Conferenza generale
Le parole contano
Conferenza generale di aprile 2024


Le parole contano

Le parole creano l’atmosfera. Danno voce ai nostri pensieri, ai nostri sentimenti e alle nostre esperienze – nel bene e nel male.

Fratelli, sorelle e amici in tutto il mondo, mi sento onorato di poter parlare a questo vasto pubblico, tra cui ci sono molti membri della Chiesa, e molti sono amici e nuovi ascoltatori di questa trasmissione della Conferenza. Benvenuti!

I messaggi veicolati da questo pulpito sono comunicati a parole. Vengono pronunciati in lingua inglese e sono tradotti in circa cento lingue diverse. La base è sempre la stessa: le parole. E le parole contano tanto. Permettetemi di ripeterlo: le parole contano!

Sono il fondamento del nostro modo di relazionarci; rappresentano le nostre convinzioni, la nostra morale e le nostre prospettive. A volte parliamo, a volte ascoltiamo. Le parole creano l’atmosfera. Danno voce ai nostri pensieri, ai nostri sentimenti e alle nostre esperienze – nel bene e nel male.

Purtroppo, le parole possono essere inopportune, affrettate e offensive. Una volte dette, non possiamo ritirarle. Possono ferire, punire, abbattere e persino portare ad azioni distruttive. Possono pesare molto su di noi.

D’altro canto, le parole possono celebrare una vittoria, essere fonte di speranza e incoraggiamento. Possono indurci a riconsiderare le cose, a ricominciare e a cambiare rotta. Le parole possono aprire la nostra mente alla verità.

Questo è il motivo per cui, sopra ogni altra cosa, le parole del Signore contano.

Nel Libro di Mormon, il profeta Alma e il suo popolo nell’antica America affrontarono una guerra infinita contro coloro che avevano rigettato la parola di Dio, indurito il loro cuore e corrotto la propria cultura. I fedeli avrebbero potuto combattere, ma Alma consigliò: “Ed ora, siccome la predicazione della parola tendeva grandemente a condurre il popolo a fare ciò che era giusto, sì, aveva avuto sulla mente del popolo un effetto più potente che la spada, o qualsiasi altra cosa fosse loro accaduta, Alma pensò fosse opportuno che essi mettessero alla prova la virtù della parola di Dio”1.

La “parola di Dio” sopravanza tutte le altre espressioni. È stato così sin dalla creazione della terra, quando il Signore disse: “‘Sia la luce!’ E la luce fu”2.

Dal Salvatore riceviamo questa rassicurazione nel Nuovo Testamento: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”3.

E questa: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui”4.

E Maria, la madre di Gesù, rese questa umile testimonianza: “Ecco, io son l’ancella del Signore; siami fatto secondo la tua parola”5.

Credere nella parola di Dio e metterla in pratica ci avvicina di più a Lui. Il presidente Russell M. Nelson ha promesso: “Se studierete le Sue parole, la vostra capacità di essere più simili a Lui aumenterà”6.

Non vuole forse ciascuno di noi essere, come dice l’inno, “o Signore, più simile a Te”7?

Mi immagino il giovane Joseph Smith inginocchiato mentre ascolta le parole del suo Padre Celeste: “[Joseph,] questo è il mio Figlio diletto. Ascoltalo!”8.

Lo “ascoltiamo” nelle parole delle Scritture. Ma lasciamo che rimangano semplicemente sulla pagina o ci rendiamo conto che Lui ci sta parlando? Cambiamo?

Lo “ascoltiamo” nelle rivelazioni e nei suggerimenti personali dello Spirito Santo, nelle risposte alle preghiere e in quei momenti in cui solo Gesù Cristo, mediante il potere della Sua Espiazione, può sollevare i nostri fardelli, concederci il perdono e la pace, e circondarci con le “braccia del suo amore”9.

Secondo, le parole dei profeti contano.

