevano lavorato a una nuova edizione di Dottrina e Alleanze. Poco prima della morte di Joseph e Hyrum, essi avevano annunciato la data di pubblicazione prevista per metà luglio del 1844.18

Tale pubblicazione subì solo un leggero ritardo a causa dei tumulti che precedettero e seguirono gli eventi verificatisi presso il carcere di Carthage. Poco dopo il martirio fu presa la decisione di procedere con la stampa aggiungendo però una sezione conclusiva per “chiudere” il libro con una dichiarazione in merito alla morte di Joseph e di Hyrum. La dichiarazione fu scritta probabilmente in luglio o in agosto, dato che a settembre il volume era già stato pubblicato ed era in uso.19 Tale dichiarazione, intitolata “Martirio di Joseph Smith e di Hyrum Smith” è stata canonizzata come Dottrina e Alleanze 135.

A partire perlomeno dagli inizi del XX secolo, commentatori e dirigenti della Chiesa hanno supposto che la dichiarazione fosse stata scritta da John Taylor, che era un apostolo e il direttore della tipografia.20 La sezione, tuttavia, non fu mai attribuita a Taylor durante la sua vita e potrebbe essere stata opera di Taylor, Richards, Phelps o di un altro collaboratore regolare presso la tipografia di Nauvoo. A prescindere da chi ne sia l’autore, la dichiarazione faceva ampio riferimento alle testimonianze oculari di Taylor e Richards e citava precedenti editoriali di giornali e avvisi pubblicati dalla Chiesa che essi avevano contribuito a scrivere. In maniera analoga a tali resoconti pubblicati in precedenza, questa dichiarazione richiamava i temi del martirio, dell’innocenza e del giudizio divino, temi che comparivano anche negli scritti privati di santi degli ultimi giorni.

Poiché i tipografi dovevano inserire la dichiarazione in un volume già composto per la stampa (seppur non ancora stampato), la sezione fu pubblicata in caratteri notevolmente più piccoli rispetto al resto del volume e fu inserita nella pagina e mezzo di spazio vuoto disponibile tra la sezione precedente e l’indice. A seguito del suo inserimento in Dottrina e Alleanze, questa dichiarazione venne diffusamente letta e citata ed è diventata l’epitaffio ufficiale di Joseph Smith e di suo fratello Hyrum.

  1. Vedere Samuel Morris Brown, In Heaven as It Is on Earth: Joseph Smith and the Early Mormon Conquest of Death (New York: Oxford University Press, 2012), 287–298.

  2. Lettera di Vilate M. Kimball a Heber C. Kimball, 30 giugno 1844, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City.

  3. Lettera di Almira M. Covey a Harriet Mack Whittemore, 18 luglio 1844, Harriet Mack Whittemore Correspondence, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City; maiuscole modernizzate.

  4. Lettera di Sarah M. Kimball a Sarepta Heywood, circa 1844, Joseph L. Heywood Letters, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City; punteggiatura modernizzata.

  5. Apocalisse 6:9–10.

  6. Diario di Joseph Fielding, dicembre 1843–marzo 1859, 47–51, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City.

  7. Diari di Zina D. H. Young, 28 giugno 1844, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City.

  8. Diari di Zina D. H. Young, 26 giugno 1844.

  9. Diari di Zina D. H. Young, 4 luglio 1844.

  10. Diario di William Clayton, 4 luglio 1844, citato in James B. Allen, No Toil nor Labor Fear: The Story of William Clayton (Provo, Utah: Brigham Young University Press, 2002), 149.

  11. Diario di William Clayton, 28 giugno 1844, citato in Allen, No Toil nor Labor Fear, 137.

  12. Vedere Davis Bitton, “The Martyrdom of Joseph Smith in Early Mormon Writings”, in Kingdom on the Mississippi Revisited: Nauvoo in Mormon History (Urbana and Chicago: University of Illinois Press, 1996), 181–197, a cura di Roger D. Launius e John E. Hallwas; vedere anche Benjamin E. Park, “‘We Announce the Martyrdom’: The Murder of Joseph Smith as Portrayed in Times and Seasons Poetry”, Selections from the Religious Education Student Symposium 2008 (Provo, Utah: Brigham Young University Religious Studies Center, 2008), 34–47.

  13. “Joseph Smith”, Times and Seasons, vol. 5, n. 14 (1 agosto 1844), 607; John Taylor, “The Seer”, Times and Seasons, vol. 5, n. 24 (1 gennaio 1845), 775; “Poetry”, Times and Seasons, vol. 6, n. 14 (1 agosto 1845), 991; Sacred Hymns and Spiritual Songs for The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints, 19ª ediz. (Liverpool, England: George Teasdale, 1889), 89, 278, 314.

  14. Eliza R. Snow, “The Assassination of Gen’ls Joseph Smith and Hyrum Smith”, Times and Seasons, vol. 5, n. 12 (1 luglio 1844), 575.

  15. W. W. Phelps, Willard Richards e John Taylor, “To The Church of Jesus Christ of Latter Day Saints”, Times and Seasons, vol. 5, n. 12 (1 luglio 1844), 568.

  16. “The Murder”, Times and Seasons, vol. 5, n. 13 (15 luglio 1844), 585.

  17. Willard Richards, “Two Minutes in Jail”, Nauvoo Neighbor, 24 luglio 1844, 3.

  18. Vedere “Book of Doctrine and Covenants”, Times and Seasons, vol. 3, n. 5 (1 gennaio 1842), 639; vedere anche “Notice”, 11 giugno 1844, in Nauvoo Neighbor, vol. 2, n. 9 (26 giugno 1844), 4.

  19. Peter Crawley, A Descriptive Bibliography of the Mormon Church, Volume One 1830–1847 (Provo, Utah: Brigham Young University Religious Studies Center, 1997), 279.

  20. Vedere Robert J. Woodford, “The Historical Development of the Doctrine and Covenants, Volume I” (dissertazione di dottorato, Brigham Young University, 1974), 1794.