2003
Sono solo capelli
Agosto 2003


Sono solo capelli

Una strana malattia mi fece restare senza capelli. Come avrei reagito di fronte a una cosa tanto difficile?

Ero al primo anno di scuola superiore e i miei lunghi capelli biondo scuro erano tutto per me. Ogni mattina facevo quasi trenta minuti di prove per trovare l’acconciatura perfetta. Lo feci ogni mattina, fino al giorno in cui le mie abitudini cambiarono per sempre.

Il giorno era iniziato come tutti gli altri. Mi svegliai, mi lavai la faccia e mi misi le lenti a contatto. Poi, ancora assonnata, mi guardai nello specchio e notai qualcosa di terribile; una piccola chiazza senza capelli sulla testa. Guardai più da vicino e toccai con le dita per assicurarmi che non fosse uno scherzo dei miei occhi. Non lo era.

Entrai nel panico e tra le lacrime cercai mia madre. Parlammo della possibilità che i capelli fossero rimasti impigliati in qualcosa mentre dormivo. O forse non stavo mangiando abbastanza verdura. Senza aver trovato una risposta certa, mi pettinai alla meglio cercando di coprire il buco e corsi a scuola.

Da quel giorno in poi ho continuato a perdere capelli in quel modo. Queste chiazze andavano dalla grandezza di una moneta a quella di un pugno. Andai da molti dottori che esaminarono ogni parte della mia testa. Trascorsi anche molto tempo in ginocchio pregando per ricevere conforto e forza per accettare ciò che i dottori mi avessero detto.

A settembre 2000 scoprii che avevo una malattia autoimmune, conosciuta come alopecia areata. Riesco ancora a sentire la voce del dottore che mi disse che questo significava «caduta totale dei capelli senza una cura conosciuta». Immediatamente si affollarono mille pensieri nella mia mente: «Che succederà?» e «Perché a me?».

Il mese successivo vidi uno specialista e poi rasi a zero quel po’ di capelli che rimanevano. Senza i miei capelli mi sentivo completamente diversa. La mia autostima ebbe un crollo ed era quasi impossibile riuscire a farmi andare a scuola. «Cosa avrebbero pensato gli altri? Cosa avrebbero detto?», mi chiedevo.

I foulard entrarono a far parte delle mie acconciature. Invece di passare mezz’ora ogni mattina a sistemarmi i capelli, ci mettevo cinque minuti a coprirmi il capo, ormai calvo, con un foulard. I foulard erano colorati e comodi, ma non erano i miei capelli. Poi un giorno provai a indossare una parrucca dello stesso colore dei miei capelli, ma mi preoccupavo in continuazione che potesse cadere davanti a tutti i miei compagni di scuola. Così tornai ai foulard.

La scuola divenne una prova. Sapevo che il mio Padre nei cieli mi amava e che potevo contare sul fatto che Egli mi sarebbe stato sempre vicino, anche se tutti mi avessero abbandonata. Ma non era facile ricordarlo quando i miei coetanei buttavano l’occhio per darmi delle strane occhiate. Fu difficile anche quando cominciarono a correre voci, e sapevo di essere l’argomento di quelle conversazioni. Non capivo perché fosse dovuto accadere proprio in quel momento della mia vita, quando ancora andavo a scuola, quando desideravo così fortemente essere accettata e piacere a coloro che mi stavano attorno.

Superai quell’ultimo anno delle superiori solamente grazie al ricordo di alcune cose che mi sforzavo di tenere presenti mentre vagavo per i corridoi della scuola. Ogni mattina pregavo e ringraziavo il Signore per la benedizione di essere viva e per le bellezze che mi circondavano. Pregavo per avere la forza di arrivare alla fine del giorno e per ricordare che molti mi volevano bene. Ringraziavo il Padre nei cieli anche per le cose che stavo imparando da quell’esperienza. Sembra poco, ma fece una grande differenza. Ogni volta che qualcuno mi guardava incuriosito o faceva qualche battuta, mi ripetevo semplicemente il mio motto: «Sono solo capelli. Non hanno alcun valore».

Sapevo che non potevo controllare quello che succedeva ai miei capelli, però sapevo di avere completo controllo sulla mia reazione a quanto stava succedendo. Potevo trasformare tutto in una benedizione e opportunità, oppure potevo vederlo come una punizione e lasciarmi andare.

Sono passati quasi tre anni da quel mattino in cui mi svegliai con quella ciocca di capelli in meno. Da allora ho dovuto radermi la testa cinque volte a causa di capelli che crescono ancora in alcune piccole zone. Ogni volta che mi rado, lo faccio con un entusiasmo sempre maggiore e un po’ più di apprezzamento per la vita.

So che non avrei potuto superare tutto da sola. Ho imparato a confidare nel Signore. Lui non mi giudica e non ride di me. So che ora che non ho capelli mi ama tanto quanto mi amava quando li avevo. Ho potuto anche contare sull’amore e sul sostegno della mia famiglia.

So che siamo tutti figli di Dio con un potenziale divino. Siamo tutti qui per imparare e crescere in modi diversi e con prove diverse. Abbiamo un Padre nei cieli che ci ama per ciò che siamo e per ciò che possiamo diventare. Lui è presente nei momenti più difficili. Sono grata per il sacrificio espiatorio del Salvatore Gesù Cristo e per il conforto che ci giunge tramite l’Espiazione. So che Lui vive e che ha sofferto e sopportato dolori fisici e spirituali molto più grandi di quelli che io abbia mai provato o mai proverò in futuro.

Juli Housholder è membro del Settimo Rione di Fruit Heights, Palo di Fruit Heights, Utah.