I profeti rendono testimonianza della divinità di Gesù Cristo. Insegnano il Suo vangelo e mostrano il Suo amore per tutti.10 Rendo la mia testimonianza che il nostro profeta vivente, il presidente Russell M. Nelson, ascolta la parola del Signore e la riferisce.

Il presidente Nelson sa come usare le parole. Ha detto: “Rimanete sul sentiero dell’alleanza”11, “[Radunate Israele]”12, “Fate prevalere Dio”13, “[Costruite] ponti che portano alla comprensione”14, “Rendete grazie”15, “[Accrescete] la vostra fede in Gesù Cristo”16, “[Prendete] in mano le redini della vostra testimonianza”17 e “[Diventate] pacificatori”18.

Più di recente ci ha chiesto: “Pensate Celeste!”. Ha detto: “Quando vi trovate di fronte a un dilemma, pensate Celeste! Quando siete messi alla prova dalla tentazione, pensate Celeste! Quando la vita o i vostri cari vi deludono, pensate Celeste! Quando qualcuno muore prematuramente, pensate Celeste. […]Quando le pressioni della vita gravano su di voi, pensate Celeste! […] Se pensate Celeste, gradualmente il vostro cuore cambierà. […] Vedrete le prove e l’opposizione sotto una nuova luce [e] la vostra fede aumenterà”19.

Quando pensiamo celeste, vediamo le “cose come sono realmente, e […] come realmente saranno”20. In questo mondo oppresso dalla confusione e dalla contesa, tutti noi abbiamo bisogno di questa prospettiva.

L’anziano George Albert Smith, molto prima di diventare presidente della Chiesa, ha parlato di sostenere il profeta e dare ascolto alle sue parole. Ha detto: “L’obbligo che ci assumiamo quando alziamo la mano […] è tra i più sacri. […] Significa […] che staremo dietro di lui; che pregheremo per lui; […] e che ci sforzeremo di seguire le sue istruzioni in base a come il Signore lo dirigerà”21. In altre parole, agiremo con diligenza secondo le parole del nostro profeta.

Quale uno dei quindici profeti, veggenti e rivelatori sostenuti ieri dalla nostra Chiesa mondiale, voglio parlarvi di una delle mie esperienze riguardo al sostenere il profeta e all’accettare le sue parole. Per me è stata simile a quella del profeta Giacobbe, che ha raccontato: “Avevo […] udito la voce del Signore parlarmi con parole reali”22.

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L’anziano e la sorella Rasband in Thailandia.

L’ottobre scorso io e mia moglie, Melanie, eravamo a Bangkok, in Thailandia, dove mi stavo preparando a dedicare quello che sarebbe stato il 185º tempio della Chiesa.23 L’ho vissuto come un incarico surreale e al contempo fonte di un senso di umiltà. Questo è il primo tempio nella penisola del sud-est asiatico.24 È stato progettato perfettamente — una struttura di sei piani, con nove guglie, “ben collegato insieme”25 per essere una casa del Signore. Ho atteso la dedicazione per mesi. Nella mia anima e nella mia mente avevo avuto l’impressione che il paese e il tempio erano stati cullati tra le braccia di profeti e apostoli. Il presidente Thomas S. Monson aveva annunciato il tempio26 e il presidente Nelson la dedicazione27.

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Tempio di Bangkok, Thailandia

Avevo preparato la preghiera dedicatoria mesi prima. Quelle sacre parole erano state tradotte in dodici lingue. Eravamo pronti. O almeno così credevo.

La notte prima della dedicazione sono stato svegliato nel sonno da una sensazione di inquietudine e di urgenza riguardo alla preghiera dedicatoria. Ho cercato di mettere da parte quel suggerimento, pensando che la preghiera andava bene. Ma lo Spirito non mi lasciava in pace. Sentivo che mancavano alcune parole e, per disegno divino, mi sono giunte in rivelazione e le ho aggiunte nella preghiera, verso la fine: “Possiamo noi pensare Celeste, facendo prevalere il Tuo Spirito nella nostra vita e cercando sempre di essere dei pacificatori”28. Il Signore mi stava ricordando di dare ascolto alle parole del profeta vivente: “Pensate Celeste”, “Fate prevalere lo Spirito”, “Cercate di essere dei pacificatori”. Le parole del profeta contano per il Signore e per noi.

