2016
Campioni del giorno del Signore
Giugno 2016


Campionesse del giorno del Signore

L’autrice vive nello Stato di Washington, USA.

Non avrei mai pensato che la nostra scelta di santificare il giorno del Signore avrebbe influenzato così tante persone.

Immagine
rugby team

Fotografie pubblicate per gentile concessione della squadra femminile di rugby (Cougar) della BYU e di Paul Meyers.

Quando il mio allenatore di rugby disse alla mia squadra che la partita dei quarti di finale del campionato nazionale si sarebbe giocata di domenica, tutto ciò che riuscivo a pensare era: “Perché ora?”.

La mia squadra, la squadra femminile di rugby della Brigham Young University del 2010, si era preparata per il campionato per tutta la stagione. Attendevamo con ansia di giocare contro la squadra che ci aveva battuto nel torneo dell’anno precedente. Ero sicura che potevamo vincere — avevamo alcune delle migliori giocatrici della nazione. Volevamo dimostrare la nostra bravura al mondo del rugby vincendo il campionato nazionale, ma a quanto pare il Padre Celeste aveva in programma qualcos’altro per noi.

Attenerci alle nostre norme

I giudici di gara ci avevano assicurato che le nostre partite si sarebbero giocate di venerdì e di sabato ma, a causa di un errore, erano state programmate di sabato e di domenica. Non sapemmo nulla dell’errore fino a cinque giorni prima del torneo, che si sarebbe tenuto a Sanford, in Florida (USA). Dato che all’epoca quella di rugby femminile non era una squadra ufficiale della BYU, la decisione di scegliere se giocare o meno spettava a noi. Scegliemmo di non giocare. Fu una decisione unanime e nessuna si lamentò.

Giocare di domenica non rientrava nemmeno tra le opzioni. Per me, non lo era mai stata. I miei genitori mi avevano insegnato a santificare il giorno del Signore e avevo onorato quel comandamento per tutta la vita. Obbedire ai comandamenti del Padre Celeste era più importante di una partita di rugby.

Tuttavia, sapere che stavamo facendo la scelta giusta non rendeva la cosa più facile. Mentre andavamo in Florida, eravamo scoraggiate sapendo che, a prescindere se avessimo vinto o meno, sabato sarebbe stata la nostra ultima partita.

Dopo essere arrivate in Florida, ricevemmo una chiamata da un giornalista del New York Times che voleva raccontare la nostra storia. Eravamo sbalordite. Non ci saremmo mai aspettate che a qualcuno importasse della nostra scelta di onorare il giorno del Signore, men che meno a un giornale nazionale.

Il venerdì, giorno in cui avremmo dovuto giocare se non fosse accaduto l’errore di programmazione della partita, andammo al Tempio di Orlando, Florida, a fare i battesimi per i morti. Dopo aver svolto le ordinanze, il presidente del tempio ci parlò. Tirò fuori un articolo che era stato scritto su di noi e lesse alcuni dei commenti che i lettori avevano pubblicato on-line a favore della nostra decisione.

In seguito il nostro allenatore ci lesse altri commenti che aveva ricevuto. I membri della Chiesa e altre persone ci ringraziarono per il nostro esempio e ci dissero che era un piacere vedere delle persone che si attengono alle proprie norme. Le loro parole ci rincuorarono. Fu quello il momento in cui ci rendemmo conto dell’impatto che potevamo avere anche senza diventare le campionesse nazionali.

Sapevo che il Padre Celeste conosceva bene la nostra situazione, ma non avevo mai pensato che altri stessero guardando. La risposta alla nostra decisione ci diede un nuovo scopo per essere in Florida: non eravamo lì per vincere, ma per difendere le nostre norme.

Un sentiero migliore

Arrivò il sabato e vincemmo la nostra partita 46 a 7. Dopo la partita andammo dai giudici di gara e dicemmo loro che non avremmo giocato la partita in programma per domenica — che guarda caso sarebbe stata contro la squadra che ci aveva battuto l’anno prima. Ero delusa del fatto che la nostra stagione fosse finita così. Avrei voluto giocare contro quella squadra, ma non volevo affrontarla, né volevo affrontare nessun altro, nel giorno del Signore.

Decine di articoli furono scritti su di noi e continuammo a ricevere lettere ed e-mail di sostegno. Difendendo i nostri valori, raggiungemmo più persone di quante ne avremmo mai raggiunte se avessimo vinto il campionato.

Ho imparato a confidare nel fatto che il Padre Celeste mi avrebbe guidato lungo un sentiero migliore di quello che avevo in mente io. La mia squadra voleva dimostrare il suo valore vincendo il campionato, ma ora mi rendo conto che il Padre Celeste voleva che facessimo la differenza in un modo totalmente diverso. Egli ci ha offerto l’opportunità di essere esempi quando pensavamo che nessuno stesse guardando e ha potuto usarci per fare il bene perché avevamo scelto di obbedire.