2002
Anziano Athos M. Amorim Membro dei Settanta
Settembre 2002


Da Amico a Amico

Anziano Athos M. Amorim Membro dei Settanta

Lasciatemi raccontare come ricevetti il mio insolito primo nome. I miei genitori desideravano che i loro figli fossero uniti, così ci chiamarono come i tre personaggi principali di un famoso romanzo: I Tre Moschettieri. Questo è un romanzo che racconta le avventure di tre amici il cui motto era: «Uno per tutti, tutti per uno». Il mio fratello maggiore si chiama Aramis, il minore si chiama Dartagnan e io mi chiamo Athos. Ognuno di noi è molto diverso dagli altri, malgrado ciò siamo sempre stati molto uniti.

Quando avevo circa 10 anni, il mio fratello maggiore ebbe un grave problema di salute. Il sangue nelle sue mani non circolava bene e gli facevano molto male. In quel periodo la mia famiglia viveva in una piccola città al confine tra il Brasile e l’Argentina. Le strutture mediche non erano molto efficienti, così mia madre e mio fratello si recarono a Rio de Janeiro, in Brasile, per vedere il medico. Poiché mio padre doveva lavorare durante il giorno, il mio fratellino più piccolo doveva stare con un’altra famiglia. Così, ogni giorno andavo a fargli visita. Ed ogni giorno pregavo per il mio fratello maggiore.

I medici dissero a mia madre che bisognava amputare le mani di mio fratello. La mamma rifiutò. «No, so che il Signore si prenderà cura di mio figlio», ella disse. La notte seguente, mia madre e mio fratello tornarono a casa; egli soffriva molto. Dividevo la stanza con lui e ricordo che piangeva perché le sue mani gli facevano veramente male. Mentre piangeva la mamma si inginocchiò vicino al suo letto e pregò. La mattina dopo, lo vidi dormire tranquillamente. Anche la mamma dormiva, ancora inginocchiata vicino al suo capezzale. Non eravamo membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ma la mamma aveva una grande fede. Alla fine le mani di mio fratello migliorarono. Egli perse le punte di alcune dita, ma non dovette amputare le mani.

La mamma aveva anche un grande coraggio. Ed ella ci insegnò ad essere di buon animo. Ella disse a mio fratello che sebbene avesse perso parte di alcune dita, aveva ancora tutte le altre. Così mio fratello non si scoraggiò. Il suo primo impiego fu come dattilografo. Oggi è un procuratore legale.

È importante essere uniti ai propri fratelli, sorelle e genitori.

Quando si appartiene alla Chiesa si è anche membri di una grande famiglia. E noi dobbiamo essere uniti. Ricordate il motto dei Tre Moschettieri: «Uno per tutti, tutti per uno».

È anche importante che voi obbediate ai vostri genitori. Ho fatto un’esperienza che mi ha insegnato l’importanza dell’obbedienza. Amo i cavalli e amo addestrarli a saltare. Da giovane sono stato invitato a gareggiare ai Giochi Pan-Americani, che sono un po’ come i Giochi Olimpici per gli Stati del Nord, Centro e Sud America. Per due anni lavorai molto duramente per allenarmi per questa competizione. Poi, un giorno, non molto prima dei giochi, disobbedii al mio allenatore. Avevo appena concluso la mia sessione di allenamento ed egli mi aveva detto che era il momento di fermarmi. Ma io decisi di fare ancora alcuni salti. Quando lo feci, caddi con il mio cavallo e mi ferii seriamente. Dopo tutto il mio duro lavoro, non potei partecipare alla competizione. Dobbiamo tutti imparare a obbedire ai nostri allenatori — i nostri genitori, i nostri dirigenti e i nostri insegnanti. Essi sanno come aiutarci ad evitare pericoli e problemi.

Lavorare con i cavalli mi ha anche insegnato ad essere paziente e a non cedere mai. Il progresso viene un poco alla volta. Una volta avevo un puledro di nome Planchet. Qualcuno disse: «Quel cavallo è debole. Non varrà mai niente». Ma qualcun altro mi disse che se fossi stato paziente ed avessi esercitato i muscoli del mio puledro, un giorno sarebbe stato un buon cavallo. Nutrii Planchet, mi presi cura di lui e lo amai. Per un anno intero lo feci camminare per rinforzare i muscoli, lavorai e lavorai con lui. Ed infatti, questo debole puledro vinse i campionati brasiliani in una gara di tre giorni.

Potete pensare di essere deboli oggi. Ma non rinunciate mai. Un giorno potrete essere forti. Ma dovete essere pazienti nel fare le cose semplici. Pregare il Signore. Studiare le Scritture un poco ogni giorno. Voler bene ed obbedire ai vostri genitori. Amare e servire la vostra famiglia e i vostri amici.

Uno dei giorni più importanti della mia vita è stato il giorno in cui sono stato battezzato. Avevo 40 anni. I missionari avevano bussato alla porta della mia famiglia, in Brasile. Ogni volta che leggo nel Libro di Mormon la storia dei figli di Mosia, i quali erano dei grandissimi missionari, penso all’anziano Hansen e all’anziano Furness. Essi avevano l’aspetto di persone curate, così fu facile per noi invitarli a casa nostra. Erano ben educati e cortesi. Avevano un bellissimo sorriso e uno spirito dolce emanava dalla loro persona. Amo quei missionari che mi hanno insegnato a conoscere il Signore. Dopo essere stato battezzato, posero le mani sul mio capo per confermarmi membro della Chiesa. Mi commossi molto perché non avevo mai provato una sensazione così meravigliosa. E da allora ho avuto sempre questa stessa sensazione meravigliosa.

Uno dei periodi più importanti della mia vita è stato quando io e mia moglie abbiamo lavorato nel Tempio di San Paolo del Brasile. Abbiamo potuto sentire la presenza del Signore nella Sua casa. Ogni volta che vedevo suggellare una famiglia, potevo sentire quanto il Signore ama i Suoi figli.