Terzo, e di estrema importanza, sono le nostre parole. Credetemi, nel nostro mondo pieno di emoji29, le nostre parole contano.

Le nostre parole possono essere di sostegno o di rabbia, gioiose o cattive, compassionevoli o di disprezzo. Nella foga del momento, le parole possono pungere e penetrare dolorosamente nella nostra anima, e rimanerci. Le nostre parole su Internet, nei messaggi, sui social media o nei tweet prendono una vita propria. Quindi fate attenzione a ciò che dite e a come lo dite. Nella nostra famiglia, soprattutto con il marito, la moglie e i figli, le nostre parole possono unirci o incrinare il nostro rapporto.

Voglio suggerire tre semplici frasi che possiamo usare per eliminare la tensione di fronte alle difficoltà e alle differenze, per edificarci e rassicurarci a vicenda.

“Grazie”.

“Mi dispiace”.

E “Ti voglio bene” o “Ti amo”.

Non riservate queste umili frasi a un evento speciale o a una catastrofe. Usatele spesso e con sincerità, perché mostrano attenzione per gli altri. Le conversazioni si stanno inaridendo; non seguite questo modello.

Possiamo dire “grazie” in ascensore, nel parcheggio, al mercato, in ufficio, in coda o a un nostro vicino o agli amici. Possiamo dire “mi dispiace” quando facciamo un errore, manchiamo a una riunione, dimentichiamo un compleanno oppure quando vediamo qualcuno che soffre. Possiamo dire “ti voglio bene” o “ti amo” e queste parole trasmettono il messaggio: “Ti sto pensando”, “Ti ho a cuore”, “Sono qui per te” o “Sei tutto per me”.

Vi racconto un’esperienza personale. Mariti, prestate attenzione. Sorelle, questo aiuterà anche voi. Prima del mio incarico a tempo pieno nella Chiesa, viaggiavo spesso per la mia società. Partivo per lunghi periodi di tempo in posti lontani nel mondo. Al termine della mia giornata, a prescindere da dove fossi, telefonavo sempre a casa. Quando mia moglie, Melanie, rispondeva al telefono e io le raccontavo la giornata, la nostra conversazione ci portava sempre a dire “Ti amo”. Ogni giorno queste parole servivano da ancora alla mia anima e alla mia condotta; erano la mia protezione dai disegni malvagi. “Melanie, ti amo” indicava la preziosa fiducia che c’era tra noi.

Il presidente Thomas S. Monson era solito ripetere: “Vi sono piedi da rafforzare, mani da afferrare, menti da incoraggiare, cuori da ispirare e anime da salvare”30. Dire “grazie”, “mi dispiace”, “ti voglio bene” o “ti amo” farà proprio questo.

Fratelli e sorelle, le parole contano davvero.

Prometto che se ci nutriamo “abbondantemente delle parole di Cristo”31, che portano alla salvezza, delle parole del nostro profeta, che ci guidano e ci incoraggiano, e delle nostre stesse parole, che dicono chi siamo e a cosa teniamo, i poteri del cielo si riverseranno su di noi. “Le parole di Cristo vi diranno ogni cosa, tutte le cose che dovrete fare”.32 Noi siamo figli del Padre Celeste ed Egli è il nostro Dio, e si aspetta che parliamo “nella lingua degli angeli”33 per il potere dello Spirito Santo34.

Amo il Signore Gesù Cristo. Lui è, per usare le parole del profeta Isaia nell’Antico Testamento: “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace”35. Come ha detto l’apostolo Giovanni, Gesù Cristo stesso è “la Parola”36.

Di questo rendo testimonianza come apostolo chiamato al divino servizio del Signore — a dichiarare la Sua parola — e chiamato a stare come Suo testimone speciale. Nel nome del Signore Gesù Cristo. Amen.